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Perché c’è l’Iran dietro la mossa anti-Usa del Niger

Il Niger nel mirino dell’Iran. Un accordo sull’uranio che guardi a Teheran è dietro alla rottura dei rapporti tra Washington e Niamey, e questo significa che oltre che dalla Russia (e dalla Cina) l’Africa sta iniziando a essere penetrata con consistenza da un altro attore ostile all’Occidente

Il Wall Street Journal ha questa notizia: la decisione del Niger di porre fine alla sua alleanza antiterrorismo con Washington è arrivata dopo che alti funzionari statunitensi hanno accusato la giunta golpista del Paese di esplorare segretamente un accordo per consentire all’Iran l’accesso alle sue riserve di uranio. Mentre per ora il Pentagono non ha emesso alcun ordine di ritiro alle truppe, poiché l’amministrazione Biden spererebbe di negoziare ulteriori accordi con i leader della giunta, l’inclusione dell’Iran nella vicenda è un elemento nuovo che aumenta le complessità. Perché in effetti si temeva che alla rottura dell’intesa con gli Usa potesse seguire un accordo con la Russia, ma che Teheran potesse in qualche modo far parte di questo quadro è ancora più problematico dal punto di vista tattico e strategico.

A quanto pare, i colloqui tra le due parti sarebbero progrediti fino a una fase avanzata, con un accordo preliminare già firmato, dicono le fonti al WSJ, anche se non finalizzato. Sarebbe allora stata Molly Phee, assistente segretario di Stato per gli affari africani e a capo della delegazione che ha viaggiato a Niamey nei giorni scorsi, a sollevare preoccupazioni per il presunto patto con Teheran, sottolineando la necessità per il Niger di tornare alla governance democratica ed esprimendo contemporaneamente preoccupazioni per il rafforzamento dei legami con la Russia. In risposta, Phee avrebbe ricevuto un respingimento delle accuse e poi l’innesco della miccia che ha portato alla dichiarazione sulla fine della cooperazione — che con ogni probabilità era stata già pensata da tempo, con la giunta che attendeva solo il momento opportuno o l’occasione per comunicarlo.

Il Niger, il settimo produttore di uranio al mondo, esporta la maggior parte del suo uranio in Francia. Il golpe dello scorso luglio ha complicato anche questo commercio. L’ingresso di Teheran potrebbe essere utile per Niamey, dunque, mentre la questione riapre l’enorme faldone del nucleare iraniano, messo in secondo piano da una serie di avvenimenti internazionali più stringenti, ma comunque ancora tra i grandi dossier di livello internazionale — che gli americani hanno comunque continuato a gestire, come raccontano le informazioni sui recenti contatti indiretti avuti nel tentativo di fermare gli Houthi e là destabilizzazione del Mar Rosso.

Come le giunte militari nei vicini Mali e Burkina Faso, il Niger ha già iniziato il rafforzamento dei legami militari con la Russia. Funzionari della difesa russa di alto livello, tra cui Yunus-bek Yevkurov, vice ministro della Difesa e supervisore dell’Africa Corps (la struttura paramilitare collegata all’intelligence che sta prendendo il posto del Wagner Group), hanno visitato il Paese e incontrato il leader della giunta. Il primo ministro della giunta al potere, Ali Mahamane Lamine Zeine, ha inoltre visitato l’Iran a gennaio durante una tour internazionale che prima lo aveva portato in Russia e poi anche in Serbia. Zeine guidava una delegazione composta da mezzo governo (ministri della Difesa, del Petrolio e del gas, dell’Agricoltura, del Commercio, della Gioventù e dello Sport).

Parlando con il presidente Ebrahim Raisi, l’uomo scelto dai militari nigerini per guidare il governo aveva ottenuto il via libera per la costruzione delle relazioni (obiettivo del viaggio), anche attraverso accordi bilaterali che l’iraniano diceva avrebbero aiutato la giunta a schivare gli effetti delle sanzioni; attività su cui Teheran ha un’expertise storica, sfuggendo da anni a parte di quelle connesse all’iniziativa sul nucleare (che per altro, per alimentarsi ha bisogno anche dell’uranio appunto). La Repubblica islamica vende le proprie esperienze a certi Paesi come vettore per costruire relazioni. L’Iran è stato soggetto a pesanti sanzioni occidentali per anni, mentre la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, nota come Ecowas, ha imposto sanzioni al Niger in seguito al colpo di stato.

L’interesse è reciproco, perché con l’apertura di rapporti anche commerciali con Paesi non raggiungibili dalle sanzioni occidentali, riesce a sua volta a schivarle quelle contro di sé. Le informazioni sul coinvolgimento iraniano sono preoccupanti perché dimostrano sia l’intenzione della Repubblica islamica di allungare le mire fino all’Africa, si la capacità della coppia alleata e ostile all’Occidente – Russia, Iran – di agire in qualche modo a sistema (sebbene non è chiaro quanto ci siano pianificazioni condivise oppure sovrapposizioni anche competitive). Lo scenario di penetrazione di attori velenosi anti-americani e in generale anti-occidentali si sta espandendo. Dopo la diffusione in tutto il Medio Oriente del network di milizie regionali collegate ai Pasdaran, noto come Asse della Resistenza, ora l’Africa è tra i nuovi target iraniani. Un elemento da non sottovalutare per i progetti di cooperazione come il Piano Mattei.



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