Al Senato il dibattito con Giovanni Orsina, Domenico Lombardi, Lorenzo Castellani, Lucia Albano, Gabriele Fava e Sabrina Bono intorno all’opera di Maurizio Sacconi e Francesco Verbaro. Trent’anni fa ci fu il tentativo di reinventare parte degli apparati pubblici, senza riuscirvi del tutto. Una sfida che vale ancora oggi
Era il 1993 quando prendeva corpo il decreto legislativo 29/1993 con il quale tentare uno dei più profondi tentativi di riforma organica che l’Italia avesse mai conosciuto dal 1865, quattro anni dopo l’Unità, fino ad allora. Era la Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, l’apice di dieci anni di dibattito politico sulla necessità di mettere mano all’apparato statale, in tutte le sue forme e di dare alla dirigenza pubblica l’abito del manager privato.
Si tentava, insomma, la più grande modernizzazione del sistema amministrativo e si gettavano le basi per la prima, vera, stagione delle privatizzazioni (Eni, Enel, Telecom, Alitalia, Ina, tra tutte), che avrebbero preso forma da lì a venire, dando vita a un’operazione da 176 mila miliardi di lire. Ma non tutto andò come previsto e molti interventi rimasero solo sulla carta nei tre decenni a seguire. Ma oggi può valere la pena guardarsi indietro e attingere da quella stagione riformatrice.
E proprio da qui è voluto partire Maurizio Sacconi, autore insieme a Francesco Verbaro del volume “1993. Il tentativo di reinventare lo Stato. Attualità e prospettive di una riforma”, pubblicato dalle Edizioni Studium nel 2023, presentato ieri sera al Senato e co-organizzato da Luiss Policy Observatory e AGDP (Associazione Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni), alla presenza, oltre dei due autori, di Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea alla Luiss, Pompeo Savarino, presidente dell’Associazione delle classi dirigenti della Pa, Lucia Albano, sottosegretaria all’Economia, Sabrina Bono, vicesegretaria alla presidenza del Consiglio, Lorenzo Castellani, docente alla Luiss, Gabriele Fava, presidente dell’Inps, e Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss.
Un’opera a quattro mani, quelle del già ministro del Lavoro dal 2008 al 2011, e del docente presso la Scuola superiore della Pubblica amministrazione e già segretario generale del ministero del Lavoro proprio sotto Sacconi, che a trent’anni da quella stagione riporta alla luce una ricostruzione del tentativo di riforma dello Stato secondo una prospettiva tipica delle Scienze aziendali, in grado di esaminare per settore le sue componenti di base e verificare le possibilità di attualizzare e rilanciare un’esperienza che a tutt’oggi appare quanto mai attuale.
“Questo libro ci dice che quella riforma ancora deve produrre tutti i suoi effetti”, ha premesso Orsina. “Una lunga gestazione, ma nel frattempo stiamo vivendo una grande e lunga fase storica. Potrebbe, paradossalmente, quella riforma essere una risorsa per l’attuale fase, ma questo se lo vorremo e se sapremo portare quei concetti, quelle intuizioni nel campo delle esigenze dei giorni nostri”.
Il sottosegretario Albano ha ripreso il filo del discorso di Orsina, spiegando come “ogni giorno, sui tavoli del governo, ci sono problemi che sono stati affrontati in parte molti anni anni fa. Non è certo un mistero che la riforma della Pa sia una delle priorità di questo governo. Quello che è mancato, però, in questi anni, è uno studio attento sulle funzioni amministrative di oggi. Molto spesso si ragiona con rimpalli di competenze, al grido che alla fine si è sempre fatto così. Il libro che presentiamo, ci fornisce delle buone basi e la certezza che un percorso non è stato compiuto fino in fondo. E questo rende tutto più attuale, anche a distanza di oltre 30 anni è possibile riprendere le fila di quel discorso. Quella rivoluzione incompiuta può ritrovare oggi il suo spazio naturale nell’azione di questo governo”.
“Lo spirito innovatore della riforma del 93 non poteva non avere come fulcro la trasformazione della dirigenza e del lavoro pubblico”, ha ricordato poi Bono. “Tre i capisaldi di questa trasformazione: l’autonomia del dirigente pubblico, la previsione di una responsabilità per il mancato adempimento dei risultati e la possibilità per la politica di programmare e dettare la linea all’amministrazione. Nel libro vengono individuati le ragioni del tradimento di quegli ideali che erano alla base della riforma. Parlo anche delle leve che avrebbero dovuto muovere la nuova Pubblica amministrazione”.
Anche il presidente dell’Inps Fava ha fornito il suo punto di vista. “Il tema del lavoro è e deve rimanere centrale per le amministrazioni. Due sono i temi che vanno affrontati, le competenze e la digitalizzazione. La Pa non può oggi non tenere conto di queste due questioni, le tecnologie sono fondamentali. Parlando dell’Inps, per esempio, il mio obiettivo è quello di restituire un Istituto veloce, efficace, scattante. Deve funzionare al passo delle esigenze dei cittadini, alla velocità che si richiede al giorno d’oggi”, ha spiegato Fava. “Il desiderio è quello di entrare in un’altra dimensione, portando l’Istituto a essere una realtà al servizio del cittadino, ma con la massima efficacia”.