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Su Replicator, l’Us Army batte l’Us Air Force. Per il momento

La prima tranche di sistemi per l’ambizioso programma unmanned vedrà l’Esercito come l’attore quantitativamente più importante, seguito dall’Aviazione. Ma alcuni dubbi permangono

L’Us Army giocherà un ruolo da protagonista all’interno del primo ciclo di progetti del programma Replicator, atto a mettere in campo migliaia di droni e altri sistemi autonomi in una finestra temporale di due anni. A dirlo è Doug Bush, assistente segretario dell’Esercito statunitense per l’acquisizione, la logistica e la tecnologia, intervenendo il 20 marzo al National Security Innovation Base Summit organizzato a Washington dalla Ronald Reagan President Foundation.

Bush ha detto che il Pentagono ha selezionato un sistema proposto dall’Us Army per la prima tranche di Replicator, e che l’esercito è “il più grande partecipante in termini di quantità di ciò che uscirà dal primo round”. Il pentagono non ha tuttavia rivelato quali sistemi siano stati selezionati per far parte del programma, e anche Bush ha rifiutato di discutere i dettagli della situazione. Alcune fonti suggeriscono che lo Switchblade 600 di AeroVironment sia uno dei modelli prescelti dal Pentagono.

Rispetto all’Esercito, l’aviazione sembra per il momento mantenere un ruolo gregario. Il vice capo dell’Air Force, gen. James Slife, che ha partecipato a una tavola rotonda con Bush, ha detto che il servizio ha delle idee per i futuri cicli di proposte di Replicator, ma che tali sforzi non erano pronti per la prima tranche. “L’Air Force ha in cantiere diversi programmi interessanti che potrebbero essere presi in considerazione. Non sono tecnologicamente maturi come alcuni dei programmi dell’esercito che parteciperanno al primo round”, ha commentato Slife.

Il vice segretario alla Difesa Kathleen Hicks ha presentato il programma Replicator lo scorso agosto, e da allora il Pentagono ha richiesto al Congresso un miliardo di dollari per l’esecuzione del programma negli anni fiscali 2024 e 2025. Sebbene l’obiettivo iniziale sia l’autonomia, l’obiettivo più ampio è che Replicator diventi un processo ripetibile che il Pentagono possa utilizzare per fornire una serie di capacità agli utenti militari. A tal fine, il dipartimento sta destinando fondi ai programmi esistenti per aiutarli a muoversi più velocemente o ad aumentare le quantità di produzione e sta selezionando nuove iniziative proposte dai servizi militari.

Un rapporto pubblicato il 19 marzo dall’Istituto Reagan elogia gli sforzi posti sul programma Replicator da parte del Dipartimento della Difesa, raccomandando di finanziare completamente lo sforzo, ma evidenziando allo stesso tempo preoccupazioni più ampie sulle possibilità del Pentagono di tradurre l’innovazione statunitense in capacità di sicurezza nazionale.

“Nell’ultimo anno c’è stata molta attività in materia di innovazione per la sicurezza nazionale, per sfruttare e catturare l’innovazione per i nostri obiettivi di sicurezza nazionale. Queste attività non si sono necessariamente tradotte in progressi”, ha commentato Rachel Hoff, direttore politico del Reagan Institute.

Più ottimista l’approccio di Mac Thornberry, ex presidente della Commissione Servizi Armati della Camera e ora membro del Defense Innovation Board del Pentagono, il quale ha detto che la leadership di alto livello che Hicks ha messo dietro a Replicator è un segno di progresso all’interno del Pentagono. “Per me, la cosa più sorprendente di Replicator è che il vice segretario si è caricato sulle spalle il compito di dire ‘Sono responsabile di questo’. È come un pass or fail su se stessa. E questo tipo di responsabilità è esattamente il genere di cose di cui abbiamo bisogno per cambiare la cultura, per correre più rischi”.

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