La startup di Singapore costruirà nel Nord Italia un impianto per la produzione di chiplet, i piccoli microchip modulari che promettono di rivoluzionare il settore. Una notizia che corona la spinta del governo per potenziare il ruolo italiano nel comparto europeo dei semiconduttori
La via italiana verso il rafforzamento della resilienza tecnologica passa da Singapore, patria di una startup, Silicon Box, che investirà 3,2 miliardi di euro per un nuovo impianto produttivo. Si tratta di una fabbrica per la produzione di chiplet – microchip piccoli, modulari e altamente specializzati – che sorgerà nel Nord Italia e genererà almeno 1.600 nuovi posti di lavoro. A darne l’annuncio è stato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, fiancheggiato dal ceo di Silicon Box Byung Joon Han, durante una conferenza stampa a Palazzo Piacentini lunedì mattina.
Si tratta di un punto di svolta per gli sforzi del governo di potenziare il comparto altamente strategico della microelettronica. “I recenti sconvolgimenti globali sottolineano la necessità di costruire una catena di approvvigionamento più resiliente per i semiconduttori in Europa”, ha sottolineato Urso. “Questa iniziativa testimonia ancora una volta che siamo in grado di attrarre gli interessi dei player tecnologici globali e che l’Italia è in corsa per ricoprire una posizione di leadership nel settore. Siamo convinti che questa nuova struttura fungerà da catalizzatore per ulteriori investimenti e innovazioni in Italia”.
In effetti il Belpaese è stato “la prima scelta per la nostra espansione globale”, ha detto Byung, ponendo l’accento sulla comunanza tra due Paesi “guidati da valori culturali simili, che abbracciano curiosità, passione e un instancabile impegno verso l’eccellenza”. Le attività di Silicon Box andranno a rafforzare la volontà italiana di puntare sul design, i nuovi materiali e l’assemblaggio avanzato dei semiconduttori; l’attivismo da parte delle istituzioni per far sì che questo avvenga certo non manca.
Nell’ambito della sua strategia nazionale per la microelettronica, il Mimit ha già stanziato 730 milioni per alimentare ricerca e sviluppo nel settore dei semiconduttori. A novembre lo stesso Urso ha inaugurato il nuovo centro italiano per la progettazione dei microchip, la Fondazione Chips.IT, mentre a dicembre ha presentato il primo microprocessore crittografico completamente italiano di casa Tim, pensato per innestare componentistica di sicurezza nazionale nei settori strategici. La strategia prevede anche la partecipazione attiva nei progetti di interesse comune europeo e nel potenziamento delle capacità nazionali, ambito in cui il nuovo impianto di Silicon Box promette di rendere l’Italia il nuovo presidio europeo di un settore altamente innovativo.
Per la rivista del Mit di Boston i chiplet sono una delle dieci tecnologie rivoluzionarie del 2024. Questo perché la sfida di miniaturizzare e “impacchettare” sempre più transistor nei microchip (il processo alla base dell’incredibile sviluppo informatico degli ultimi decenni) sta diventando talmente complicato da iniziare a rasentare l’impossibile. Dunque l’idea è creare diverse componenti, ognuna dedicata a uno scopo preciso, e unirle per creare un sistema di calcolo altrettanto avanzato – nonché meno difficile da produrre e più economico, almeno in teoria.
Essendo un campo d’avanguardia, in pratica le aziende devono ancora trovare il bilanciamento perfetto tra costo e performance. Tanto dipenderà anche dallo sviluppo degli standard che diventeranno le “istruzioni” di base per collegare chiplet prodotti da realtà diverse – chiplet integration, una delle specializzazioni di Silicon Box assieme all’advanced packaging e il testing. Il settore ha abbracciato uno standard open-source chiamato Universal Chiplet Interconnect Express, e realtà come Silicon Box (ma anche Intel e Amd) lavorano per porre le basi di questi sistemi d’avanguardia.
L’obiettivo finale è dare ai produttori di chip, nonché ai loro clienti, una maggiore libertà in campi in rapida evoluzione come l’intelligenza artificiale e il supercalcolo, la tecnologia aerospaziale e i veicoli di nuova generazione. La versatilità e l’economicità che promette questa tecnologia sono il motivo per cui sempre più industrie guardano con interesse agli sviluppi, capaci di ridisegnare il panorama delle catene del valore dei prodotti tecnologici. Del resto, perché acquistare un intero “pacchetto” di potenza di calcolo se si potranno comprare e mettere a sistema solo le componenti che servono davvero al prodotto finale?
Insomma, è quanto mai probabile che l’industria dei chiplet diventi sempre più importante per il tessuto industriale. Per questa ragione la nuova fabbrica di Silicon Box rientra a pieno titolo nella corsa europea per rafforzare il proprio panorama tecnologico. La progettazione e la pianificazione sono già in corso, mentre per l’effettivo inizio lavori si dovrà attendere l’approvazione della Commissione europea, spiega il Mimit in un comunicato.
Dalle parti del Mimit non hanno dubbi: l’investimento della startup asiatica “si inserisce a pieno titolo nella strategia europea segnata dal Chips Act”, e Silicon Box “rappresenta il tassello finora mancante per rafforzare la catena del valore, in quanto primo investimento nell’advanced backend per la produzione di chiplet”. L’intera operazione si inserisce nell’ambito dell’obiettivo condiviso (e definito dal Chips Act europeo) di riportare in Ue il 20% della capacità produttiva globale di semiconduttori entro il 2030, tornando a coprire un ruolo più di rilievo e creando un’industria “resiliente e geograficamente equilibrata”.
Immagine: Silicon Box