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Esteri e difesa, il doppiopesismo di Elly Schlein spiegato da Cangini

Se è vero, come sottolinea spesso la segretaria dem, che all’interno della maggioranza c’è un elemento dissonante sui temi di politica estera come Matteo Salvini, è altrettanto vero che le stesse contraddizioni si riscontrano all’interno del cosiddetto campo largo. E le ultime votazioni parlamentari lo dimostrano

Il Pd non perde occasione di rimarcare l’ambiguità di Matteo Salvini rispetto al conflitto ucraino e più in generale di denunciare le sue aderenze putiniane. Per quanto la Lega non si sia mai discostata dagli altri partiti della maggioranza di governo al momento dei voti in Parlamento, la critica è legittima: in politica estera non sono ammessi distinguo, soprattutto in un contesto semi bellico quale quello in cui ci troviamo. Ne va della credibilità dell’Italia e della nostra sicurezza nazionale.

Le buone ragioni del Partito democratico svaniscono, però, quando i distinguo riguardano gli alleati del cosiddetto “campo largo”. Improvvisamente, la coerenza non conta. Non contano i principi, né contano i voti parlamentari.

Emblematica, per doppiopesismo, l’intervista rilasciata oggi da Elly Schlein al Corriere della Sera. L’intervistatrice, Maria Teresa Meli, le chiede di commentare la posizione di Giuseppe Conte contraria ad armare la resistenza ucraina e la segretaria del Pd risponde così: “Mi pare che anche i 5 Stelle abbiano come obiettivo la pace giusta, al pari di noi. Ma noi pensiamo che le condizioni di quella pace le stabiliranno gli ucraini. Ci possono essere delle divergenze su come arrivare a questa pace ma l’obiettivo è lo stesso”. Risposta così giustificazionista da risultare grottesca: come se “la pace”, ma una pace “giusta”, non fosse l’obiettivo di tutti. L’intervista vira, poi, sulla stretta attualità. Le si chiede conto del voto di ieri in commissione Esteri della Camera, cioè dell’astensione del Movimento 5 Stelle e della contrarietà di Alleanza Verdi Sinistra alla missione Aspides per difendere le rotte commerciali marittime del Mar Rosso minacciate dagli attacchi dei ribelli yemeniti Houti, notoriamente al soldo dell’Iran. La risposta di Elly Schlein è a dir poco evasiva. La segretaria del Pd spiega, infatti, le ragioni del voto favorevole espresso ieri dal Pd in Commissione e ribadito oggi nell’Aula della Camera (“È una missione difensiva per tutelare la libertà di navigazione, decisa unitariamente dall’Ue sulla base di una risoluzione Onu”), ma non dice una parola sul vistoso smarcamento dei propri alleati. Alleati evidentemente potabili per, come usa dire, “battere le destre”, ma, con tutta evidenza, incompatibili con l’ipotesi di un governo comune.

Il fatto che oggi, in Aula, a differenza di Alleanza Verdi Sinistra, il Movimento 5 Stelle abbia cambiato il proprio atteggiamento sulla missione Aspides, passando dall’astensione espressa in Commissione al voto favorevole, cambia poco. I grillini si sono evidentemente accorti che la loro contrarietà era insostenibile. Anche perché Confartigianato ha stimato in 3,3 miliardi di ritardate esportazioni e in 5,5 miliardi di mancati approvvigionamenti i danni arrecati all’economia italiana dal blocco della circolazione marittima nel Mar Rosso. Bastava ascoltare le argomentazioni esposte in Aula dal grillino Ricciardi per capire che il “campo largo” è attraversato da un solco: da una parte il M5S e la sinistra massimalista con il loro antiamericanismo mascherato da pacifismo, dall’altra il grosso del Partito democratico. Elly Schlein sta nel mezzo.

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