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Visto negato per i funerali di Navalny. I dubbi di Scalfarotto sull’ambasciata russa

Il senatore di Italia Viva assieme ai deputati Quartapelle e Della Vedova doveva partire per Mosca e partecipare ai funerali di Navalny, l’oppositore di Putin. Tuttavia, i visti non sono mai arrivati. Qualora dovessero essere concessi, la delegazione partirà per depositare un fiore sulla tomba del martire del regime. Conversazione con Ivan Scalfarotto

“I nostri passaporti sono ancora al consolato russo a Roma. E i visti per volare a Mosca al funerale di Navalny non sono mai arrivati”. Ivan Scalfarotto, senatore di Italia Viva e già sottosegretario agli Esteri, doveva essere tra la folla che ha salutato per l’ultima volta, oggi, il più strenuo oppositore del regime putinista. La delegazione doveva essere composta anche da Lia Quartapelle, deputata Pd, sostenitrice fino in fondo della causa Ucraina, e del deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova. A Formiche.net, Scalfarotto racconta l’epopea per ottenere il visto (mai arrivato) e del senso della spedizione.

Che motivazioni hanno addotto dall’ambasciata russa a Roma?

Noi avevamo chiesto un visto urgente, per il quale di norma sono sufficienti tre giorni. Eravamo già pronti a partire ieri sera, ma l’ambasciata ci ha rimandato a lunedì. E dunque non siamo riusciti a partire. Le motivazioni del nostro viaggio erano note. Ciò che ha generato disagio è stata l’incertezza dei funerali, legati alla barbarie dell’iniziale ritrosia nella restituzione del corpo alla famiglia.

Che idea si è fatto?

Presumo che in questo momento storico non ci siano molte richieste di visto per andare in Russia, per cui il sospetto che ci sia stata in qualche modo una volontà di ostacolare questo viaggio è sorto. Fermo rimanendo che, qualora il visto dovesse arrivare, noi comunque partiremo per Mosca e andremo a depositare un fiore sulla tomba di Navalny. Vedremo se ce lo concederanno o se ce lo negheranno ufficialmente. Non ci meraviglierebbe: tra le persone non gradite in Russia c’era anche, tra le altre, David Sassoli. Non propriamente un incendiario.

Cosa rappresenta per voi questa iniziativa e che cosa simboleggia la storia dell’oppositore?

Per noi sarebbe un omaggio a un uomo che ha sacrificato la sua vita per difendere i suoi ideali, contro un regime autoritario che comprime la libertà delle persone e, appunto, uccide i suoi oppositori. E il punto più basso di questo baratro è stato raggiunto proprio con la vicenda della restituzione del corpo alla famiglia. Questa ritrosia, questa iniziale negazione sono intollerabili. Violano uno dei principi fondativi della nostra cultura.

Eppure c’è ancora chi tende a sminuire le responsabilità di Putin. 

Peggio, c’è chi – come il vicepremier Matteo Salvini – fa il garantista solo quando si parla proprio di Putin. Ed è peraltro insopportabile che ci sia una parte di opinione pubblica che equipara la nostra democrazia, pur con tutti i limiti che presenta, al regime russo. È una cosa davvero inaccettabile che qualcuno pensi che l’appartenenza dell’Italia alla Nato possa essere in qualche misura una fonte di sudditanza agli Stati Uniti. Così come non è accettabile che qualcuno assecondi l’annessione dell’Ucraina alla Russia.

La lettera dell’ambasciatore russo pubblicata da Repubblica esprime più o meno questi concetti. 

Sì, la tesi che viene sviluppata in quella lettera è che l’Italia sarebbe in mano alle élite e che i due sistemi siano sovrapponibili. Una ricostruzione del tutto mendace. Tanto più che per fortuna da noi i diritti di manifestare, di riunirsi e di pensare liberamente non sono compressi come invece accade in Russia. Non solo. Le elezioni che si svolgono da noi sono ben diverse da quelle che si celebrano in un Paese nel quale vengono ammazzati gli oppositori o incarcerati i giornalisti. Ed è per questo che molto probabilmente non ci verrà concesso il visto.

Che cosa intende dire?

Per Putin sarebbe intollerabile ospitare tre parlamentari liberi nel suo Paese di oppressioni e negazioni.

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