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Prima la politica, poi gli eurobond. Così per Maffè si fa la difesa comune

Inutile parlare di eurobond, prima di tutto bisogna strutturare una governance e una catena di comando chiara e di ispirazione federale, solo dopo si potrà discutere delle risorse. Perché nessun Paese pagherà coi soldi suoi un interesse di pochi. Ita e Lufthansa? Giorgetti ha ragione, l’Europa deve cambiare mentalità. Intervista all’economista e saggista della Bocconi, Carlo Alberto Carnevale Maffè

Si fa presto a dire debito comune, nel nome della difesa europea. Nulla di sbagliato nel concetto, sacrosanto che l’Europa debba attrezzarsi con una forza armata comunitaria, per rispondere con prontezza di riflessi a una qualsiasi reale minaccia. Ma è l’ordine dei fattori che va cambiato, altrimenti il gioco non riesce.

Anche perché, fa subito notare l’economista della Bocconi e saggista, Carlo Alberto Carnevale Maffè, non è come ai tempi del Recovery Fund. Anche quello era debito comune ma allora c’era l’onda lunga dell’emergenza, del panico e dell’emotività. Ora è diverso, se di difesa europea bisogna parlare, bisogna far le cose fatte bene. Altrimenti non ci sarà nemmeno una possibilità che quei Paesi, che nulla vogliono avere a che fare con le finanze italiane e spagnole, dicano di sì una seconda volta.

L’Europa è di nuovo dinnanzi al rebus degli eurobond. Ma stavolta emettere debito comune servirebbe a creare la prima, vera, difesa continentale. Il gioco può riuscire a tre anni dal Recovery Fund, come ha auspicato anche il commissario Paolo Gentiloni?

No, non così almeno. Non si può mettere il carro delle armi davanti a un progetto di federazione politica. Senza potere sovrano non c’è una possibilità che sia una di spendere nel nome dell’Europa, ma utilizzando i soldi dei singoli Paesi. Per questo bisogna andare a monte della catena, creando una regia politica centralizzata per gestire crisi di natura militare.

In che modo?

Creando innanzitutto un commissario alla difesa, ispirandosi al modello federale americano: da una parte le forze armate locali, statali. Dall’altra una forza appunto federale, centrale. Solo così ha senso emettere eurobond, con una catena di comando chiara e sensata. Al contrario, è pura illusione pensare che i tedeschi possano finanziare la spesa militare degli italiani, o degli spagnoli o dei greci, è ingenuità strategica. Sono due decenni almeno che diciamo che le banche non possono finanziare la difesa, ci siamo convinti di questa illusione pacifista. E allora, prima di parlare di eurobond dobbiamo rivedere gli assetti istituzionali, cioè dare una governance al processo intero: senza un soggetto politico deputato a gestire i poteri in caso di emergenza, parlare di eurobond ha poco senso.

Insomma, serve un mandato preciso, chiaro. E poi lavorare sul finanziamento…

Assolutamente sì, solo quando è chiaro chi fa cosa in caso di emergenza allora è necessario, ancor prima di essere opportuno, ricorrere agli eurobond. E poi serve fare, non è certo finita qui, del procurement. Basta fare l’esempio dei vaccini.

In che senso?

Per i vaccini, in Europa, al tempo della pandemia, c’era la Commissione europea che negoziava dove comprarli e a quanto. Un meccanismo che ha funzionato e dato i suoi frutti. E lo stesso deve valere per la difesa, serve un modello strategico di governance per allocare le risorse, seguito dagli eurobond e poi il procurement, sulla scia appunto di quanto fatto con i vaccini. Non si mette, d’altronde, il debito davanti alla politica, semmai è il contrario.

Il precedente del Recovery Fund può essere un buon appiglio, anche quello era debito comune, o no?

Non può esserci utile ora, quello fu debito comune per esigenze nazionali. Non è la stessa cosa, qui parliamo di un bene europeo e di un debito europeo, è evidente che sono due modelli diversi. Il debito europeo è soggetto ai soli vincoli comunitari, non c’è niente di nazionale, di locale.

Supponiamo per un momento che la regia per la difesa comune prenda vita e forma. Poi bisognerà convincere i Paesi cosiddetti frugali a sottoscrivere debito con l’Italia… 

Perché sono contrari? Perché se il debito comune è al servizio dei singoli, allora non va bene. Perché i danesi dovrebbero pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici italiani? Ma se invece si fa debito comune per un interesse comune, federale, allora cade la distinzione tra Paesi spendaccioni e virtuosi. E questi ultimi, a quel punto, non possono certo tirarsi indietro.

Parliamo di tutt’altro. Ita e Lufthansa, l’Europa sembra essersi messa di traverso, ancora una volta. Il governo italiano, per bocca del ministro Giorgetti, non l’ha presa benissimo, stigmatizzando l’inclinazione dell’Ue a non consentire la nascita di grandi gruppi industriali. Lei che dice?

Penso che abbia ragione Giorgetti, l’idea europea di impedire il consolidamento sull’onda di timori tutti da dimostrare non sta in piedi. Onestamente non se ne può più, sembra che la Commissione non trovi di meglio che combattere contro i monopoli. Per carità, principio giusto, ma in Ue abbiamo 70 operatori tlc che nemmeno competono con quelli americani. Se vogliamo creare un mercato unico competitivo, ci servono grandi player.

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