Dopo le elezioni, Putin cambia in modo palese la narrativa sul conflitto ucraino. L’obiettivo è quello di ricompattare la popolazione su posizioni pro-belliciste, in previsione di ulteriori adattamenti dovuti alle necessità della guerra
Dopo lo svolgimento del rito elettorale, in Russia stiamo assistendo a una vera e propria trasformazione della narrazione. Causata da vari fattori, e plastificata nell’intervento in cui l’addetto stampa del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato pubblicamente che quella in Ucraina non è più un’”Operazione Militare Speciale”, ma si è trasformata in una vera e propria guerra. Le specifiche successive di Peskov sul fatto che lo “status legale” dell’operazione non sia cambiato e che a causare questa trasformazione sia stato un coinvolgimento dell’Occidente sempre più esteso, sono state un tentativo di incastonare questa nuova forma assunta dallo scontro in Ucraina in una cornice più favorevole al Cremlino. L’intento è quello di “discolpare” il regime di Vladimir Putin di questo scomodo upgrade, avvenuto per volontà aliena, suggerendo allo stesso tempo che il regime continui ad avere il controllo su quello che succede in Ucraina.
Ma queste trasformazioni non sono soltanto retorici esercizi di stile. Grazie ad esse si è venuto a creare il contesto ideale per implementare il massiccio piano d’espansione militare annunciato dal ministro della Difesa Sergei Shoigu: due nuove armate “combined arms”, quattordici divisioni e sedici brigate saranno costituite nei prossimi mesi. Formazioni che però hanno bisogno di personale per esistere concretamente. Fino ad ora, la rinnovata campagna di reclutamento alimentata dalle risorse stanziate dal governo sembra aver garantito un flusso di reclute sufficiente a rimpiazzare le perdite al fronte; tuttavia, i numeri di questo flusso sono assolutamente insufficienti a coprire i fabbisogni di personale delle annunciate formazioni. I grandi piani di Shoigu possono essere attuati solo con una nuova ondata di mobilitazione, che porti trecentomila soldati in più. Una misura che fino ad ora il Cremlino ha dichiaratamente cercato di evitare, memore dei contraccolpi sociali e sul consenso che la “mobilitazione parziale” promulgata nel settembre del 2022 aveva avuto.
“In termini strategico-militari la necessità di triplicare il numero di nuovi coscritti che la leva di primavera avrebbe prodotto è imperativa, poiché Putin chiede nuovi progressi per dimostrare che la Russia ha l’iniziativa”, commenta in un articolo pubblicato su Jamestown Foundation l’esperto di Russia Pavel Baev, “in termini politici, tuttavia, questo decreto potrebbe segnare l’inizio del nuovo mandato presidenziale di Putin perché l’opinione pubblica, per quanto possa essere valutata, mostra una forte preferenza contro la mobilitazione”.
Il Cremlino è fortemente intenzionato ad incrementare il numero degli arruolati. E per farlo è disposto a sfruttare cinicamente ogni situazione. Nella dichiarazione rilasciata il giorno successivo all’attacco terroristico avvenuto al Crocus City Hall nel sobborgo moscovita di Krasnogorsk, e apparentemente perpetrato da Isis-K, il Presidente Russo (lo stesso Presidente russo che quattro giorni prima dell’attentato si è rivolto al collegio del Servizio di Sicurezza Federale (Fsb) liquidando gli avvertimenti sui rischi terrorismo diffusi dagli Stati Uniti come un “palese ricatto” volto a destabilizzare la Russia) ha cercato di stabilire un collegamento tra il vile e deprecabile attacco terroristico e la “nemica” Ucraina, ordinando una vera e propria “rappresaglia missilistica” contro Kyiv nel tentativo di stressare ulteriormente questo collegamento. L’obiettivo implicito di Putin era quello di fare leva sulla reazione emotiva che l’attacco al Crocus City Hall ha provocato nel popolo russo, anche per spingerlo ad arruolarsi come forma “vendetta” nei confronti dei perfidi ucraini.
Ma anche per contrastare il fronte interno dei “pacifisti” che sembra si stia rafforzando nel Paese. La candidatura di Boris Nadezhdin alla presidenza con una cauta intenzione di porre fine alla guerra tra i punti del suo programma, ha riscosso un appoggio sufficiente da costringere le autorità russe a rimuoverlo dalla competizione. Un segnale tutt’altro che favorevole per Putin. Il quale vuole iniziare questo nuovo mandato in positivo, con una svolta nel conflitto ucraino. A cominciare dalla sua narrazione.