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Cosa poteva fare il governo sul Def. La versione di Messori

​Non includere nel Documento di economia e finanza i saldi inclusivi di scostamenti e misure rischia di alimentare l’incertezza intorno ai conti pubblici e alla crescita. Ma su una cosa il governo ha ragione, il bonus per l’edilizia si è rivelato nefasto, ora non resta che attendere l’entrata in vigore delle nuove regole del Patto di stabilità. Intervista all’economista e docente della Luiss Marcello Messori

Per il ministro Giancarlo Giorgetti il Superbonus ha scombussolato i conti pubblici italiani. Anche Marcello Messori, economista e grande esperto di finanza statale, ha pochi dubbi in merito: una misura più distorsiva di questa era difficile pensarla. Ma guardando al Documento di economia e finanza appena licenziato dal governo, dice Messori, salta subito all’occhio un errore di valutazione. E cioè l’aver inserito solo i saldi tendenziali e non programmatici, quelli cioè che includono e contabilizzano eventuali scostamenti o manovre sui conti.

Il Def appena approvato dal Consiglio dei ministri contiene solo i saldi tendenziali e non programmatici, lasciando un alone di incertezza sulla futura manovra di bilancio. Come giudica tale scelta del governo?

Mi pare una scelta di breve termine che non è giustificata né dal quadro normativo europeo né dagli interessi del nostro Paese. Le nuove regole fiscali, approvate dal Consiglio europeo poco prima di Natale 2023 e affinate nel confronto con il Parlamento dell’Europa, sono ormai ben definite e stanno per essere varate. Ed è inoltre scontato che l’Italia, insieme a una decina di altri Paesi dell’Unione, sarà sottoposta a procedura per eccesso di deficit pubblico subito dopo le elezioni europee del prossimo giugno. Pertanto, la scelta governativa di presentare la dinamica tendenziale dei saldi di bilancio pubblico, senza tenere conto del fatto che vi sono ingenti impegni di spesa o di ridotte entrate per il 2024 privi di copertura dal 2025 in poi, implica rinviare tutti i problemi di gestione del bilancio pubblico all’autunno del 2024.

Il che suona come un problema. O no?

A quella data, per quanto poco stringenti a causa delle agevolazioni previste per un periodo temporaneo triennale, i nuovi vincoli europei richiederanno di aggiustare il deficit strutturale rispetto al Pil per almeno lo 0,3% annuale dal 2025 fino al 2027. Inoltre, sarà necessario sciogliere la seguente alternativa: decidere che, dal 2025, saranno azzerati gli impegni assunti dal governo per il 2024, a cominciare dalle riduzioni nel cuneo fiscale e dalle distorsive revisioni della tassazione. Oppure decidere che sarà reperita una copertura aggiuntiva di quasi un punto percentuale di Pil, poco meno di 19 miliardi di euro. Omettere le scelte programmatiche di politica economica significa nascondere tale problema fondamentale.

Qualcuno ha fatto notare come il contesto di grande incertezza geopolitica abbia influenzato tale scelta…

Secondo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, il governo non rivedrà le sue scelte di politica economica per il 2025 e per gli anni successivi mentre secondo le dichiarazioni del ministro dell’Economia, i saldi tendenziali dal 2025 in poi saranno rispettati. Ma, per rendere compatibili le due dichiarazioni, diventa fondamentale chiarire subito dove saranno reperite le risorse aggiuntive a copertura dei buchi di bilancio. Rimandare ogni decisione accresce l’incertezza in una situazione già molto incerta a causa dei drammatici problemi geo-politici e della stagnazione europea. Come sarà possibile ottenere il risultato dichiarato? Queste considerazioni mostrano che il governo italiano ha deciso di privilegiare un’ottica di brevissimo termine, sovradeterminata dalla scadenza elettorale, senza preoccuparsi di effettuare scelte di medio periodo.

Giorgetti ha più volte messo sotto accusa il Superbonus, reo di aver distrutto parte dei conti pubblici italiani. E le scorie, pare, impiegheranno anni per essere smaltite? Reputa corretta una simile preoccupazione?

Penso che il Superbonus, introdotto da governi precedenti ma assecondato anche dal governo attuale con svariate deroghe, sia stato uno strumento molto distorsivo perché ha alimentato flussi di spesa pubblica fuori controllo, ha aggravato gli squilibri distributivi e ha aperto la strada a comportamenti scorretti. Anche se è molto difficile offrire calcoli ben fondati, tale strumento ha comunque sostenuto il settore dell’edilizia e del suo ampio indotto e ha  contribuito alla crescita di breve termine dell’economia italiana negli anni passati che è stata superiore alla media europea.

Luci e ombre. Ma il danno sembra fatto.

Una delle ragioni che mi portano a ritenere troppo ottimistiche le previsioni governative rispetto alla futura dinamica del Pil risiede proprio nel probabile ripiegamento del settore delle costruzioni. E temo che gli investimenti, legati al Pnrr, non forniranno una compensazione sufficiente. Di una cosa sono comunque sicuro: l’ingente, anche se ancora non assestata spesa derivante dal Superbonus, avrebbe potuto essere allocata in investimenti e impegni molto più efficaci per sostenere la crescita di medio-lungo periodo dell’economia italiana.

Il debito pubblico potrebbe salire oltre i 3 mila miliardi nel 2025, sempre per colpa del Superbonus. Continuerà ad essere sostenibile? E c’è da aspettarsi comprensione da parte dei mercati?

Data l’incertezza riguardo alle scelte di politica economica che il governo Meloni deciderà di assumere dopo l’estate, non azzardo previsioni sulla dinamica del debito pubblico italiano. Certo è che, anche a causa di un tasso di crescita del Pil più basso di quello previsto, il peso del debito pubblico non potrà diminuire senza la cancellazione di una parte consistente degli impegni governativi. Inoltre, l’Italia dovrà concordare con le istituzioni europee gli aggiustamenti pluriennali dei suoi squilibri di bilancio.

Dunque?

Dunque fino a quando sarà possibile appigliarsi alle deroghe temporanee presenti nel quadro normativo europeo? E siamo sicuri che appellarsi a tali deroghe di breve termine sia una scelta positiva per aumentare il nostro potenziale di crescita nel medio-lungo termine?

La manovra 2025 partirà da una base di realismo e prudenza. L’obiettivo è confermare il taglio al cuneo fiscale e per farlo il governo è pronto a mettere mano alla spesa pubblica, forse anche alle pensioni. Crede che il gioco possa in qualche modo riuscire?

Come ho già cercato di sottolineare, non ho elementi per stabilire se la manovra 2025 partirà da una base di realismo e di prudenza. Il governo si è, infatti, sottratto dal definire i saldi programmatici e dallo specificare come potrà realizzare i saldi tendenziali posto che voglia confermare dopo il 2024 gli impegni di spesa aggiuntiva o di entrate ridotte che sta effettuando nell’anno corrente. Ribadisco: prendere tempo e alimentare l’incertezza è una scelta inefficiente sotto il profilo economico che rischia di pesare molto negativamente sul potenziale italiano di crescita nel lungo termine.

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