Skip to main content

Erdogan va in Iraq per la sua via della seta

Era dal 2011 che il sultano mancava da Baghdad, ma adesso ha deciso di accelerare per due ragioni: una corsia preferenziale di merci fino al Mediterraneo, con un collegamento stradale e ferroviario che eviterà il Canale di Suez, passando per una collaborazione più intensa nella lotta contro i militanti curdi, mentre l’Iraq cerca di assicurarsi una quota maggiore di acqua dai fiumi Eufrate e Tigri. Nel mezzo la guerra a Gaza e il rapporto con i Paesi del golfo (e non solo)

La visita di Recep Tayyip Erdogan in Iraq dopo 13 anni ha una doppia valenza: da un lato punta a stringere i bulloni delle relazioni bilaterali, con particolare attenzione ad un nuovo progetto infrastrutturale come il collegamento tra Asia ed Europa per far arrivare moltissime merci nel mare nostrum; in secondo luogo, con la tappa a Irbil, la capitale del governo regionale del Kurdistan, intende dare un segnale all’occidente (e alla Nato) visitando l’entità semi-autonoma che controlla il nord dell’Iraq. Nel mezzo il paniere di temi assolutamente strategici come le aspettative nella lotta contro i terroristi del PKK, il tratto di strada comune che Baghdad e Ankara intendono compiere assieme verso dossier primari come l’Iran, la Cina, l’Ucraina e le relazioni con il golfo.

Qui Baghdad

Erdoğan parlando con Abdul Latif Rashid ha messo l’accento su un punto: l’Iraq deve liberarsi da ogni tipo di terrorismo. Una premessa fondamentale per aprire al rafforzamento delle relazioni turco-irachene, nonché per analizzare la guerra a Gaza e le questioni macro regionali. In questo senso si inserisce l’esigenza di ridefinire le relazioni tra Baghdad e il governo regionale curdo (KRG), l’entità semi-autonoma che governa le parti settentrionali dell’Iraq dove il gruppo terroristico PKK ha un punto d’appoggio operativo e politico. Secondo Erdogan sarebbe molto utile portare anche i turkmeni della regione nella “posizione che meritano”.

Nell’occasione è stato firmato un accordo su un approccio congiunto alle sfide alla sicurezza e un accordo strategico sull’approvvigionamento idrico. Pochi mesi fa Baghdad ha lanciato un progetto di sviluppo infrastrutturale da 17 miliardi di dollari, soprannominato “The Development Road”, che mira a trasformare l’Iraq in un hub di transito con l’obiettivo di connettere Asia ed Europa tramite un collegamento terrestre tra il porto di Grand Faw in Iraq a sud e la Turchia a nord, lungo 1.200 chilometri.

Via della seta in miniatura

Una sorta di via della seta in miniatura che Erdogan ha capito può assumere contorni geopolitici interessanti, se riflessa sulle nuove sfide di due continenti in perenne trasformazione.

Il gruppo AD Ports di Abu Dhabi ha stipulato un accordo con la Compagnia Generale per i Porti dell’Iraq (GCPI) per costituire una joint venture che sviluppi il Grande Porto di Al-Faw e la sua zona economica. L’accordo comprende anche il potenziale investimento, gestione e funzionamento di porti, zone economiche e relative infrastrutture in altre città dell’Iraq.

Il porto in questione è unico al mondo perché ha i frangiflutti più lunghi in assoluto e si trova sulla punta settentrionale del Golfo Persico vicino a Bassora. Inoltre il collegamento stradale e ferroviario eviterà il Canale di Suez. Il progetto è stato lanciato una decina di anni fa, ma ha subito notevoli ritardi, in parte a causa di finanziamenti e problemi politici. Il piano generale del porto prevede un massiccio insieme di terminali per container con una capacità totale di 99 milioni di tonnellate all’anno, oltre a un bacino di carenaggio e una base navale.

La prima parte del progetto è costruita dalla sudcoreana Daewoo E&C grazie ad un contratto da 2,7 miliardi di dollari mentre la seconda fase ancora da avviare comprende un’area industriale con una raffineria, un’acciaieria e altri servizi industriali. La fase tre comprenderà la nascita di Al Faw New City, con un centro commerciale, residenze, una scuola e moschee.

Scenari

In questo scenario Baghdad avrà necessità di una quota maggiore di acqua dai fiumi Tigri ed Eufrate, entrambi originari della Turchia, che costituiscono la principale fonte di acqua dolce in Iraq. Più in generale Erdogan con questa mossa intende costruire una nuova opportunità economica per i due Paesi in primis e anche per la regione, migliorando la cooperazione regionale e sviluppando il commercio dei due Paesi, ma non solo. Il secondo step è il progressivo miglioramento delle relazioni fra quei paesi “toccati” dalla mini via della seta erdoganiana, dal momento che la costruzione di questa lunghissima strada andrà a beneficio anche di milioni di cittadini fino al Golfo.


×

Iscriviti alla newsletter