L’intervento del presidente del Consiglio al convegno “Per un’Europa giovane. Transizione demografica, ambiente, futuro”. La spesa pubblica finalizzata a sostenere la natalità e gli aiuti alla famiglia è quella che più di tutte può e deve essere considerata un investimento di carattere produttivo. Alla base della denatalità, ci sono fattori “anche economici e sociali”, ha detto riferendosi alle “giovani generazioni che hanno paura del futuro”
Contro la glaciazione demografica e per un’Europa giovane. Non ci sono solo pil, manovre e alleanze internazionali alla base di un costrutto che, gioco forza, va immaginato oggi per l’Europa di domani, ma un elemento che non è secondario, né cornice rispetto ad altri che interessano la politica: la demografia. Lo ha sottolineato il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, in occasione del convegno “Per un’Europa giovane. Transizione demografica, ambiente, futuro“, promosso dal ministro per la famiglia Eugenia Roccella e alla presenza dei vertici europei, rappresentati da Dubravka Šuica, vicepresidente della Commissione europea, e da Helena Dalli, Commissaria europea per l’Uguaglianza. Utile momento di riflessione a più cervelli su come si intrecciano figli e famiglia comune europea. Il governo italiano per la natalità e le famiglie ha già messo sul piatto 2 miliardi e mezzo di investimenti diretti (più l’indotto).
Contro la glaciazione demografica
Il primo passo da compiere secondo il premier è quello che va nella direzione opposta alla glaciazione demografica: “Ne va del nostro futuro, che senza figli semplicemente non esiste, non è vero che mettere al mondo un bambino avrebbe compromesso libertà, sogni, carriera, in alcuni casi la bellezza, che quindi era una scelta che in fondo non era conveniente”. E allora perché i numeri ci consegnano un Paese in crisi demografica?
Il premier cerchia in rosso il nodo: alla base della denatalità vi sono vari fattori, anche economici e sociali, come quelli che impediscono alle giovani generazioni di creare rapidamente una famiglia, mentre invece “hanno paura del futuro e si tende ad aspettare la stabilità economica per mettere su famiglia ma spesso è tardi”. Per questa ragione sono fondamentali le politiche sul lavoro, sulla casa, sul sostegno.
“Credo che la spesa pubblica finalizzata a sostenere la natalità e gli aiuti alla famiglia è quella che più di tutte può e deve essere considerata un investimento di carattere produttivo, perché è un investimento sulla tenuta del nostro sistema sociale e della stessa nostra civiltà”. Qualsiasi politico serio, osserva, non può governare la sua nazione se non si pone il problema di cosa sta lasciando dopo di sé: “Ne va del nostro futuro, che senza figli semplicemente non esiste”.
Politiche per il futuro
Rivendica Meloni il fatto che tale materia sia una priorità assoluta del governo: “Per noi la sfida demografica, la sostenibilità economica a cui è connessa, rappresenta una delle principali sfide: non serve a niente gestire il presente se non si mette in sicurezza il futuro. Il governo ha la responsabilità di garantire un futuro alla propria nazione. Considero un cambio di passo fondamentale l’approccio con cui questo governo affronta queste tematiche rispetto al passato”. E spiega che è imprescindibile invertire la narrazione che per anni è stata fatta: “È stato detto per decenni che mettere al mondo un bambino avrebbe compromesso libertà, sogni, carriera, in alcuni casi la bellezza, che quindi era una scelta che in fondo non era conveniente”.
Attacca poi la tesi della decrescita che “non è mai felice e se la applichi alla natalità e alla demografia rischiando di compromettere qualsiasi futuro possibile di compromettere le fondamenta su cui si regge il nostro benessere”. Questo governo poteva assecondare questo pensiero dominante “e buttarci anche noi nel precipizio della glaciazione demografica oppure potevamo ribadire che il declino non è mai un destino, che è sempre una scelta. È una scelta che si può ribaltare, rimboccandosi le maniche”. E chiede di non cancellare la specificità di padre e madre.
I risultati del governo
Meloni punta l’indice sull’humus culturale, al fine di ribaltare la narrazione che ha consentito che questa materia non fosse considerata prioritaria in passato: “In un anno e mezzo abbiamo già all’attivo per la natalità e le famiglie 2 mld e mezzo di investimenti diretti più l’indotto degli interventi strutturali. Significa un totale di benefici netti per le famiglie italiane nel 2024 di oltre 16 mld euro. Abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare sul versante culturale perché a nulla servono e risorse se nella società non c’è un humus che è in grado di raccoglierle nel migliore dei modi”.
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