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Def, se l’attesa è meglio dell’incertezza. Scrive Paganetto

Oggi siamo di fronte a una serie di dati di cui è difficile stimare il valore. Prenderli in considerazione all’interno del Def appena presentato poteva determinare aspettative deluse poi dai fatti. Il commento di Luigi Paganetto, presidente della Fondazione Economia Tor Vergata

Il Consiglio dei ministri ha varato il Documento di economia e finanza di quest’anno indicando, come da aspettative i valori tendenziali di crescita, deficit e debito senza impegnarsi sullo scenario programmatico. Con ciò si conoscono le stime del governo sugli andamenti attesi per il 2024 delle grandezze fondamentali del debito (137,8%) e Pil ( 1%) che non sono molto differenti da quelli stimati dalla Commissione europea . Bankitalia ha fatto notare che la crescita del Pil passa dallo 0,6 % allo 0,9% se si conteggiano i quatto giorni lavorativi in più di quest’anno.

Ma non si sa come questi dati tendenziali si modificheranno per effetto degli interventi di governo che, in buona sostanza, sono quelli che danno la misura della manovra di bilancio che si realizza nei mesi successivi e che va approntata in autunno perché sia presentata per l’approvazione del Parlamento entro fine anno. Vengono in questo modo a mancare, pro tempore, a operatori e mercati, le linee di riferimento che servono di orientamento per le loro decisioni, che è la ragione sostanziale della regola della presentazione del Def entro il 10 aprile.

Manca, per il momento, nel documento approvato, per fare qualche esempio, una stima dell’effetto combinato sull’economia delle nuove regole fiscali, del rinnovo delle detrazione sul cuneo fiscale e dell’effetto del superbonus su deficit e debito. Ma è anche vero che, con l’entrata in vigore al 2025 delle nuove regole di stabilità non è oggi possibile sapere (e lo si saprà quando la Commissione esprimerà le sue valutazioni), quale sia il percorso di aggiustamento assegnato alla nostra economia.

Non bisogna dimenticare, soprattutto, che da regole basate sui saldi si passerà nel 2025 a regole sulla dinamica della spesa vista su un arco temporale di 4-7 anni. Non solo. Ma non si sa ancora quale sarà la distribuzione negli anni del gigantesco debito legato al superbonus perché solo a giugno Eurostat dovrebbe indicare come calcolarne l’incidenza sul 2024. Ne si conosce ancora come la Commissione utilizzerà le clausole che prevedono la possibilità di tener conto delle spese d’investimento del Pnrr, né come ci sarà richiesto di fronteggiare la procedura deficit eccessivo ,rispetto alla regola del 3%, che é fin d’oggi scontata.

E soprattutto, non si sa quale sarà l’esito della contrattazione con la Commissione sul percorso di aggiustamento da seguire nei 4-7 anni successivi.
Da qui il richiamo alla prudenza fatto dal ministro Giorgetti. Oggi siamo di fronte a una serie di dati di cui é difficile stimare il valore. Prenderli in considerazione all’interno del Def appena presentato poteva determinare aspettative deluse poi dai fatti. La scelta di indicare, in queste condizioni, lo scenario programmatico del governo avrebbe, con molta probabilità, aumentato l’incertezza delle aspettative di fronte ai fatti via via in svolgimento.
E si sa che se c’é un nemico indiscutibile dell’economia é proprio l’incertezza. Il rinvio delle scelte programmatiche ha un ulteriore risvolto perché fa aumentare l’attesa su alcuni grandi temi sui quali il governo è chiamato a decidere .

Il primo di essi è il piano di riduzione del debito che sarà certamente uno dei principali temi di confronto con l’Europa. Occorre un piano taglia debito credibile che non sia affidato ai decimali. Ma serve anche un piano per la sanità cui molto gioverebbe una verifica se si tratti di sola questione di spesa o, come ha detto il ministro Schillaci anche di tipo organizzativo a cominciare dal rapporto tra medicina d’urgenza e ricoveri ospedalieri.
Vedremo se il maggior tempo a disposizione del governo per decidere consentirà l’adozione di soluzioni convincenti.



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