Per William Wechsler, direttore dei Middle East Programms dell’Atlantic Council, l’Iran sta spostando gli equilibri dello status quo, ma Israele dovrebbe concentrarsi prima su Hamas, sul controllo della Striscia evitando altre vittime civili. Successivamente, con gli Usa, su un cambio di approccio verso Teheran — che non cambierà comportamento a meno che non cambierà il regime
Secondo il ministro della Difesa Yoav Gallant, non ci sono scelte: Israele deve reagire all’attacco iraniano. È il suo essere “senza precedenti” che impone allo Stato ebraico una reazione per non sembrare debole, per non crearlo un precedente, per non dare l’idea al nemico numero uno che può permettersi certe azioni. È anche il mancato preavviso, di cui ha parlato anche l’amministrazione Biden, che significa che l’Iran voleva colpire con serietà (non simbolicamente). Gallant lo ha spiegato – stando all’iper informato Barak Ravid – al capo del Pentagono, Lloyd Austin, parte del governo che guida lo sforzo diplomatico per evitare questa reazione.
Il rischio è una spirale incontrollata: Israele ha colpito l’edificio consolare dell’ambasciata iraniana a Damasco, Teheran ha reagito perché è stato un attacco in tempo di pace avvenuto sul proprio territorio sovrano e ha colpito per la prima volta direttamente lo stato ebraico, che adesso vuole contrattaccare – nonostante Joe Biden e il suo team di segretari più vicini siano stati più che espliciti: non fatelo, non vogliamo escalation, godetevi la superiorità tecnica e militare dimostrata nell’abbattere quasi tutti i missili e droni lanciati dall’Iran (“Avete vinto. Tenetevi la vittoria”, dice la Casa Bianca).
Questo nuovo attacco israeliano non lo vuole nessuno, ma è molto probabile che ci sarà, anche perché il governo Netanyahu ha bisogno di ossigeno, e come prevedeva Giuseppe Dentice (CeSI) lo spostamento del conflitto dalla Striscia di Gaza a verso l’Iran è anche un’opportunità politica per il primo ministro israeliano.
Le voci circolate ieri – tramite il Wall Street Journal, che in questo momento deve avere ottimi accessi alle informazioni da Gerusalemme – parlavano della possibilità che la risposta arrivasse in tempi brevissimi. Ma Israele avrebbe frenato nella pianificazione perché il governo vorrebbe allargare le informazioni al gabinetto di guerra all’opposizione, ma serve una security clearence aggiornata e richiede un pochino di tempo in più.
Intanto, come prima conseguenza dell’attacco iraniano, sarebbero stati rallentanti anche i piani per l’invasione di terra di Rafah, considerata l’ultimo baluardo nella Striscia in mano a Hamas. Questo passaggio dell’invasione su larga scala dell’enclave palestinese – passaggio che Washington sta dicendo pubblicamente di non volere – potrebbe complicare la situazione ulteriormente adesso, momento tesissimo (e distogliere parte della attenzioni militari israeliane).
Stabilire un precedente per attaccare direttamente Israele dal suolo iraniano, scoraggiare gli Stati arabi dal normalizzare le relazioni con Israele, ottenendo la protezione dalla Russia e dalla Cina al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è stato l’obiettivo dell’Iran secondo l’analisi di William Wechsler, direttore dei Middle East Programms dell’Atlantic Council.
“L’Iran sta quindi seguendo un playbook che ha affinato per decenni: sperimentare una nuova serie di azioni maligne, valutare la risposta degli avversari e, se tali risposte sono ritenute minime o temporanee, stabilire tali azioni come una nuova normalità che poi viene accettata implicitamente”, spiega, evidenziando come la volontà dell’Iran di intensificare gradualmente le azioni e testare i confini delle reazioni per stabilire un nuovo perimetro dello status quo.
È a questo contesto che si lega la linea dettata da Gallant. Secondo Wechsler, “né Israele né gli Stati Uniti dovrebbero permettere all’Iran di raggiungere gli obiettivi delineati sopra, ma gli appelli per una campagna militare immediata sul territorio iraniano sono tanto sconsiderati quanto incauti”. Per l’esperto dell’Atlantic Council, Israele dovrebbe concentrarsi su Hamas, debellarlo definitivamente ma collaborando con gli Usa per evitare ulteriore vittime civili, e ristabilendo un’amministrazione sicura nella Striscia – “anche se continua imperterrito la sua guerra tra le guerre”, quella con l’Iran.
“Inoltre, Teheran subirebbe una battuta d’arresto strategica ancora più devastante se Israele, dopo aver raggiunto i suoi obiettivi militari contro Hamas, fosse in grado di fare appello al coraggio politico e alla saggezza strategica per accettare il principio proposto dagli Stati Uniti di un percorso irreversibile e limitato nel tempo verso uno Stato palestinese, avviare negoziati in buona fede su come rendere operativi tali termini e, nel frattempo, normalizzare le relazioni con un’Arabia Saudita che ha rafforzato le sue relazioni di sicurezza con gli Stati Uniti. L’amministrazione Biden spinge ambiziosamente verso questo scenario da oltre un anno, riconoscendo che realizzarlo cambierebbe radicalmente la geopolitica della regione, tutto a scapito strategico di Teheran e della sua rete di violenti negazionisti”.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, invece, “dovrebbero accettare che il comportamento maligno dell’Iran non cesserà finché non lo farà il regime stesso […] la migliore strategia statunitense a lungo termine contro Teheran sarebbe quella che mira a questa intrinseca debolezza del regime”. “Per troppo tempo — continua — l’Iran è stato in grado di attaccare gli americani con una relativa impunità, facendolo attraverso dei ritagli di tempo e conducendo questi attacchi in modo tale da potersi aspettare che venissero sventati con successo o che causassero solo vittime minori”. Gli Stati Uniti, per l’esperto, dovrebbero anche espandere i loro attacchi contro la leadership Houthi nello Yemen e stabilire una nuova dottrina per ritenere l’Iran direttamente responsabile degli attacchi delle milizie connesse ai Pasdaran. E successivamente concentrarsi sul cambiamento di regime a lungo termine in Iran attraverso sanzioni, azioni segrete e sostegno ai gruppi di opposizione iraniani.
La situazione attuale ha anche riacceso le discussioni tra Usa e Israele sugli sforzi per stabilire una coalizione internazionale e regionale contro l’Iran. Austin ha informato Gallant sulle sue consultazioni con partner e alleati “per rafforzare la determinazione internazionale di fronte all’aggressione iraniana”, ha detto il Pentagono. Gallant ha detto ad Austin che c’è l’opportunità di stabilire “un’alleanza strategica per contrastare la minaccia rappresentata dall’Iran”. Ma intanto, tra poche ore potrebbe esserci da gestire una contro-contro reazione iraniana.