Il ministro dell’Economia interviene alla Camera per chiarire alcuni aspetti del nuovo collocamento sul mercato, che potrebbe portare lo Stato al 51%. Per il Tesoro un incasso di 4,4 miliardi, la cessione avverrà senza strappi e al momento più opportuno. E darà nuovo ossigeno e fiducia al titolo in Borsa
Una privatizzazione intelligente, a prova di mercato. E, soprattutto, redditizia anche sul fronte della Borsa. A pochi giorni dalla presentazione del piano industriale, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, traccia la rotta per la privatizzazione di Poste, la seconda in ordine temporale, dopo quella di nove anni fa. E lo ha fatto intervenendo in audizione alla Camera, presso la Commissione Trasporti. Premessa, non c’è e non ci sarà nessuna svendita, sarà il mercato a premiare il collocamento, ora che la società guidata da Matteo Del Fante viaggia su numeri decisamente buoni.
“Le operazioni di dismissione che il governo metterà in atto, per avere un introito di circa 20 miliardi in tre anni, come riporta la Nadef non prevedono, in nessun caso, la cessione del controllo da parte del Mef sulle società interessate, ma solo di quote di minoranza, in linea con le più recenti esperienze realizzate nel nostro paese”, ha messo in chiaro il titolare del Tesoro. “Il perseguimento di un approccio secondo questa linea di indirizzo consentirà da un lato, il mantenimento di un presidio pubblico a tutela di settori e interessi pubblici strategici e, dall`altro, il rafforzamento, la valorizzazione e lo sviluppo delle società interessate, che sarà favorito dall`apertura del capitale ad azionisti terzi o dall’ampliamento del flottante nel caso delle società quotate”.
Per questo “è scorretto parlare di svendita: oggi parliamo di vendita, se c’è stata una svendita di potrà valutare a posteriori. Il governo valuterà condizioni e tempi in modo da massimizzare le entrate dello Stato a beneficio del bilancio pubblico”. E qui Giorgetti è entrato nel dettaglio dell’operazione che riporterà Poste sul mercato. “Se il Mef dovesse cedere l’intera quota detenuta direttamente in Poste Italiane, pari al 29%, l’introito si aggira attorno a 4,4 miliardi di euro. Sotto il profilo finanziario, le risorse che potranno essere ottenute dalla realizzazione dell’operazione dipenderanno dall`ammontare della quota che sarà collocata sul mercato. Valore, tuttavia, che non può prescindere dalla tempistica di realizzazione dell’operazione, che va inquadrata nell’orizzonte triennale 2024-2026 cui ho accennato in precedenza”.
Insomma, il nuovo disimpegno del Tesoro arriverà al momento più opportuno e propizio e garantirà il massimo incasso. Ma, soprattutto, risarà slancio al titolo in Borsa. “L’operazione di cessione della quota consentirà di accrescere ulteriormente il flottante, ampliando la compagine azionaria anche a nuovi investitori qualificati così da realizzare un prevedibile rafforzamento del titolo e un conseguente beneficio per lo Stato”, ha ribadito Giorgetti. “In un quadro più generale è opportuno considerare anche gli effetti dell`operazione sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali ed esteri verso l`Italia, che potrebbero risultare in un miglioramento dell`appetibilità del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito”. Tutto potrà comunque avvenire in più fasi. “L’alienazione della quota dello Stato in Poste potrà avvenire anche in più fasi. Questo significa che nelle prime fasi il governo potrebbe anche fermarsi al 51%, perché riteniamo che questa sia un’asticella soddisfacente in questo momento rispetto al percorso”.
Ma ci sono altri due impegni, presi direttamente dal ministro davanti ai deputati. Primo, il governo vigilerà sulla salvaguardia dell’occupazione e, secondo, l’esecutivo risponderà al più presto ai rilievi dell’Antitrust sulla vendita di Pago Pa, la piattaforma dei pagamenti verso le amministrazioni. “Il piano industriale presentato lo scorso 20 marzo dalla società non contempla alcun impatto negativo in termini di effetti sull’occupazione dalla cessione della quota del Mef ma sarà cura del governo monitorare le decisioni aziendali, al fine di garantirne la salvaguardia”.