Boeing rivoluziona i suoi vertici aziendali, ed è alla ricerca del nuovo amministratore delegato che prenderà il posto dell’attuale ceo Dave Calhoun. Tra i possibili nomi di sostituiti c’è Pat Shanahan, ingegnere vecchio stampo che potrebbe significare il ritorno dell’azienda a modelli più vicini a quelli tradizionali, lasciandosi alle spalle la spinta finanziaria avviata una decina di anni fa
Le dimissioni dell’amministratore delegato di Boeing Dave Calhoun, sono solo il più recente episodio della saga cominciata con la perdita in volo della porta del Boeing 737 di Alaska Airlines un paio di mesi fa. In realtà potrebbe essere piuttosto l’ultima puntata della trasformazione del colosso americano da società di ingegneria aeronautica e meccanica in gigante finanziario. I problemi di qualità, di sviluppo e di gestione dei programmi sembrano tutti collegati alla trasformazione voluta da Harry Stonecipher, già amministratore delegato di McDonnell Douglas, che cambiò, in nome dell’efficienza, lo spirito e i valori della casa di Seattle. Anzi, dovremmo dire della casa di Chicago, perché in questo accidentato percorso si giunse ad abbandonare la sede storica, vicina ai capannoni dove prendono forma i giganti dei cieli, per avvicinarsi ai mercati, come se la finanza fosse il core business al posto degli aeroplani.
In questa lettura i ritardi dello sviluppo del Boeing 787, i problemi del 737 Max, l’apertura degli stabilimenti a Charleston – sulla sponda oceanica opposta a Seattle – sono tutte tappe nella graduale disintegrazione della reputazione della casa fondata nel 1916. Reputazione di affidabilità, sintetizzata nel celebre slogan “If it’s not boeing I’m not going”, che ha subito in questi anni una serie di dure sconfitte, con annesse sostituzioni ai vertici ma sempre lontano dal trovare una soluzione al problema di fondo: più finanza o più lamiere?
La graduale limitazione delle deleghe sulla sorveglianza della produzione concesse dalla Federal aviation administration (Faa) a Boeing, è uno dei segnali di una crisi di fiducia troppo ampia per essere risolta semplicemente con un cambio al vertice.
Proprio per questo, sembrano significative due notizie di questi giorni, una relativa al riacquisto di Spirit AeroSystems e l’altra a possibile rientro in Boeing di Pat Shanahan. Perché queste notizie siano simboliche prima ancora che importanti è presto detto. Spirit altro non è che il vecchio ramo Boeing di Wichita nel Kansas, che da sempre ha costruito tutte le fusoliere dei 737 che poi venivano spedite a Renton vicino Seattle per essere unite alle ali e spiccare il primo volo. L’esternalizzazione di Wichita nel 2005, in nome dell’efficienza finanziaria, era stata una delle mosse più radicali del nuovo corso Boeing, ma la scommessa sulla capacità della nuova azienda di sostenersi e di generare da sola le risorse necessarie per investire in tecnologia, nel mantenimento della qualità, nel restare al passo con le richieste sempre più esigenti del mercato e al tempo stesso ridurre i costi e garantite utili, si è dimostrata tragicamente errata.
Con Spirit potrebbe tornare in Boeing Shanahan l’ex responsabile del programma 787, che pagò per i ritardi inevitabili di un programma innovativo ma portato avanti con una tempistica poco realistica. Ma Shanahan è anche un ingegnere della vecchia scuola, attento al prodotto prima che alla finanza. Il suo rientro potrebbe quindi riportare in auge i valori sui quali era costruita l’immagine e la reputazione di Boeing, come società gestita dagli ingegneri, nelle quali le cose si facevano per bene, magari un po’ all’antica, ma con grande affidabilità. Il simbolo di questo è il volantino cha ancora impugnato dai piloti dei Boeing a differenza del joystick di Airbus.
Nel sistema americano, chi sbaglia paga, e questo è senz’altro un bene, uno stimolo che responsabilizza i vertici aziendali. Ma al tempo stesso il cambiamento continuo e il problema non è legato alle persone ma nel modo di operare dell’azienda. In quattro anni di Dave Calhoun, l’uomo che era stato chiamato a risollevare l’azienda dopo i due disastrosi incidenti del 737 Max, sono un periodo molto più breve della tradizionale durata degli amministratori delegati di Boeing, e quindi anch’essi sintomo della gravità della crisi. Con lui saltano il presidente del consiglio d’amministrazione, Steve Mollenkopf, ed Ed Clark, responsabile del programma 737.
La sfida sarà stabilizzare il vertice, individuando figure con la capacità e l’autorevolezza per rifondare i programmi e rimettere definitivamente sulla strada giusta l’intera azienda. In quest’ottica un simbolo forte sarebbe il ritorno della sede a Seattle, vicina alla produzione, con il ripristino di quel fertile scambio di idee e di esperienze tra chi produce, chi vende, chi parla al mercato, chi fa strategia. Solo rimettendo insieme le quattro componenti, che da troppo tempo vanno in ordine sparso, Boeing potrà ritrovare definitivamente la rotta giusta, lasciandosi alle spalle il turbinoso periodo che ha attraversato negli ultimi dieci anni.