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25 aprile, la festa della patria repubblicana e democratica. Scrive Pasquino

Il riconoscimento che il 25 aprile continua a meritarsi è duplice: avere fatto rinascere la patria (quella alla quale aveva dato vita il Risorgimento, ampliandola) e avere introdotto la libertà per tutti, anche per gli oppositori. Prendiamo atto che i nemici del 25 aprile combattono più o meno consapevolmente contro la patria repubblicana, libera e democratica. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei

Non mi importa niente delle memorie condivise. A ciascuno la sua, più o meno distorta, memoria, a tutti la lettura di qualche libro di storia, italiana e, per saperne di più, europea. Il 25 aprile fu una doppia liberazione: dai nazisti che furono cacciati dall’Italia e dai fascisti della Repubblica di Salò. Se, come ha scritto un raffinatissimo storico, la patria era morta l’8 settembre, sicuramente risorse il 25 aprile. Tanto è vero che alcuni fascisti si dichiararono “esuli in patria” indirettamente e involontariamente dando un degno riconoscimento all’Italia repubblicana. Non rinunciarono neanche a fare gli esuli nel Parlamento della democrazia italiana!

Ciascuno celebri il 25 aprile come desidera, come gli ditta dentro. La Repubblica democratica glielo consente, ma le divisioni nel “popolo” italiano non sono il prodotto della Resistenza, ma del fascismo. Fu il regime che nacque, si consolidò, produsse e allargò le divisioni, comprese le infami leggi razziali, come instrumentum regni. La Repubblica è stata, direi fin troppo, inclusiva e generosa. Democrazia vuole dire possibilità per tutti di partecipare e questo la Repubblica ha offerto e garantito. Vuol dire anche libertà di pensiero e di espressione, ugualmente sancita dalla Costituzione. Antifascista la Costituzione lo è da molti punti di vista. Non esisterebbe senza la sconfitta del fascismo. Nessuno dei diritti costituzionalmente sanciti e garantiti fu mai tale durante il fascismo. I fascisti non la votarono, non l’accettarono, la volevano (vogliono) cambiare.

Celebrare il 25 aprile può significare molto per il tipo di Paese, patria, che l’Italia è diventata e rimasta. Comunque, è la Repubblica democratica che ha promosso e ha, in misura ampia, ancorché, forse troppo, diseguale, facilitato lo sviluppo economico. Ha offerto opportunità. Ha voluto e saputo scegliere l’Europa, enorme spazio democratico libertà e diritti andando contro quel patriottismo fascista, di ieri e di oggi, che scivola sempre nel nazionalismo, inevitabilmente egoista quando non anche aggressivo.

Rimuovere, cancellare, degradare il 25 aprile è, anzitutto, uno sbrego alla storia italiana che nessun patriota dovrebbe mai permettersi. Non darò nessun colpo al cerchio e alla botte, nessuno dei fascisti potrà mai essere messo sullo stesso piano degli antifascisti, ma certo la riflessione e l’uso politico del 25 aprile continuano a essere controversi anche poiché troppi nei dintorni dell’antifascismo lo hanno ammantato di retorica invece di coglierne e evidenziarne le complessità spesso virtuose. Certamente ci furono vincitori e vinti. Lo spargimento di sangue dei vinti fu, in una comparazione comunque sgradevole, di gran lunga inferiore a quello che il regime aveva impunemente fatto dei suoi oppositori. Poi, nel quadro democratico-repubblicano ognuno ha potuto tessere la sua tela purché rispettasse regole e procedure.

Il riconoscimento che il 25 aprile continua a meritarsi è duplice: avere fatto rinascere la patria (quella alla quale aveva dato vita il Risorgimento, ampliandola) e avere introdotto la libertà per tutti, anche per gli oppositori. Prendiamo atto che i nemici del 25 aprile combattono più o meno consapevolmente contro la patria repubblicana, libera e democratica.



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