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Def, la linea della vaghezza. L’opinione di Cangini

Era chiaro sin da settembre che con le nuove regole di bilancio e con un Pil che arranca la manovra economia dell’anno successivo sarebbe stata problematica per l’Italia e potenzialmente deflagrante per la maggioranza di governo. Nasce da una complessità contabile largamente annunciata l’ambiguità del Documento di economia e finanza licenziato oggi dal Consiglio dei ministri

Lo scorso settembre, riprendendo un appello della Fondazione Luigi Einaudi e dell’Istituto Bruno Leoni, Formiche.net segnalò al governo in generale e al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in particolare l’opportunità di procedere tempestivamente ad una seria revisione della spesa pubblica.

Era chiaro sin da allora che con le nuove regole di bilancio e con un Pil che arranca la manovra economia dell’anno successivo sarebbe stata problematica per l’Italia e potenzialmente deflagrante per la maggioranza di governo. Beh, ci siamo. Nasce, dunque, da una complessità contabile largamente annunciata l’ambiguità del Documento di economia e finanza (Def) licenziato oggi dal Consiglio dei ministri.

Un Def che, cosa inedita per un governo compiutamente in carica, si limita a tracciare un quadro tendenziale omettendo di avventurarsi sul piano macroeconomico specificando gli obiettivi di finanza pubblica. Un’anomalia che Carlo Cottarelli, sulla Stampa, ha così inquadrato: “Formalmente perché si va verso le nuove regole fiscali europee e, siccome l’Italia entrerà in procedura d’infrazione, il governo attende le indicazioni della Commissione europea: senza sapere di preciso quale sarà l’aggiustamento richiesto, è inutile prendere impegni. In sostanza, però, c’è la difficoltà dell’esecutivo a far quadrare i numeri, a spiegare contemporaneamente ai mercati come intende tenere deficit e debito sotto controllo e agli elettori come intende rifinanziare i tagli fiscali in scadenza, oltre alle altre promesse elettorali”.

L’economista si domanda quale sia la ragione che suggerisce al governo la linea della vaghezza. “Perché attendere? Forse perché, come ha notato qualcuno, siccome dal quadro programmatico non verranno fuori dei numeri particolarmente buoni per mantenere le promesse di ulteriori tagli di tasse, allora si vogliono ritardare le brutte notizie a dopo le elezioni europee”, è la sua risposta. A mettere in fila le misure fiscali adottate con la scorsa legge di bilancio e oggi rese incerte dalla mancanza di risorse ha pensato Federico Fubini sul Corriere.

Ecco l’elenco: “Il trasferimento a carico della fiscalità generale dei contributi per i redditi fino a 35 mila euro; l’accorpamento dei due scaglioni più bassi dell’Imposta sulle persone fisiche; la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività; la riduzione del costo del canone Rai di venti euro all’anno; il differimento di sei mesi della plastic tax e della sugar tax; l’azzeramento dei contributi previdenziali per le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato con due figli; il credito d’imposta per gli investimenti per la Zona economica speciale del Mezzogiorno; il rifinanziamento della legge Sabatini per gli investimenti delle imprese. Tutte queste misure hanno coperture finanziarie e sono legalmente in vigore solo per quest’anno”.

Misure che secondo l’ex presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Tesauro, costano almeno 19 miliardi. Miliardi che, oggi, il governo non saprebbe dove reperire. Un quadro di ristrettezze che di certo non faciliterà i rapporti tra i partiti della maggioranza dopo le Europee di giugno né giova all’immagine odierna dell’Italia.


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