La prima azione prescritta è quella di sostenere i partner africani nell’affrontare le cause profonde dell’instabilità, promuovendo al contempo un ciclo di crescita fondato sull’enorme potenziale del continente. Il riferimento è ad una transizione giusta e pulita e ad una crescita dell’accesso all’energia elettrica, offrendo soluzioni alternative alla migrazione irregolare. In sostanza un’accelerazione verso bisogni primari per tutti
Processo di Roma e Piano Mattei sono punti cardine della strategia del G7 sulle migrazioni. La ministeriale di Capri lo scrive espressamente nelle conclusioni e mette l’accento su un passaggio nevralgico quando osserva che combattere i trafficanti e sostenere lo sviluppo economico sono due azioni che vanno di pari passo. Da un lato dunque il “Processo di Roma” avviato nel luglio 2023 con una Conferenza internazionale su migrazione e sviluppo, dall’altro il Piano Mattei per l’Africa lanciato dall’Italia come nuovo strumento nelle mani delle istituzioni con un diverso approccio rispetto al passato.
Lotta ai trafficanti
Il piglio con cui affrontare sfollamenti forzati e migrazioni irregolari è quello dell’integrazione: ovvero secondo il G7 di Capri se l’approccio non sarà globale ed equilibrato, in uno spirito di responsabilità e impegno congiunti, in conformità con il diritto internazionale e nel pieno rispetto dei diritti umani, i risultati tarderanno ad arrivare. Per cui la prima azione prescritta è quella di sostenere i partner africani nell’affrontare le cause profonde dell’instabilità, promuovendo al contempo un ciclo di crescita fondato sull’enorme potenziale del continente. Il riferimento è ad una transizione giusta e pulita e ad una crescita dell’accesso all’energia elettrica, offrendo soluzioni alternative alla migrazione irregolare. In sostanza un’accelerazione verso bisogni primari per tutti, che impediscano alla radice le migrazioni. Ma come gestire gli altri fattori migratori?
Le tre direttrici di marcia
Nello specifico l’impegno del G7 si cementa attorno a tre azioni: un migliore sfruttamento e coordinamento dei finanziamenti per lo sviluppo e il clima; il sostegno agli Stati fragili e afflitti da conflitti; e il rafforzamento della capacità internazionale di affrontare il cambiamento climatico, i conflitti, la povertà di apprendimento e altri fattori che determinano la migrazione. Per realizzare questi obiettivi i paesi del G7 puntano a costruire sinergie tra le iniziative di tutti i partner e le istituzioni, al pari di un sostegno verso i paesi africani che ospitano un gran numero di sfollati.
Un’azione che, secondo il G7, va tarata anche su un altro grande filone apparentemente staccato, ma intimamente interconnesso alle migrazioni: il cambiamento climatico, vero e proprio moltiplicatore di rischio che ha già un forte impatto sulla mobilità umana. Per questa ragione andranno ricalibrate le misure di riduzione del rischio di catastrofi, adattamento e resilienza per contrastare le cause dello sfollamento involontario nel contesto del cambiamento climatico.
Gestire e amministrare
A Capri si è discusso anche di strategia, ovvero come amministrare i flussi, come immaginare vie di uscita che mettano al primo posto il valore e la salvaguardia della vita umana in un’ottica di accordi internazionali, senza lasciare campo libero alla criminalità organizzata che specula su problemi epocali. Una delle direttrici di marcia perseguite dal paper finale tocca la volontà di sconvolgere i modelli di business dei trafficanti. Ecco che, necessariamente, i paesi di origine, transito e destinazione devono lavorare insieme per fermare il traffico di migranti e la tratta di esseri umani e sostenere la dignità e il valore della persona umana, in linea con la Carta delle Nazioni Unite. Diminuire la migrazione irregolare significa favorire quella regolare, sicura e ordinata sulla base delle pertinenti normative nazionali sovrane.
In questo modo sarà possibile analizzare la migrazione nel quadro degli obblighi internazionali, nella consapevolezza che i percorsi di migrazione legale possono contribuire alla crescita economica e al lavoro dignitoso in linea con gli standard internazionali nei paesi di origine e di destinazione. Ecco che la stabilizzazione delle aree di crisi si lega alla lotta verso il fondamentalismo: solo in questo modo sarà possibile affrontare le cause profonde dei flussi migratori irregolari.