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Uscire dagli opposti estremismi. Dai disegni francesi alle parole del papa

In una spirale del tipo “giusto o sbagliato”, “bianco o nero”, “confessionalismo cattolico o religione atea”, il discorso di Francesco non si riesce a capire. Dove sta? Con i russi o con gli americani? La radicalizzazione rischia di travolgerci, convincendo che la libertà sia scegliere tra due opposti estremismi, non di respingerli entrambi. La riflessione di Riccardo Cristiano

La polemica sul manifesto ufficiale francese in vista dei giochi olimpici del 2024 ha un fondamento maggiore di quel che appare. Nel manifesto diffuso da Parigi nei giorni passati si disegna un’immagine di Parigi nella quale è raffigurata anche la cupola della chiesa di San Luigi dei disabili, ma senza croce. Così la guglia sembra una lancia. Una fantasia scherzosa dell’autore, si è detto da Parigi. Strano. Già nel 1924, in occasione dei giochi olimpici ospitati a Parigi un secolo fa, si liberò la medesima fantasia. Quella volta scomparve la croce dalla cupola della chiesa del Sacro Cuore.

Non conosco gli artisti e non sono un appassionato di guglie o croci, ma non vorrei che dietro questa ripetizione si nasconda un problema: la laicità come viene concepita a Parigi ricorda una religione atea? Se così fosse, sarebbe tutt’altro dalla laicità: né sottomissione alla “cattolicità” dello Stato quasi la Chiesa fosse l’azionista di riferimento, né costruzione di una religione atea. La laicità infatti abbandona il famoso “giurisdizionalismo” che aveva imposto la religione del re (cuius regio eius religio) portando a compimento la separazione tra la sfera politica e quella religiosa. Dunque, la laicità si fonda sulla libertà religiosa, non sulla negazione del fatto religioso sulla costruzione di religione atea.

I due manifesti francesi, nella loro curiosa assonanza a un secolo di distanza, sembrano dirci che quella laicità non è laica, diciamo che ha dei problemi di identità. O forse si definisce contro. E questo preoccupa ancor di più.

Forse il sistema binario che soprattutto per via dell’uso dei computer seguiamo quasi istintivamente non ci aiuta, ma ci danneggia. Il sistema binario di una qualsiasi azione sia giusta o sbagliata? Questo nella realtà non esiste. Se io io dico che due più due fa cinque e tu dici che due più due fa ottomilasettecentosei virgola sette periodico, sbagliamo entrambi, ma forse tu sbagli molto più di me. Dire che lo Stato non è più confessionale non vuole dire che lo Stato è ateo! Questa corsa alla contrapposizione è pericolosissima perché altera la realtà, la stravolge!

Voglio fare un esempio di queste ore. Papa Francesco al riguardo della guerra in Ucraina ha detto: “È più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?”. La parola “sconfitto” ha dato fastidio al primato cattolico in Ucraina, Sua beatitudine Shevchuk. Questo è comprensibile, ma altera il senso del discorso. È sconfitto il desiderio di “salvare tutto” del proprio controllo statuale. Ciò che spicca infatti è il termine “negoziare”. È ovvio ed è quello che non sarebbe stato possibile senza resistenza armata. E infatti il papa ha detto anche che bisogna avere il coraggio della bandiera bianca per arrivare al negoziato che non si accettava. Dunque nel caso di specie non parla di una resa incondizionata, come sarebbe stato se si fosse accettata una nuova Monaco, come fu prima della Seconda Guerra Mondiale.

Ma il coraggio di riconoscere una sconfitta, cioè di non poter difendere tutto, a mio avviso può averlo soltanto chi ci ha provato, chi ha lottato e subendo una sconfitta parziale ha anche ottenuto un risultato che senza quell’impegno non ci sarebbe stato. Ora avere il coraggio di alzare bandiera bianca e chiedere il negoziato che non si voleva, indicherebbe il coraggio di riconoscere i propri limiti. Non entro nella disanima dei perché o per come. Ma non capisco come questo possa apparire un discorso paragonabile a quello di chi invocava di non dare armi all’Ucraina. Il papa, che mai ha detto di non dare armi all’Ucraina, piuttosto ha detto che “chi difende ama”, oggi coerentemente dice di amare anche nelle contrarietà, accettando i propri limiti, le difficoltà, e salvare ciò che oggi risulta acquisito.

È un discorso opposto a quello di chi paragonava il fuoco offensivo al fuoco offensivo, in certo senso ne disvela l’intrinseca malevolenza, o l’intrinseco ideologismo, come è malevolo o ideologico il bellicismo senza se e senza ma di chi esorta (gli altri) a combattere sino alla fine.

Ma siccome noi siamo, come nel caso della laicità, in una spirale del tipo “giusto o sbagliato”, “bianco o nero”, “confessionalismo cattolico o religione atea”, allora il discorso di Francesco non si riesce a capire. Dove sta? Con i russi o con gli americani? Il problema è molto grave, perché la radicalizzazione rischia di travolgerci, convincendo che la libertà sia scegliere tra due opposti estremismi, non di respingerli entrambi.



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