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Contro la manipolazione dell’elettorato, lo Stato diventa intelligente

Non solo la percezione storica e il racconto dell’attualità dei Paesi meno democratici rischiano di essere appannaggio dell’intelligenza artificiale: le democrazie sono messe a rischio fin nei processi elettorali dall’invasione dei deep fake, nell’anno in cui più di quattro miliardi di persone vanno a votare. Ecco perché i colossi dell’intelligenza artificiale, come Microsoft e Google, si coalizzano per la prima volta contro le immagini, voci e video falsi che ormai chiunque può creare a poco prezzo con un’app. Il commento della giornalista Barbara Carfagna

Gli Stati nel mondo cambiano veste, ruolo e rapporti di forza man mano che si introduce l’intelligenza artificiale. In Italia siamo agli albori, con l’IA che fa capolino nella Pubblica amministrazione (dopo l’Inps e l’Agenzia delle entrate, anche la Consob utilizzerà sistemi di IA per scovare forme di insider trading). Il calcolo entra nel sistema, l’intelligenza artificiale diventa infrastruttura della governance pubblica e l’apparato diventa più efficiente. A uno Stato efficiente, senza lentezze, competitivo, che stana i nullafacenti, gli evasori, gli appalti inutili e che potrebbe riprendere un suo primato nell’economia e nella vita dei cittadini, l’Italia non è abituata. Cosa accadrà in pochi anni?

Il processo stravolgerà non solo la politica, ma la nostra intera società: è indispensabile chiedere trasparenza per verificare etica e valori dei sistemi adottati. Altrove nel mondo l’IA è già entrata nella società e l’ha ricostruita: basti pensare a quei Paesi che, grazie alla tecnologia, hanno fatto il cosiddetto leapfrogging (salto della rana), entrando nell’iperstoria. Viviamo più epoche contemporaneamente.

A seconda del livello di digitalizzazione delle società si vive nella preistoria (le tribù non ancora alfabetizzate che tramandano la tradizione in maniera biologica, per via orale, come in alcune aree dell’Amazzonia), nella storia (i popoli alfabetizzati che registrano il presente tramite scrittura per un consumo futuro, ma che non dipendono dal digitale) o nell’iperstoria, un termine creato dal filosofo Luciano Floridi per indicare le società che vedono una relazione simbiotica tra le Ict e la loro prosperità, incluso il benessere individuale di chi le abita.

Le infrastrutture critiche, in queste società, dipendono dal digitale e un attacco informatico serio potrebbe metterne in ginocchio pezzi importanti. Noi europei siamo tra quelli che vivono il tramonto dell’era storica, mentre in altre aree del mondo si intravede la “normalità iperstorica”. Singapore è arrivata per prima dopo l’introduzione, nel 2016, del Govtech (una start up digitale che affianca al governo politico un supercomputer e algoritmi governativi). Il potere del presidente è integrato da un copilota: se, per caso, egli volesse prendere una decisione contraria al benessere della nazione, il supercomputer lo impedirebbe.

In Corea del Sud, invece, un continente digitale si sta aggiungendo alla penisola. Seul è la prima città a voler creare un metaverso per la Pubblica amministrazione e la Corea è la prima nazione a progettare una politica per il metaverso: un piano che, in quattro anni, aggiungerà una nuova dimensione aumentata e virtuale alla capitale, predisposta grazie al suo gemello digitale a essere inscindibile dall’ambiente immersivo. Gli impiegati lavoreranno in forma di avatar e già sanno che, pochi anni dopo, verranno sostituiti dall’intelligenza artificiale.

Ma dove si vede un progetto che, oltre a costruire il futuro, va anche a ricostruire il passato – quindi, oltre la politica, anche l’identità della nazione – è in Arabia Saudita: qui a stabilire la governance dei dati e dell’intelligenza artificiale ci pensa Sdaia, (Saudi authority for data and artificial intelligence), che fa capo direttamente a Bin Salman e ha come obiettivo “il posizionamento del Regno come leader globale nella lega d’élite delle economie basate sui dati”. Per farlo partono dalle fondamenta. “Saudipedia”, infatti, è la nuova piattaforma ispirata a Wikipedia e presentata come archivio della conoscenza, centralizzazione delle informazioni e organo di diffusione in tutte le lingue di storia, geografia, politica, cultura ed economia del Regno: 58mila articoli saranno la base in dati delle produzioni dei contenuti storici del Giga project del Regno (documentari, serie Tv e film).

L’obiettivo è accompagnare la visione 2030 del principe con un sistema di gestione delle informazioni (intese sia come dati sia come informazione giornalistica) all’altezza dell’era dell’IA. Non solo la percezione storica e il racconto dell’attualità dei Paesi meno democratici rischiano di essere appannaggio dell’intelligenza artificiale: le democrazie sono messe a rischio fin nei processi elettorali dall’invasione dei deep fake, nell’anno in cui più di quattro miliardi di persone vanno a votare. Per questo motivo i colossi dell’intelligenza artificiale, per la prima volta, si coalizzano: contro le immagini, voci e video falsi che ormai chiunque può creare a poco prezzo con un’app.

Le big tech si stanno mettendo d’accordo per alzare un muro tecnologico che scoraggi i tentativi di manipolazione dell’elettorato. Al C2pa – questo il nome dello Standard coalition two provenance and authenticity – hanno aderito Microsoft, OpenAI, Sony, Bbc, Google e New York Times, ed è stato proposto ora alla Rai. Consente di certificare le sorgenti e la storia di un contenuto digitale, sia creato con l’IA sia con metodi tradizionali. Prevede una “firma digitale” dei contenuti, metadati che indicano chi, dove e come ha fatto nascere l’immagine, una “busta digitale” firmata dall’azienda produttrice (il timbro in ceralacca delle lettere antiche) e una filigrana come quella delle banconote, detta watermark.

Lo standard non assicura che il contenuto sia vero ma solo la sua paternità. Difficile pensare che verrà utilizzato da Paesi come Iran o Cina, e tantomeno dai malintenzionati. Restano scettici sulla necessità e l’efficacia del watermark molti accademici ed esperti di cyber-security, per i quali il sistema è facilmente hackerabile. Non è certo la panacea di tutti i mali ma è un primo passo nella giusta direzione.

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