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Così MedOr mette l’Italia e la Nato al centro del Mediterraneo

Alla kermesse che si è tenuta presso la sede del Centro Alti Studi per la Difesa, le dinamiche securitarie del Mediterraneo allargato vengono affrontate secondo i punti di vista nazionale, europeo e atlantista. Che devono essere integrati per dare una risposta efficace

Che il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo fosse centrale non vi erano dubbi. Ma nel nuovo contesto di disordine internazionale, qual è il ruolo dell’Italia in un bacino che sta diventando sempre più turbolento, sia come attore statale a sé stante che come membro dell’Europa e della Nato? È questo il tema dell’evento “Italia, Europa, Nato e il Futuro del Mediteranneo” organizzato dalla Fondazione Med-Or e dal Centro Alti Studi della Difesa, la cui sede ha ospitato l’evento che si è svolto il 13 marzo. Ad animare il dibattito, introdotto dal presidente del Casd Amm. Giacinto Ottaviani e moderato dalla giornalista Monica Maggioni, il presidente della Fondazione Med-Or Marco Minniti, il rappresentante permanente della Repubblica Italiana presso la Nato Marco Peronaci, l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Repubblica Italiana Jack Markell, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

E proprio dalla centralità del Mediterraneo e dal suo disordine parte il ragionamento della tavola rotonda. “Si pensava che le grandi partite del pianeta si giocassero in altri mari, dal Pacifico all’Indiano, invece dobbiamo imparare che il Mediterraneo sarà sempre più centrale per gli equilibri del pianeta”, ha affermato durante il suo intervento Minniti, che ha suggerito la presenza di un filo rosso tra la guerra in Ucraina, il bacino mediterraneo e il conflitto in Medio Oriente, segnali di una crisi dell’ordine mondiale. “Se vogliamo costruire un percorso di pace in Ucraina come in Medioriente è naturale dover pensare a una ricostruzione di un nuovo ordine mondiale. E per farlo non possiamo non immaginare il coinvolgimento del sud del mondo”, ha proseguito il presidente di Med-Or, che ha indicato nell’Italia un punto di congiunzione tra il Mediterraneo e l’Europa intera elogiando il ruolo di guida assunto da Roma nella missione Aspides nel Mar Rosso, “una missione che è giusto che l’Unione europea abbia fatto”.

Nel Mar Rosso, è un imperativo per l’Italia e l’Europa prendere la difesa delle rotte commerciali così come delle infrastrutture strategiche, ha proseguito Peronaci riprendendo quanto detto da Minniti, e in particolare dei cavi sottomarini, “a cui bisogna prestare la massima attenzione, soprattutto nel contesto di una guerra ibrida”.

Il ruolo del Mediterraneo nel “connettere il mondo” viene riaffermato anche durante l’intervento dell’ambasciatore Markell, che ha ricordato come il esso rappresenti la priorità numero uno della politica estera italiana, non solo come attore statale ma come parte dell’Alleanza Atlantica, la quale “è impegnata per la sicurezza del Mediterraneo e dell’Europa”. Ed è anche grazie alle “security partnership” che la robustezza delle relazioni tra Stati Uniti e Italia è oggi più forte che mai, afferma l’ambasciatore, che ringrazia Roma per il suo “incrollabile sostegno”.

Sulle minacce che aleggiano sul Mediterraneo, e sulla necessità di prevenire che esso si trasformi in un’area di guerra ibrida, incentra il suo discorso Cavo Dragone. Il Capo di Stato maggiore della Difesa si è mostrato preoccupato dell’“arco di crisi che avvolge l’Europa. Dobbiamo evitare che le dinamiche pericolose si concretizzino in armi ibride puntate verso l’Italia e l’Europa”, ponendo in particolare l’accento sulla disinformazione, resa sempre più pericolosa dalle nuove tecnologie, che “è una minaccia invasiva che si sviluppa in maniera strutturata attraverso molteplicità di centri strategici e flussi finanziari rilevanti. Essa ha assunto una dimensione transnazionale, e questo richiede un’azione congiunta di Unione europea e Nato”.

“I prossimi due anni saranno i più bui dal dopoguerra ad oggi: non c’è mai stato un così grande caos nell’ordine mondiale”, ha detto il ministro della Difesa Crosetto, secondo cui negli ultimi decenni “abbiamo raccontato un mondo diverso da quello che viviamo oggi. Non è possibile garantire la sicurezza con le stesse regole e tempistiche di cinque anni fa: il mondo è cambiato”. Il ministro ha rimarcato come la Difesa abbia una incidenza totale nelle nostre vite, e che per la sua importanza cruciale essa andrebbe esonerata dal dibattito politico. “C’è del lavoro da fare a livello nazionale, anche di tipo culturale, bisogna spiegare che un investimento nella Difesa è un investimento per la sicurezza”. E ha lanciato l’apertura della Nato a nuovi partner: “Il valore numerico è importante e uno degli obbiettivi della Nato è di non farsi percepire come qualcosa che è contro tutto ciò che non è Nato, non solo in Africa ma anche in India o nell’America Latina”.



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