Il segretario al Tesoro americano in Cina chiude la sua visita e torna a difendere le imprese occidentali dalla spietata concorrenza cinese, drogata a suon di sussidi. Ma questo non vuol dire non tentare la via del dialogo con Pechino. Anzi
Il metodo è sempre lo stesso, bastone e carota. Mano tesa da una parte, con l’altra ben pronta a difendere i propri interessi. La visita di Janet Yellen in Cina, iniziata lo scorso venerdì e prossima alla conclusione, ha ripreso un po’ il canovaccio della scorsa primavera, quando un plotone di grandi manager della finanza americana, Jamie Dimon in testa, si recò nel Dragone per costruire nuovi ponti tra prima e seconda economia globale. Al principio dell’estate 2023, fu poi proprio l’ex presidente della Federal Reserve a mettere piede nella Repubblica Popolare, in scia ai capitani di industria americani.
Ora è tempo di puntellare le relazioni che legano i due Paesi, ma tenendo ben presente che per gli Stati Uniti, così come un po’ per tutto l’Occidente, c’è un tema su cui lo spazio di manovra è ridotto. Ovvero la concorrenza sleale cinese, sotto forma di economia drogata di sussidi e per questo in grado di mettere in difficoltà le imprese, in primis, europee. Un gioco sporco contro il quale più volte sia Bruxelles, sia Washington, si sono scagliate (l’Europa ha messo sotto indagine la produzione cinese di auto elettriche, considerata quasi se non del tutto sleale). E ribadito anche dallo stesso segretario al Tesoro statunitense nel corso della sua trasferta, che ha visto in programma, tra gli altri, i faccia a faccia con il governatore della provincia del Guangdong Wang Weizhong, con il governatore della Banca centrale cinese Pan Gongsheng e, soprattutto, con il vice premier He Lifeng.
Nonostante i tentativi di distensione (lo scorso novembre i due presidenti Joe Biden e Xi Jinping si sono incontrati a San Francisco dopo un anno di gelo e pochi giorni fa si sono intrattenuti in una telefonata di 90 minuti a tutto campo), la temperatura resta alta. Anzi bollente. Il confronto continua a passare lungo il terreno insidioso e friabile dell’economia, con i due giganti che gareggiano in vista del primato mondiale. “Il sostegno diretto e indiretto del governo di Pechino al settore manifatturiero sta portando a una capacità produttiva che supera significativamente la domanda interna della Cina, così come supera ciò che il mercato globale può assorbire”, ha subito messo in chiaro Yellen.
Non è finita qui. ”L’eccesso di capacità, che può portare a grandi volumi di export a prezzi bassi: un rischio per la resilienza economica globale, anche in nuovi settori come i veicoli elettrici, le batterie e i prodotti a energia solare, minando i lavoratori e le imprese concorrenti negli Stati Uniti, in Messico e l’India. Credo che affrontare il problema dell’eccesso di capacità, e più in generale considerare riforme basate sul mercato, sia nell’interesse della Cina”, ha insistito la responsabile dell’economia americana.
Problema: secondo Pechino, nelle parole di Yellen c’è però anche una parte implicita, ossia che le regole da seguire sono quelle imposte dagli Stati Uniti e che magari loro stessi talvolta non applicano. Il riferimento è soprattutto ai sussidi. Ma per Washington la linea non cambia, la Cina tira colpi sotto la cintura e questo non va bene, tanto che nel corso di un incontro con la comunità imprenditoriale statunitense locale, la stessa Yellen ha ribadito ancora una volta che quelli del governo cinese all’industria sono troppo ingenti e “rischiano di creare un eccesso di beni che poi si riversano sui mercati globali” e danneggiano imprese e famiglie americane.
Ma poi c’è la consapevolezza che un dialogo tra due economie che governano il mondo e i suoi destini, deve per forza di cosa esserci. E qui Yellen ha dato prova di apertura alla Cina, nonostante le sanzioni imposta all’alleata Russia, sempre pronte a colpire anche le imprese del Dragone che mantengono rapporti con Mosca. “Credo che, nell’ultimo anno, abbiamo posto le nostre relazioni bilaterali su basi più stabili. Ciò non significa ignorare le nostre differenze o evitare conversazioni difficili. Ha significato comprendere che possiamo fare progressi solo se comunichiamo in modo diretto e aperto gli uni con gli altri: essendo le due maggiori economie al mondo, abbiamo il dovere di gestire in modo responsabile le nostre complesse relazioni, di cooperare e mostrare leadership sulle pressanti sfide globali”.
Il premier cinese Li Qiang ha espresso giocando di sponda l’auspicio che Washington e Pechino possano “essere partner e non avversari” e rilevando che gli utenti internet cinesi hanno seguito da vicino la visita dell’ex presidente della Federal Reserve sin dal suo arrivo giovedì notte a Guangzhou, il capoluogo del Guangdong: “una dimostrazione di aspettativa e speranza che le relazioni Cina-Stati Uniti continuino a migliorare”. Alla prossima.