L’attacco è frontale, anche se Salvini ha lasciato che a condurlo fossero i suoi alleati europei di Identità e democrazia. Mossa spregiudicata, propedeutica non solo a massimizzare il risultato elettorale della Lega alle elezioni europee. Il commento di Andrea Cangini
Mai si era vista, nella storia repubblicana, una convention internazionale organizzata a Roma da un vicepresidente del Consiglio volta a delegittimare le scelte strategiche del presidente del Consiglio in carica. È accaduto ieri con l’assise sovranista organizzata da Matteo Salvini.
Ha detto la leader del Front National francese, Marine Le Pen: “La vera domanda non è per gli italiani ma per la presidente del Consiglio. L’ho conosciuta in tempi passati. Madame premier ministre, voi sosterrete o meno un secondo mandato di Ursula von der Leyen? Io credo di sì e così contribuirete ad aggravare le politiche di cui tanto soffrono i popoli d’Europa. Il solo candidato che si opporrà a von der Leyen è Matteo Salvini”. Ha ribadito il capo portoghese di Chega, André Ventura: “I giornalisti mi hanno chiesto se sosterremo Giorgia Meloni. Ma perché dovremmo farlo? L’unico politico che difende tutte le nazioni d’Europa è Salvini”.
L’attacco è frontale, anche se Salvini ha lasciato che a condurlo fossero i suoi alleati europei di Identità e democrazia. Mossa spregiudicata, propedeutica non solo a massimizzare il risultato elettorale della Lega alle elezioni europee. Tutto lascia credere, infatti, che Matteo Salvini si stia attrezzando per il dopo. Cioè per quello che accadrà dopo il congresso della Lega previsto per il prossimo autunno.
Ammesso sia vero che, a partire dai governatori, gli uomini forti del Carroccio si siano finalmente decisi a detronizzare il Capitano, imputandogli il fallimento del progetto nazionale e nazionalista e il conseguente ridimensionamento elettorale del partito, tutto lascia credere che Salvini non accetterebbe il risultato. Il carattere dell’uomo e le sue ultime mosse alludono alla possibilità di una scissione e la nascita di un partito di estrema destra duro e puro, a lui esplicitamente riferito. La Lega si riapproprierebbe così della propria identità politica, ma sulla scena si muoverebbe un nuovo movimento estremista e demagogico con conseguenze oggi imprevedibili sul quadro politico generale e in particolare sulla tenuta della maggioranza che sostiene il governo Meloni.