L’AI report 2024 indica che nel prossimo decennio la vera sfida della “New AI-conomy” sarà quella della formazione e della riqualificazione professionale, per consentire la transizione al mondo nuovo non solo per chi acquisisce nuove competenze, ma anche per chi cambia occupazione. Di qui la necessità di combinare intelligenza artificiale generativa e lavoro umano. Il punto di Maurizio Mensi, professore di Diritto dell’economia presso la Sna e direttore del laboratorio di ricerca @LawLab Luiss
È forse giunto il momento di mettere in secondo piano il tema delle regole, che è stato finora al centro del dibattito sull’intelligenza artificiale, per concentrare l’attenzione sul capitale umano, elemento finora piuttosto trascurato ma decisivo per il successo (o l’insuccesso) delle varie strategie nazionali. In attesa dell’adozione del regolamento Ue e dopo l’executive order statunitense, si sta delineando a livello internazionale il sistema di governance che a breve porterà i vari Stati membri a individuare l’organismo di vigilanza sull’attuazione delle nuove norme, in stretto rapporto con l’Ufficio per l’IA e il Comitato per il coordinamento a livello europeo. Intanto è entrata nel vivo la corsa dei Paesi alla ricerca della strategia più efficace in tema di intelligenza artificiale, alla quale viene ormai attribuito il potere quasi taumaturgico di promuovere benessere e sviluppo.
All’insegna di un “sovranismo tecnologico” (che combina fra loro ricerca, investimenti mirati e innovazione per qualificare il sistema economico, con settori strategici come banche, sanità e Difesa a fare da traino), Gran Bretagna, Francia, Germania, India, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, oltre a Stati Uniti e Cina, stanno impegnando ingenti risorse per costruire una propria via nazionale all’IA. La Cina ha speso, tra il 2021 e il 2022, quasi 300 miliardi di dollari per creare la catena di fornitura dei semiconduttori e aiutare Huawei e Smic a progettare e produrre una Gpu avanzata per addestrare i modelli di intelligenza artificiale, con le autorità centrali e locali impegnate a valorizzare le aziende di IA attraverso “fondi di orientamento” sostenuti dallo Stato. Mentre il governo indiano sta promuovendo la produzione di semiconduttori attraverso incentivi e incoraggiando i grandi fornitori di cloud a costruire, in loco , data center per formare i modelli di intelligenza artificiale. D’altronde, tecnologie come l’IA e l’informatica quantistica possiedono la caratteristica intrinseca di offrire un vantaggio strategico decisivo a coloro che per primi riescono a padroneggiarle.
Si tratta di tecnologie emergenti, fra loro interconnesse, che determinano imprevedibili effetti di interazione, ove il progresso in un’area sblocca il potenziale in altre. Insieme ai semiconduttori costituiscono la forza trainante dello sviluppo e sono oggi un elemento-chiave nella competizione fra Stati, in cui ognuno cerca di ridurre la propria dipendenza con strategie per massimizzare la capacità tecnologica e digitale e minimizzare le vulnerabilità. Un altro elemento-chiave di tali strategie sono gli investimenti nel capitale umano: ne sono esempio il programma di intelligenza artificiale del centro universitario di Scienza e tecnologia King Abdullah in Arabia Saudita e l’università Mohamed bin Zayed di Abu Dhabi – la prima scuola al mondo dedicata all’IA – i cui finora duecento laureati sono rimasti a lavorare presso aziende e laboratori locali, arricchendo il territorio di risorse qualificate.
D’altronde, l’AI report 2024 indica che nel prossimo decennio la vera sfida della “New AI-conomy” sarà quella della formazione e della riqualificazione professionale, per consentire la transizione al mondo nuovo non solo per chi acquisisce nuove competenze, ma anche per chi cambia occupazione. Di qui la necessità di combinare intelligenza artificiale generativa e lavoro umano, con investimenti nello sviluppo e impiego dei talenti e una rinnovata attenzione sia alle abilità necessarie per utilizzare gli strumenti dell’IA generativa, sia a soft skills essenziali come la comunicazione e il pensiero critico. Sono gli elementi che qualificano il modello europeo di intelligenza artificiale, focalizzato sull’uomo e i suoi diritti, di cui sono esempi sia l’AI Act sia la nuova Agenda europea per l’innovazione presentata il 5 luglio 2022 dalla Commissione europea.
Al riguardo Gillian Tett, sul Financial Times del 23 febbraio 2024, sottolinea che occorre superare il mito della iperspecializzazione – finora imperante – a favore di una cultura generalista e basata sulle discipline liberali, con spirito aperto e versatile. Insomma, per orientare e cogliere al meglio gli stimoli offerti dalle nuove tecnologie, senza farsi condizionare dal timore del futuro, è necessaria “flessibilità cognitiva”, come indica Rand Spiro, professore di Psicologia educativa. Il prossimo futuro, peraltro, renderà necessaria non solo la capacità di gestire e rinnovare le proprie competenze nei vari settori alla luce dell’intelligenza artificiale, ma anche la presenza di esperti dei sistemi di IA per verificarne la conformità alle regole vigenti.
L’executive order statunitense prevede al riguardo che ogni agenzia federale e ufficio governativo designi un responsabile per l’intelligenza artificiale e lo stesso dovrà avvenire anche in Europa, con la presenza in ogni ente pubblico e impresa privata che utilizzi l’IA di una figura simile al responsabile della protezione dati personali prevista dal regolamento del 2016. La necessità di migliorare la qualità della forza-lavoro statunitense ha indotto la Casa Bianca ad allentare, con l’executive order, le restrizioni in tema di immigrazione negli Stati Uniti da parte del dipartimento di Stato e del dipartimento per la Sicurezza nazionale. L’obiettivo è di accogliere esperti stranieri per motivi di studio e lavoro. Insomma, porte aperte per chi vuole raggiungere gli Stati Uniti per lavorare, studiare o condurre ricerche nel campo dell’IA e delle altre tecnologie critiche.
Analisi pubblicata sull’ultimo numero della rivista Formiche