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Contro la deriva plebiscitaria servono riforme, difesa comune e politica estera. Parla Picierno

Le nostre istituzioni e le nostre politiche devono essere attraversate da una profonda stagione di riforme. Reagire alle crisi, come abbiamo fatto più che degnamente, non basterà più. Il Pd ha liste equilibrate, rappresentative dei territori quanto delle esperienze civili e professionali. Da Meloni una deriva plebiscitaria e con i 5 Stelle per costruire l’alternativa serve uno sforzo maggiore. Conversazione con la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno

Una maggioranza a Bruxelles senza il blocco socialista “è il sogno di Meloni, ma un incubo per l’Europa”. La vicepresidente uscente del Parlamento Europeo, Pina Picierno ha le idee molto chiare. È stata proprio lei a sollevare il problema sulla composizione delle liste per le europee del Pd. Ora ha ottenuto, grazie alla sua capacità politica e alla sua esperienza maturata al vertice delle istituzioni comunitarie, un risultato fondamentale: “La preziosa esperienza della scorsa legislatura è stata riconosciuta”. Nella sua chiacchierata con Formiche.net traccia una rotta sulle priorità per il partito all’interno della famiglia politica socialista – il Pse – e delinea dalla sua prospettiva le priorità dell’Europa di domani.

Ora i leader dei principali partiti hanno ufficializzato la loro candidatura alle Europee. Come commenta questa scelta politica?

Resto convinta che ci si debba candidare per ricoprire una carica istituzionale. Non bisogna confondere la polarizzazione con la personalizzazione. La presidente del Consiglio solo pochi giorni fa ha invitato gli italiani a votare il proprio nome anagrafico. Non per una diversa idea d’Europa, né per il profilo del paese, tra i fondatori dell’Unione. Non un’idea chiara sulla politica estera e di difesa comune, non un’idea sulla competitività, non un’idea sulla sull’Europa sociale o sul partenariato Euromediterraneo. Solo una parola, Giorgia: un nome, neanche più un cognome, un programma. Si fa fatica a non chiamarla per quello che è, una deriva plebiscitaria.

La campagna elettorale per il momento si è concentrata poco sui temi e molto sulle persone. Come uscire da questo tunnel e soprattutto su quali temi puntare?

Noi abbiamo le idee chiare su quello che deve essere l’Unione del futuro, forti dell’esperienza di questi ultimi cinque anni. Le nostre istituzioni e le nostre politiche devono essere attraversate da una profonda stagione di riforme. Reagire alle crisi, come abbiamo fatto più che degnamente, non basterà più. Siamo immersi in un tempo in cui la competizione globale è feroce, in cui i conflitti minacciano le nostre democrazie, la nostra convivenza civile, in cui le marginalità sociali sono diventati abissi. Per tutto questo, serve un’Europa libera e forte. Il rapporto di Enrico Letta sul mercato unico e le anticipazioni del rapporto di Mario Draghi sulla competitività vanno in quel senso.

Un passaggio sulla composizione delle liste. Lei ha assunto una linea molto coraggiosa invitando a non sacrificare gli uscenti. Oggi, com’è la situazione nel Pd?

Abbiamo presentato liste equilibrate, rappresentative dei territori quanto delle esperienze civili e professionali. La preziosa esperienza della scorsa legislatura è stata riconosciuta. Il Partito Democratico è esattamente questo, una comunità che discute apertamente e liberamente prima di assumere decisioni. Noto che da altre parti si fa in maniera diversa, basta un comizio.

Come vede il ruolo dei dem all’interno della compagine del Pse?

Come sempre la misura del nostro ruolo si riconoscerà dalla capacità riformatrice. Dalla presidenza di David Sassoli alle politiche di bilancio, da Next Generation al sostegno all’Ucraina il nostro ruolo è stato fondamentale, riconosciuto non solo dalle delegazioni del Pse, ma da tutto il Parlamento.

Sarà possibile immaginare una maggioranza europea senza il vostro contributo, come sogna parte della destra?

È il sogno di Meloni, ma un incubo per l’Europa. Le grandi riforme hanno bisogno di un consenso largo, plurale. Il modello del premierato e dell’autonomia differenziata non funzionerà in Italia – se ne accorgeranno prima di quanto immagini – figurarsi in Europa. Il ruolo dei socialisti e democratici è stato sempre fondamentale in Europa, fin dalla sua nascita. Si mettano l’anima in pace, raccoglieremo consenso sufficiente per dimostrarlo nuovamente.

Le alleanze, alle Europee, si fanno dopo il voto. Ma, anche sul piano interno, come sono i rapporti con il Movimento 5 Stelle?

Con il Movimento 5 Stelle abbiamo significative collaborazioni, nelle autonomie locali quanto in Parlamento, su alcune importanti proposte, come il salario minimo ad esempio. È una strada che va perseguita con tenacia. Ma per costruire l’alternativa serve uno sforzo maggiore, non bastano modelli locali. Nei territori serve più ordine, più democrazia, regole chiare per la scelta dei candidati condivisi. Sulle prospettive nazionali ed europee invece serve un confronto aperto e libero sulle grandi scelte che saremo chiamati ad assumere. Su questo la penso come Veltroni, non importa quanto largo sia il campo, ma ciò che seminiamo.


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