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Nato e Ue per far fronte alla Russia e nuovi modelli di cooperazione militare. L’audizione di Cavo Dragone

Cosa ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa nel corso dell’audizione presso le commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Non abbiamo abbastanza uomini. Siamo assolutamente sottodimensionati. Il terrorismo? Mostro che ha rialzato la testa con vile attentato a Mosca. Nel Mediterraneo allargato dobbiamo fare di più e meglio

Non solo nel Mediterraneo allargato l’Italia deve fare di più e meglio, dice il capo di Stato maggiore della Difesa nel corso dell’audizione presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Ma la messa in comune delle idee e delle risorse nazionali dell’Unione europea e della Nato deve diventare un sistema operativo sempre più strutturato e collaudato, in un mondo in cui il terrorismo è visto come un mostro che ha rialzato la testa con vile attentato a Mosca. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone traccia una rotta, dentro e fuori il mare nostrum, utile sia per decrittare i nuovi scenari che si sono aperti in questo inizio di anno (come la crisi nel Mar Rosso) che per provare a risolvere quelli già in corso (come i due fronti bellici a Kyiv e Gaza).

Qui Italia

Punto di partenza la posizione italiana, che al momento è sottodimensionata a causa di numeri insufficienti. L’occasione è la Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione. Secondo Cavo Dragone 150mila uomini è un livello “improponibile, 160mila è ancora poco, 170mila siamo al limite della sopravvivenza, mediamente ci strutturiamo su turni di due e sono stressanti”.

Ecco che accanto ai militari i carne e ossa occorre immaginare un altro tipo di difesa, non convenzionale contro altri tipi di attacchi: il riferimento è alle fake news e alle manipolazioni durante le prossime tornate elettorali, “che potrebbero costituire l’occasione per un intensificarsi della strategia di disinformazione da parte della Russia, con l’obiettivo di disorientare le nostre opinioni pubbliche”. La sua analisi poggia sul fatto che nell’agone attuale si contrappongono due visioni antitetiche della realtà e del mondo, “e noi non possiamo permetterci tentennamenti o distinguo: ne va del nostro modello di vita, dei nostri valori democratici”. Per cui alla luce di questo scenario l’Italia sarà chiamata a sostenere sforzi della Nato e dell’Unione europea in Paesi come Georgia e Moldova “per rafforzarne le istituzioni e accompagnare il processo di avvicinamento euroatlantico”.

Alleanza anti russa

Chi, se non Ue e Nato, può costruire un’alleanza contro la minaccia russa? Per questa ragione Unione europea e Nato devono essere assolutamente coinvolte con proposte e iniziative da concordare con i Paesi dell’area. Si tratta di un punto cruciale per il capo di Stato maggiore della Difesa perché le missioni internazionali e la politica militare sono strumenti preziosi ma devono poter contare sulla massa critica delle energie euroatlantiche “per operare con efficacia nelle tante aree di attrito con la Russia e con i suoi alleati”.

L’obiettivo è quello di contenere la minaccia destabilizzante della Russia e dei suoi alleati nel Mediterraneo allargato e in Africa. “Solo così potremo capovolgere la nostro favore l’attuale e forte asimmetria operativa che esiste con Russia, Iran, Cina e altri attori regionali, liberi di poter operare dalle forniture di armamenti letali, agli attacchi cyber, alle politiche di disinformazione in totale deroga alle norme internazionali sulla non proliferazione e non ingerenza negli affari di altri Stati. Su questo campo noi potremmo essere perdenti. È importante fare presto per impedire che lo spazio Mediterraneo, anche per effetto delal guerra in Ucraina, si trasformi in un’area ibrida”.

Qui Africa

Due le riflessioni sul continente africano. La prima sul Piano Mattei lanciato da Giorgia Meloni, che definisce un’iniziativa davvero provvidenziale, “proponendo una strategica di cooperazione su basi nuove e paritetiche, con l’obiettivo di sviluppare un modello di crescita condiviso, rovesciando il consueto paradigma di esercitare un controllo diretto o indiretto sulle risorse di questi Paesi”.

La seconda sul Niger, dove a livello diplomatico sono state date alla comunità internazionale sufficienti garanzie che un processo di democratizzazione avverrà, “da quello che è il mio sentore potrebbe avvenire anche nei prossimi mesi”. Un quadro che offre secondo l’ammiraglio sufficienti garanzie per continuare l’attività nel Paese. L’Italia con 250 uomini è impegnata a quelle latitudini assieme a 1000 americani e 100 tedeschi: “Noi rimaniamo perché secondo noi è un elemento cardine per capire i flussi migratori sul fronte sud occidentale. La nostra presenza è fondamentale per aiutarli in questo processo di democratizzazione, che è fondamentale avvenga nei tempi previsti, e per colmare il gap che altrimenti sarebbe colmato da altri Paesi non in linea con il nostro modo di pensare”.

Nuovi modelli

Quale il punto di caduta di questa nuova strategia italiana? Secondo Cavo Dragone l’Italia deve essere portatrice di modelli innovativi di cooperazione militare “basati sul raggiungimento di comuni interessi strategici, sul trasferimento di tecnologia e know-how organizzativi, e sul supporto logistico, con il pieno coinvolgimento delle industrie di settore”. Solo in questo modo sarà possibile ricercare nel rapporto con paesi del Mediterraneo allargato e dell’Africa un equilibrio tra i vari interessi strategici.

Prossimo obiettivo il Libano, dove tra poche ore atterrerà il presidente del consiglio Giorgia Meloni: nel paese il contingente italiano per l’anno in corso è identico agli anni precedenti. “Le Forze armate libanesi dovranno necessariamente assumere un ruolo più profilato per favorire la stabilizzazione del confine israelo-libanese”.

Laicità e sicurezza

Infine mette l’accento su un concetto strategico, come la laicità della sicurezza: la premessa è che senza sicurezza le popolazioni soffrono, i diritti vengono negati, la crescita economica resta irrealizzabile e la coesione sociale va in crisi: “Il corollario di tale impostazione laica è la capacità di dialogare con tutti, senza preclusioni, avendo come obiettivo la sicurezza, la stabilità e il benessere delle popolazioni dello spazio del Mediterraneo”.

In questo contesto spicca il ruolo delle Forze armate che puntano a favorire il conseguimento della capacita’ operativa adeguata a mantenere le condizioni di sicurezza, ma sempre tenendo bene e mante l’importanza della dovuta distanza dai loro affari interni e “lasciare alle leadership locali di risolvere i problemi strutturali”.



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