Martedì le Fiamme gialle di Vicenza hanno sgominato un’organizzazione che riciclava circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali. È l’ultimo caso di un metodo che secondo gli inquirenti vale quanto una finanziaria
L’ultima operazione che riguarda il metodo “China underground bank” in Italia è stata firmata dai finanzieri del Comando provinciale di Vicenza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura vicentina. Operazioni di riciclaggio di contanti trasportati dall’estero verso l’Italia attraverso almeno 556 viaggi, per circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali realizzate da società di commercio di materiali ferrosi.
Gli arresti e il sequestro preventivo
Martedì mattina la Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 indagati, 8 dei quali destinatari della misura della custodia cautelare in carcere e 5 posti agli arresti domiciliari, nonché un decreto di sequestro preventivo per equivalente di circa 1,5 milioni di euro e un decreto di perquisizione nelle abitazioni e aziende riferibili ai complessivi 18 indagati.
Come funzionava il sistema
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il denaro inviato all’estero veniva successivamente retrocesso ai clienti italiani, al netto delle commissioni medie spettanti all’organizzazione pari circa all’1,5% delle somme movimentate, attraverso l’utilizzo di uno “sportello bancario abusivo” della cosiddetta “China underground bank”, un sistema internazionale di riciclaggio che richiederebbe forte cooperazione tra Stati.
Le indagini in Italia
Per la Guardai di Finanza queste “banche” sono un modello di “trasferimento di valori informale”, caratterizzato dalla possibilità di ricevere denaro e di renderlo a soggetti terzi in altre parti del mondo operando al di fuori del sistema bancario convenzionale. Ciò è possibile eludendo le norme sul riciclaggio tramite le comunità straniere immigrate sotto varie denominazioni. Roma, Prato, Milano, Padova e Napoli sono le città più interessate dal fenomeno in Italia. I settori “preferiti” della criminalità per queste operazioni sono quelli con alta intensità di contante, come il tessile e la pelletteria.
Il “denaro volante”
Il meccanismo del “denaro volante” viene definito così nell’ultima relazione dell’intelligence: “consistente in una tecnica finanziaria illecita che consente il trasferimento virtuale di denaro all’estero, senza che lo stesso lasci fisicamente il Paese di partenza. Le significative disponibilità, generate principalmente dalle condotte di evasione fiscale e contributiva, fanno sì che la criminalità cinese presti la sua opera di intermediario finanziario clandestino anche in favore di evasori fiscali italiani e nei confronti di altri sodalizi criminali che utilizzano questi canali paralleli per operare trasferimenti di denaro sporco e regolare le transazioni afferenti i traffici illeciti”, si legge ancora nel documento.
Le stime: come una finanziaria
Prima di Vicenza era toccato, in ordine di tempo, ad Ancora: in due anni un giro di fatture false da circa 1,7 miliardi di euro con 140 società fantasma ora cancellate. Ma il giudice per le indagini preliminari, Carlo Masini, osservava nell’ordinanza di sequestro preventivo che, “sebbene ampia”, l’indagine “non è risolutoria del fenomeno criminoso individuato”. Infatti, prosegue, “oltre alle imprese cartiere oggetto d’indagine”, ne esistono “altrettante che possono provocare evasioni assimilabili, come nel caso di specie, ad importi rilevabili in un’intera manovra finanziaria”, ovvero una trentina di miliardi di euro.
“Un gigantesco circuito”
Del fenomeno underground banking ha parlato recentemente anche Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, definendolo un “gigantesco circuito”, ha spiegato, che è “in grado di far saltare letteralmente tutti i controlli immaginati dalla comunità internazionali e dagli Stati attorno all’idea che il denaro si sposti attraverso il sistema finanziario”. Un sistema che spesso va a braccetto, come dimostrato da alcune inchieste, con il narcotraffico, aveva spiegato ancora il magistrato, “è possibile perché, oltre agli stupefacenti, si traffica denaro” che “non è più semplicemente corrispettivo. È una merce che corre parallelamente agli stupefacenti, senza muoversi”, grazie al fatto che attraverso “una rete di scambi clandestini” si spostano soltanto “i token che servono per assicurare le disponibilità di queste ingenti quantità di denaro”.