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Così prende vita l’Indo-Mediterraneo. La mappa di Talò

Di Francesco Maria Talò

Lavorare con l’India vuol dire affrontare in modo responsabile e intelligente una globalizzazione che non sarà più quella degli scorsi decenni. La priorità chiara devono essere i nostri interessi nazionali, puntando a diversificare le dipendenze economiche con alcuni partner prioritari, rilevanti per dimensioni e anche per affinità. La riflessione di Francesco Maria Talò, Ambasciatore, già rappresentante permanente d’Italia presso la Nato

Uno degli aspetti più interessanti da cui partire nell’esaminare il rapporto tra Italia e India sono le due visite compiute dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel 2023: questi incontri hanno segnato una svolta in un rapporto bilaterale che negli anni precedenti, a causa anche di alcune difficoltà, non era adeguato all’importanza dei due Paesi coinvolti. Ho avuto la fortuna di vivere questa svolta e il passaggio cruciale che si è verificato all’inizio del marzo 2023, con la partecipazione di Meloni al Foro del dialogo di Raisina.

La presidente del Consiglio è stata invitata a fare il principale intervento di apertura dell’importante conferenza che l’India ha fatto coincidere con il G20 dei ministri degli Esteri. È importante sottolineare alcuni aspetti di quel discorso, dal momento che è stata un’occasione per spiegare come la geopolitica, alla fine, detti gli interessi nazionali e ci porti a valorizzare determinati rapporti internazionali nei quali tali interessi possono, di fatto, essere comuni, e dunque portare a sinergie. In questo senso è importante riflettere sul rapporto con l’India, dal momento che viviamo un periodo ritenuto, da alcuni, di crisi della globalizzazione.

La globalizzazione, come è stata vissuta finora, è andata incontro a un ripensamento: ci eravamo in gran parte illusi pensando che questa avrebbe portato a un aumento generalizzato della ricchezza tra le nazioni e nelle nazioni. Pensavamo, inoltre, che avrebbe causato una crescita generalizzata della democrazia. Ma questo non si è verificato: c’è stato un effettivo aumento della ricchezza, ma più per alcuni che per altri; sono così aumentate le disuguaglianze tra le nazioni e nelle nazioni. E non ci sono stati effetti su ordinamenti politici autoritari. L’economia non può prevalere sulla politica se si ignorano valori e interessi nazionali.

Dall’altra parte, le interdipendenze sono un fatto oggettivo anche nell’economia così come nella sicurezza. Nel futuro continueremo a lavorare e commerciare in tutti i continenti, ma dovremo farlo in modo accorto e ragionato, privilegiando interlocutori come l’India rispetto ai quali ci sono maggiori comunanze di valori e, soprattutto, di interessi. In questo senso, aiuta la geopolitica, o meglio l’analisi della geografia, dottrina che del resto è sorella della storia. Meloni ha sottolineato, ad esempio, un concetto molto particolare: quello di peninsularità.

Italia e India sono due Paesi né continentali né insulari, ma con la caratteristica di essere parte di un continente con il quale condividono moltissimo (l’Europa per l’Italia e l’Asia per l’India). Allo stesso tempo, sono entrambi in gran parte circondati da mari e quindi proiettati verso il mondo attraverso una dimensione marittima, fondamentale quando si pensa che attraverso i mari circola la stragrande maggioranza del commercio internazionale (secondo l’Ocse circa il 90% dei beni viene trasportato sulle navi). Quindi Italia e India hanno un comune interesse: quello della libertà di navigazione.

Ciò che l’Italia sta facendo ora è garantire tale libertà nei chokepoint, ovvero nei “punti di soffocamento”, quelle strettoie critiche dei mari dove la libera circolazione delle merci può essere messa a repentaglio da attacchi di governi o di attori non statali. Questo ci fa pensare all’importanza del rapporto con l’India, con cui condividiamo mari che tra loro sono collegati: l’Italia è collocata al centro del Mediterraneo, mentre l’India è al centro dell’area dell’Indo-Pacifico, protagonista dello sviluppo dell’economia globale.

I due Stati sono tra loro collegati attraverso mar Rosso e canale di Suez, che è fondamentale tenere aperti alla navigazione: si sta quindi sviluppando il concetto di Indo-Mediterraneo, che in un certo senso potrebbe anche essere un’evoluzione dell’idea da noi a lungo sottolineata come prioritaria di Mediterraneo allargato. Soprattutto, un concetto di dimensione marittima che rappresenta una grande opportunità per il nostro Paese. Il Mediterraneo può davvero svolgere, con l’Italia avvantaggiata più di ogni altra nazione, la funzione strategica di “mare di mezzo”.

Mediterraneo che, pur essendo piccolo, collega i due più grandi bacini d’acqua del mondo (l’Atlantico e l’Indo-Pacifico). Ma perché ciò accada, bisogna che sia assicurata la libertà di navigazione: insomma la geografia ci offre un’opportunità storica, sta a noi preservarla garantendo la sicurezza, senza la quale non c’è benessere. Allo stesso tempo ci sono altre importanti opportunità di collegamento tra i due Paesi. Una vede Italia e India protagonisti nella connettività dei dati, grande fonte di ricchezza dell’economia digitale.

Al riguardo è cruciale il progetto di connettività Blue-Raman, che vede in prima linea un’azienda italiana (Sparkle del gruppo Tim) nella costruzione di un cavo a fibra ottica che connetterà India e Italia (e quindi il resto d’Europa). L’altro progetto di grande interesse è l’Imec (India-Middle East-Europe economic corridor) lanciato al vertice G20 di Nuova Delhi il 10 settembre del 2023, che vede l’Italia tra i suoi Paesi fondatori: si tratta di un corridoio che, partendo dall’India, arriverà nei Paesi del Golfo e attraverserà la penisola arabica giungendo in Israele, per poi passare per il Mediterraneo e utilizzare l’Italia come ponte verso il resto dell’Unione europea.

L’Italia ha quindi un ruolo cruciale come approdo europeo, mentre l’India si colloca come altro terminale di Imec, avendo nel mezzo i Paesi del Medio Oriente, come quelli della penisola arabica e Israele, che in questo momento stanno vivendo una crisi gravissima. La prospettiva di una crescita comune può aiutare la soluzione della crisi. Si potrebbe profilare il sogno di Peres di una “start up region”, avendo l’Italia e l’India come interessati partner di un Medio Oriente che guarda all’Europa e all’Indo-Pacifico per uno sviluppo al momento lontano dalle immagini di distruzione che ci arrivano.

Ecco dunque che lavorare con l’India vuol dire affrontare in modo responsabile e intelligente una globalizzazione che non sarà più quella degli scorsi decenni. La priorità chiara devono essere i nostri interessi nazionali, puntando a diversificare le dipendenze economiche con alcuni partner prioritari, come l’India, rilevanti per dimensioni e anche per affinità.

Formiche 201


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