In un’epoca di controriforma come quella che stiamo attraversando, è essenziale contrastare il giustizialismo di destra e quello di sinistra che caratterizza il populismo e il sovranismo in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, è essenziale che i liberaldemocratici e i riformisti italiani evitino ogni pericolo di dispersione nelle imminenti elezioni europee. Il commento di Marco Mayer
Sono soddisfatto per la sentenza di assoluzione di Luca Lotti e Tiziano Renzi, persone che conosco da molti anni, e naturalmente per gli altri imputati nel processo Consip. In merito a questa vicenda, vorrei anche evidenziare un aspetto collaterale ai lettori. Nonostante le note tensioni nella loro relazione, Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno commentato quasi con le stesse parole l’esito del processo.
Prendendo spunto dalle dichiarazioni del deputato di Azione, Enrico Costa, entrambi hanno sollevato la stessa domanda. Ci sarà qualcuno – nelle redazioni, nella magistratura, in Parlamento – che avrà il coraggio di chiedere scusa? Finora, nessuno ha chiesto scusa a un grande investigatore come il generale Mario Mori per l’assurdità delle interminabili vicende giudiziarie di cui è stato vittima, dalle quali, per inciso, ha solo guadagnato la mafia. Dubito che possa emergere un giornalista, un magistrato, un ufficiale di polizia giudiziaria o un parlamentare che trovi il coraggio di chiedere scusa a Lotti e agli altri imputati assolti, ma non si può mai dire mai.
A differenza del mondo anglosassone, in Italia in politica, nelle alte sfere dei corpi dello Stato e nelle direzioni dei giornali, non esiste la sana abitudine di ammettere gli errori. Ma non è solo una questione di comportamenti individuali. L’uso politico della giustizia nasce da alcuni difetti sistemici del nostro ordinamento, ai quali non si è voluto o potuto porre rimedio. Quando una persona, un partito o un’azienda vuole danneggiare duramente un avversario (sia esso un politico, un imprenditore o un alto funzionario pubblico), un modo piuttosto facile è coinvolgere la magistratura e, conseguentemente, i media ad essa collegati in vario modo. Una volta avviata l’azione penale, la rigidità dei meccanismi operativi e delle procedure rende difficile, persino per i magistrati, gli investigatori e i giornalisti più seri, prevenire i rischi di disinformazione e difendere il principio costituzionale della presunzione di innocenza.
In questa cornice, l’aspetto più grave riguarda la sostanziale “irresponsabilità” delle istituzioni, a partire dal Consiglio superiore della magistratura. Nel caso specifico di Mori, il Csm per molti anni non ha fornito alla difesa i materiali di cui disponeva in archivio. Trovo inaccettabile che i vicepresidenti del Csm che si sono succeduti in tutti questi anni non abbiano, almeno per quanto ne sappia, sentito la necessità di fornire una spiegazione per questa incredibile inadempienza. Come avviene in tutti gli altri settori dello Stato, i migliori funzionari pubblici che operano nel campo della giustizia si trovano ad affrontare un ricorrente dilemma esistenziale: è possibile e come conciliare le legittime ambizioni di carriera e, contemporaneamente, evitare la dipendenza dalle varie “cordate” di potere che si formano in magistratura, così come in tutte le organizzazioni umane?
Alle dinamiche di potere si aggiunge un grave deficit culturale della classe politica, che sembra ignorare i fondamenti elementari di ogni attività investigativa. Nessuno vieta a un parlamentare di denunciare un determinato fatto alla Procura, ma è un assoluto controsenso che lo stesso parlamentare si vanti pubblicamente di averlo fatto per promuovere la propria immagine pubblica, come avviene abitualmente. Rendere pubblica una denuncia equivale ad azzopparla ab origine, poiché consente agli eventuali colpevoli di cancellare le prove e vanificare l’efficacia dell’azione investigativa.
In questa giornata particolare, in cui l’esito positivo di un processo si mescola a profondi sentimenti di amarezza politica, vorrei introdurre una riflessione politica più ampia. Il ricordo del martirio di Enzo Tortora, le grandi battaglie garantiste del Partito Radicale, la tutela dello Stato di diritto senza se e senza ma, costituiscono le basi fondamentali di tutte le forze che si riconoscono in Renew Europe.
In un’epoca di controriforma come quella che stiamo attraversando, è essenziale contrastare il giustizialismo di destra e quello di sinistra che caratterizza il populismo e il sovranismo in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, è essenziale che i liberaldemocratici e i riformisti italiani evitino ogni pericolo di dispersione nelle imminenti elezioni europee. Per promuovere le libertà e difendere lo Stato di diritto, è necessario che l’Italia invii a Strasburgo una agguerrita pattuglia di europarlamentari come espressione della lista unitaria di scopo per gli Stati Uniti d’Europa lanciata mesi fa da Emma Bonino.
L’obiettivo è tuttora a portata di mano. Durante la mia lunga esperienza di peacekeeping, mi è capitato spesso di fare i conti con rivalità interne tra leadership di aree politiche omogenee. Il primo esempio che mi viene in mente sono le divisioni interne alla piccola comunità serba in Kosovo, dove non era affatto facile far dialogare due personalità molto forti come padre Sava Janic dello splendido Monastero di Decani, e Mark Jacic, leader di Mitrovica.
Per quanto apparentemente irrazionale, la rivalità tra Calenda e Renzi è un fenomeno molto più comune di quanto si pensi, altrimenti non sarebbe stato inventato il proverbio “due galli nel pollaio”. Tuttavia, ci sono alcuni momenti della storia in cui per ragioni superiori le rivalità devono essere messe da parte per cercare un nobile compromesso.
Domenica alla Leopolda, Renzi ha accennato, anche se in modo criptico e vago, a un suo eventuale passo indietro… Spero che ora anche Calenda si muova in questa direzione. La posta in gioco è altissima e, in questo momento delicatissimo per l’Europa, il senso di responsabilità deve prevalere. Solo così si può battere Viktor Orbán, Alternative für Deutschland e, per quanto riguarda l’Italia, le forze oscure che, come ha dimostrato l’inchiesta Consip, usano il giustizialismo di destra e di sinistra per minare lo Stato di diritto e la nostra democrazia.