Dopo aver sfrondato la riscossione e il meccanismo delle sanzioni, ora il nuovo orizzonte indicato dal Tesoro è alleggerire il carico tributario sul motore della crescita, operazione tutt’altro che facile. Giorgetti rivendica il lavoro fin qui svolto, ma ammette il rischio flop della global minimum tax
Sfoltiti i primi rami secchi, ora è tempo di andare al cuore del problema. Dopo dieci decreti legislativi per la messa a terra della riforma fiscale, il governo di Giorgia Meloni è pronto a giocare la partita più complessa e delicata al tempo stesso: la revisione dell’imposizione fiscale sul ceto medio, spina dorsale dell’intera economia. Finora l’esecutivo, per mano del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, architetto della riforma, ha lavorato soprattutto sul versante della riscossione, del meccanismo sanzionatorio e delle Partite Iva.
Certo, il riassetto degli scaglioni Irpef (23% per i redditi fino a 28 mila euro, 35% per i redditi superiori a 28 mila euro e fino a 50 mila e 43% per i redditi che superano tale soglia), è stato un primo assaggio, se non altro perché il grosso dell’Irpef (13 italiani su 100 pagano il 60% dell’imposta) è sostenuto proprio dal ceto medio. Ma ora è tempo di fare di più. L’indicazione è arrivata dallo stesso Leo, in occasione di un convegno alla Camera dedicato proprio alla riforma fiscale, al quale ha preso parte la stessa Meloni, unitamente al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Poche parole che però racchiudono un messaggio importante per tutti quei piccole e medi imprenditori, oltre che professionisti. “Un grande tema è la pressione fiscale: abbiamo fatto un primo passo per le fasce medio-basse, ora dobbiamo andare oltre e occuparci del ceto medio, ho sempre detto che chi guadagna 55 mila euro non può essere considerato super-ricco, vogliamo intervenire e dobbiamo farlo reperendo le risorse per procedere”, ha chiarito Leo.
Insistendo che bisogna “cambiare registro sull’accertamento, non agire ex post, ma ex ante, con la logica del concordato preventivo biennale, così come sulle sanzioni che oggi sono da esproprio, per esempio in materia di Iva, e il contenzioso che è un moloch inespugnabile, visto che presso la Corte di Cassazione il 44% di controversie civili è tributario, dobbiamo semplificare e far diminuire questo carico con la conciliazione, come ci chiede l’Europa che ci da risorse per deflazionare”. Non è tutto.
Per rendere più chiara possibile la riforma, il governo appronterà dei testi unici per la consultazione da parte degli addetti ai lavori. “Abbiamo predisposto dieci Testi unici e li mettiamo in consultazione per far in modo che gli operatori possano darci un contributo e dirci se tutto è stato raccolto, nel giro di due mesi ci diranno questo e i Testi verranno portati in approvazione in Consiglio dei ministri e poi in iter parlamentare per essere approvati prima dell’estate”. Anche il ministro Giorgetti è consapevole che la mole di lavoro è ancora molta, d’altronde la macchina tributaria italiana è tra le più complesse al mondo.
Ma quanto fatto fin qui non era per nulla scontato. Anzi. “Questa è stata un’impresa eccezionale l’approvazione a tempo record della legge delega sulla riforma fiscale, chi mi conosce sa che per me la politica significa soprattutto decidere. La riforma fiscale sarà valutata per gli effetti che avrà nel tempo, ma possiamo dire che i primi moduli di applicazione, i primi passi hanno prodotto esattamente il nostro obiettivo di andare incontro alle famiglie restituendo potere d’acquisto e impostare un lavoro verso le imprese, premiando quelle che danno lavoro e investono su settori produttivi e sul futuro e più in generale chi investe, rischia e lavora”.
Ma un rammarico al Tesoro c’è e non riguarda le tasse in Italia. La global minimum tax, la creatura nata in seno all’Ocse e sostenuta anche dagli Stati Uniti per livellare la tassazione sulle grandi imprese, rischia di fare naufragio. “Le basi imponibili oggi non sono quelle di qualche anno fa, di dieci anni, e purtroppo il tentativo di andare verso una tassazione equa a livello globale sulle multinazionali, temo seriamente vada a naufragare nell’impossibilità di concludere i lavori, non voglio anticipare notizie, ma durante i lavori del G7 e G20 ho avuto questa sensazione che questo imperativo morale non riuscirà a raggiungere l’obiettivo nei tempi auspicati: è una riflessione che dobbiamo fare, le basi imponibili oggi fanno riferimento al mondo dei dati e dobbiamo riflettere sul fatto che l’economia di oggi necessita forme di risposta comune alle nuove forme di ricchezza”.