L’offensiva terrestre delle Idf verso il centro abitato sembra ormai inevitabile, con i rischi umanitari che ne conseguono. Intanto Hamas avanza una proposta, probabilmente destinata a cadere nel vuoto
Gli attacchi aerei dell’aviazione israeliana sulla città di Rafah si sono intensificati durante la notte, dopo la recente dichiarazione per cui un assalto terrestre alla città sarebbe oramai prossimo. Le forze israeliane hanno ripreso a bombardare anche le aree settentrionali e centrali della Striscia di Gaza, nonché la zona orientale di Khan Younis, nella parte meridionale. L’obiettivo dichiarato di Israele è distruggere Hamas, anche se non è chiaro come lo farebbe. Nel Nord, le forze israeliane hanno continuato a martellare Beit Lahiya, Beit Hanoun, Jabalia e Zeitoun, mentre alcuni residenti hanno affermato che i militanti di Hamas e della Jihad islamica stavano combattendo le forze di terra israeliane con razzi anticarro, bombe di mortaio e colpi di cecchino.
Il gabinetto di guerra del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è riunito “per discutere come distruggere le ultime vestigia, l’ultimo quarto dei battaglioni di Hamas, a Rafah e altrove”, ha dichiarato il portavoce del governo David Mencer, il quale però non si è esposto sul fatto che il consesso in questione potrebbe dare il via libera all’operazione di terra a Rafah.
L’annuncio dell’imminente offensiva terrestre (così come l’intensificarsi dei bombardamenti) su Rafah, l’ultimo rifugio per circa un milione di civili fuggiti dagli scontri avvenuti più a nord all’inizio della guerra, ha spinto alcuni di questi profughi a partire cercare rifugio altrove. “Abbiamo paura di ciò che accadrà a Rafah. Il livello di allerta è molto alto”, ha dichiarato a Reuters Ibrahim Khraishi, ambasciatore palestinese presso le Nazioni Unite, “Alcuni se ne stanno andando, hanno paura per le loro famiglie, ma dove possono andare? Non gli viene permesso di andare a nord e quindi sono confinati in un’area molto piccola”. Un alto funzionario della difesa israeliana ha dichiarato mercoledì che Israele era pronto a evacuare i civili prima dell’attacco a Rafah, e aveva acquistato quarantamila tende che potevano ospitare da dieci a dodici persone ciascuna. Mentre gli Stati Uniti hanno avviato la costruzione di un molo sulla costa della Striscia di Gaza per facilitare la consegna degli aiuti via mare, secondo il piano annunciato dal presidente Joe Biden poche settimane fa.
Nel frattempo, i colloqui sul cessate il fuoco sembrano essere ancora in stallo. Khalil al-Hayya, un alto funzionario politico di Hamas, ha dichiarato ad Associated Press che il gruppo militante islamico è disposto ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che deporrà le armi e si convertirà in un partito politico, ma solo se verrà istituito uno Stato palestinese indipendente lungo i confini precedenti al 1967. La proposta di disarmare è una concessione significativa da parte del gruppo militante. Tuttavia, è improbabile che Israele prenda in considerazione un simile scenario: il governo israeliano ha giurato di annientare Hamas dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre che hanno scatenato la guerra; inoltre, esso si oppone fermamente alla creazione di uno Stato palestinese sulle terre conquistate da Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
“Il governo del primo ministro Netanyahu si è dato l’obiettivo di distruggere le capacità militari e di governo di Hamas a Gaza, di liberare gli ostaggi e di garantire che Gaza non rappresenti una minaccia per Israele e per il resto del mondo civilizzato in futuro” ha dichiarato Ophir Falk, consigliere di politica estera di Netanyahu. “Questi obiettivi saranno raggiunti”.