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La Cina in Eritrea per parlare del Corno d’Africa (e del modello anti-occidentale)

L’inviato speciale di Pechino incontra il presidente eritreo. La Cina ha un satellite nel Corno d’Africa e intende usarlo per interessi geostrategici e come modello per le relazioni bilaterali nell’ottica di una governance internazionale con caratteristiche cinesi

Il presidente eritreo, Isaias Afwerki, ha incontrato domenica mattina alla Denden Guest House l’ambasciatore Xue Bing, inviato speciale della Repubblica Popolare Cinese nel Corno d’Africa. La discussione si è incentrata sui progressi dei legami strategici tra i due Paesi e su “questioni regionali e internazionali di reciproca importanza”, dice il comunicato di Asmara, dove la differenza di rango tra il presidente locale l’inviato di Pechino è paradigmatica dell’atteggiamento di subordinazione vissuto dal Paese africano e dal suo leader – un atteggiamento riscontrabile anche nel paternalismo travestito da cooperazione win-win con cui Xi Jinping parlava delle relazioni sino-eritree in occasione dell’incontro nel maggio scorso.

Il capo di Stato eritreo ha detto che i forum e i meccanismi bilaterali e regionali sono fondamentali per ottenere risultati tangibili sulla pace e sulla sicurezza regionali, aggiungendo che entrambe le parti trarranno “dividendi” dalla stabilità e confermando la disponibilità dell’Eritrea ad ampliare la cooperazione. Il presidente Isaias ha inoltre annunciato la partecipazione del suo Paese al prossimo vertice del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac), che si terrà a settembre a Pechino.

Asmara sottolinea sempre pubblicamente il valore della pace regionale, in particolare “nel Corno d’Africa, nel Mar Rosso, nel bacino del Nilo e nel Golfo Arabico”, come scrive nel comunicato. Ma oltre che essere attore attivo in alcune delle dinamiche di scontro regionali (vedi la guerra nel Tigray), si appoggia alla Cina che non ha dimostrato per ora volontà di diventare provider per la sicurezza collettiva.

Un esempio di questo è la distanza con cui Pechino affronta la crisi nell’Indo Mediterraneo prodotta dalle destabilizzazioni guidate dagli Houthi: dalla base permanente di Gibuti, le navi cinesi continuano a compiere attività unilaterali e non sono interessati alla condivisione di un dossier che riguarda la geoeconomia globale, su cui missioni come quella europea Aspides sono attive per il bene comune (mentre la Cina pensa di poter risolvere secondo il modello di governance pragmatica degli affari internazionali, tramite accordi di transito presi direttamente con gli Houthi, anche se non si sa quanto possano essere affidabili e funzionali).

Dal canto suo, l’ambasciatore Xue Bing, sottolineando il ruolo vitale dell’Eritrea nella “promozione della pace e della stabilità” nella regione, ha espresso l’apprezzamento della Cina per l’indipendenza dell’Eritrea e per la sua politica estera di principio e non allineata. Per Pechino, l’atteggiamento di Asmara può essere un campione a cui dovrebbero fare riferimento sempre più Paesi, in modo poi da incassare successi nei rapporti bilaterali e nelle dinamiche che riguardano le strutture multilaterali. Per esempio, l’Eritrea è un Paese che difficilmente nelle votazioni onusiane non si allinea con la posizione cinese, e spesso russa.

Anche per questo è considerato come un punto di aggancio della geopolitica che Mosca e Pechino intendono giocare. Con la Russia che sta cercando di implementare la cooperazione militare nel tentativo di aprire una base che possa garantire appoggio e presenza fissa nel Mar Rosso e nel Corno d’Africa (luoghi di snodo indo-mediterranei in cui si muovono commerci e affari internazionali che travalicano il confine della regione).

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