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Come l’Intelligenza Artificiale può servire quella artigiana. Il convegno di Confartigianato

La giornata della cultura artigiana ha avuto come tema centrale il rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza artigiana. “Gli artigiani sono i pionieri del nuovo, l’intelligenza artificiale deve essere al servizio dell’estro artigiano, che ci rende unici in tutto il mondo”. Le parole del presidente nazionale di Confartigianato, Marco Granelli

Quando sale sul palco, Vincenzo Schettini è sempre pirotecnico. Tenere assieme formazione, intelligenza artificiale e comunicazione non è facile, ma tra battute più o meno pedagogiche, aneddotica ironica e riflessioni più profonde, ci è riuscito. Il suo è l’intervento che ha fatto da cornice, ieri pomeriggio in un teatro Rossini gremito, alla terza giornata della cultura artigiana, non a caso organizzata a Pesaro (capitale italiana della cultura 2024).

Il leitmotiv è quello che permea l’attività di Confartigianato: il rapporto tra Intelligenza Artificiale e intelligenza artigiana. L’esito della giornata si delinea già dai primi interventi. La strada più virtuosa è l’integrazione tra le due. Sfruttando l’innovazione tecnologica per ottimizzare l’estro e la creatività degli imprenditori artigiani.

Dal presidente di Confartigianato Ancona-Pesaro-Urbino, Gaetano Sabbatini arriva l’esortazione alle giovani generazioni di  “non aver paura”. Delle sfide, del cambiamento. La prima sintesi metodologica arriva dal sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che individua nella tecnologia il trait d’union fra “sostenibilità e cultura del fare”. Benché l’intelligenza artificiale “ponga anche una serie di problemi che hanno a che fare anche con gli assetti dei sistemi democratici, penso che possa essere una grande opportunità per l’artigianato anche in ordine alla possibilità di creare nuovi posti di lavoro”.

Il passaggio in cui Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio delle Marche, sottolinea la necessità di “governare questo fenomeno” è gancio per il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, per scolpire un concetto molto chiaro: “L’artigianalità è il più grande patrimonio di cui disponiamo”.

Il parallelismo che propone il governatore è quello tra intelligenza artificiale e globalizzazione. Un processo, quest’ultimo, “che a molti fece paura ma che ha garantito molte opportunità a chi l’ha saputo sfruttare”. Internazionalizzazione, formazione e mancanza di lavoratori. Il punto che focalizza Acquaroli è quello di “lavorare in squadra: imprese e istituzioni”. Occorre “sapere da dove veniamo, per tramandarlo e creare sempre di più una consapevolezza culturale sul valore dell’artigianato”.

Lo spirito artigiano è l’elemento che più di tutti ammanta l’intervento più atteso della serata. Quello del presidente di Confartigianato, Marco Granelli. E la prima affermazione traccia una rotta molto chiara. “Gli artigiani – dice Granelli – sono i pionieri del nuovo. Da sempre. Noi dobbiamo essere i protagonisti delle grandi transizioni in corso”. Perché l’intelligenza artificiale è “strettamente connessa con quella artigiana”.

I numeri danno ragione al presidente. “Sono oltre 125 mila – scandisce – le imprese artigiane che hanno già introdotto l’intelligenza artificiale nelle loro attività. Questo mezzo è utile perché supporta l’artigianato e aiuta il rendimento produttivo. Ma non ci sarà mai un robot che potrà sostituire l’estro che fa del Made in Italy un’eccellenza mondiale”. Senza l’artigianato, torna a sottolineare il presidente degli artigiani, “l’Italia non sarebbe leader globale in alcuni settori strategici”. Per cui l’introduzione dell’Ia nei processi produttivi va vista come “un mezzo, non come un fine”.

In questo un ruolo chiave è rivestito dalla formazione e dalla scuola “che deve essere sempre più integrata con il mondo produttivo”. Anche per avvalorare il fatto che “l’artigianato è un mestiere per giovani”. Quei giovani per i quali si auspica un ingresso nelle pmi artigiane, in modo da sopperire alla “forte mancanza di manodopera”.

A riprendere il tema nel corso del dibattito moderato dalla giornalista Costanza Calabrese, è il rettore dell’università politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori, secondo cui “il ruolo della formazione e delle associazioni di categoria nella diffusione delle potenzialità dell’Ia nelle aziende è fondamentale”. Perché l’intelligenza artificiale ha “tantissime possibilità di essere impiegata in modo virtuoso nei cicli produttivi delle Pmi”.

Lo stesso concetto ripreso anche dal rettore dell’università Carlo Bo di Urbino, Giorgio Calcagnini. Pur riconoscendo che “il Italia è molto complesso fare impresa”, il rettore corrobora l’idea che l’Ia possa “essere molto efficace, specie in alcune tipologie di imprese, per aumentare la capacità produttiva”.

Il fisico Federico Faggin, collegato dalla California, veste i panni più del filosofo che dello studioso-inventore. L’assunto da cui parte il ragionamento non lascia spazio a dubbi. “Il libero arbitrio e la coscienza – dice a chiare lettere – sono i due elementi che ci distinguono dall’intelligenza artificiale. Ma dobbiamo crederci. Dobbiamo smetterla di dire che siamo macchine, o che saremo superati dalle macchine”.

Non poteva che essere un assist per il sociologo Mauro Magatti, che rilancia sulla “diversità strutturale tra uomo e macchina”. Una certezza sulla quale “sono gli uomini stessi a credere sempre meno”.  “L’Italia è artigiana – dice Magatti – ed è dotata di strumenti sensoriali, raccolti nell’intelligenza umana, che non hanno eguali”. L’intelligenza umana, insomma, è “l’antidoto alla standardizzazione”. L’importante è che “l’intelligenza umana conservi qualcosa da dire su ciò che accade”. In modo tale da rendere sempre di più “l’Ia un farmaco: a beneficio dell’uomo e dell’artigiano”. Per farlo, “serve uscire dal provincialismo”. A passo spedito verso il futuro.

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