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Cento miliardi per Kyiv, così la Nato si prepara alla retromarcia di Trump. Parla Balfour

“Dare garanzie all’Ucraina con una prospettiva pluriennale significa riconoscere che la situazione della guerra in questa fase non è a suo favore e che è possibile un’offensiva russa nelle prossime settimane: la guerra durerà a lungo”. Conversazione con la direttrice del Carnegie Europe, Rosa Balfour

“L’intenzione è di mettere il processo di sostegno euroatlantico a Kyiv sotto una gestione Nato e non sotto una gestione americana che magari tra un anno, con Donald Trump alla Casa Bianca, non ci sarà più”. Lo dice a Formiche.net Rosa Balfour, direttrice del Carnegie Europe, che in occasione del vertice con i rappresentanti dei Paesi dell’Alleanza a Bruxelles, analizza le possibili iniziative euroatlantiche sulle necessità dell’Ucraina, come il cosiddetto Recovery fund, le dinamiche del nuovo sostegno per garantire al Paese un’assistenza di sicurezza affidabile e programmata a lungo termine e i possibili intrecci con chi potrà succedere a Joe Biden alla Casa Bianca.

Il fondo Nato da 100 miliardi per Kyiv promesso da Jens Stoltenberg (in scadenza) è lo strumento che davvero serve all’Ucraina?

L’idea è di dare delle garanzie all’Ucraina tramite un impegno di lungo periodo, sostenibile e non soggetto a cambiamenti politici: quindi sostanzialmente è una risposta a quello che sta accadendo negli Stati Uniti che non riesce ad approvare il pacchetto di aiuti. La conseguenza della mancanza di fornitura di munizioni si ritrova in una situazione sul terreno ucraino molto preoccupante. Per cui l’obiettivo Nato è quello di cercare di dare garanzie su un impegno pluriennale e non soltanto di sei mesi. In secondo luogo questa proposta che verrà discussa durante il vertice ministeriale si lega allo sforzo dell’Amministrazione Biden che vuole dare stabilità al rapporto transatlantico, sia da un punto di vista economico, sia da un punto di vista della sicurezza.

Anche con un orizzonte post-elettorale?

Sì. Dare garanzie all’Ucraina con una prospettiva pluriennale significa riconoscere che la situazione della guerra in questa fase non è a favore dell’Ucraina e che è possibile un’offensiva russa nelle prossime settimane: quindi la guerra durerà a lungo.

Crede sia una risposta diplomatica per bilanciare la proposta di Emmanuel Macron di far intervenire i soldati dell’alleanza?

Personalmente la proposta di Macron la interpreto in maniera diversa: secondo me voleva dare due segnali. Il primo è il segnale che sta dando, in maniera abbastanza sistematica, dal maggio dell’anno scorso, quando fece il discorso di Bratislava in cui disse che bisognava allargare l’Unione europea per motivi geopolitici: ovvero l’Ucraina non deve diventare soltanto membro dell’Unione europea ma anche membro della Nato. Fece quel discorso a Bratislava proprio perché voleva cambiare un rapporto diplomatico con l’Europa centrale che, da anni, era basato sul mutuo sospetto e quindi quello che voleva dire era che la Francia ha capito che l’Europa centrale aveva ragione per quanto riguarda la minaccia russa alla sicurezza europea. Per cui oggi bisogna ragionare sulla sicurezza europea in maniera diversa rispetto al passato. Si tratta di un momento di allontanamento dalla posizione francese precedente al 2022, in cui Macron diceva che l’architettura di sicurezza europea doveva includere la Russia. Dopodiché l’annuncio che ha fatto di recente sulle truppe io lo interpreto come un messaggio che gli analisti chiamano di “ambiguità strategica”. La Nato quindi ha operato una politica estremamente cauta e fino ad ora il coordinamento degli aiuti militari è stato fatto attraverso gli Stati Uniti con il gruppo di Ramstein.

Prevedere una misura lunga cinque anni servirebbe ad evitare che l’Ucraina resti senza fondi in caso di vittoria di Donald Trump?

Se dovesse vincere le elezioni ci sarebbe grande incertezza e lui ha già dichiarato che vorrebbe fare un accordo di pace con Putin. Il motivo per cui il Congresso non riesce ad approvare gli aiuti militari per l’Ucraina è che Donald Trump riesce a controllarne un gruppo, ma già sappiamo che il magnate è una mina vagante per l’Ucraina, quindi l’intenzione è di mettere il processo di sostegno euroatlantico a Kyiv sotto una gestione Nato e non sotto una gestione americana che magari, tra un anno, sarà diversa.

Il ministro dgli Esteri, Antonio Tajani, ha detto: “È ovvio che siamo tutti favorevoli all’indipendenza dell’Ucraina e a difendere il diritto internazionale. Noi continueremo a farlo, ricordando che non invieremo un soldato a combattere perché non siamo in guerra con la Russia”. Che ne pensa?

Ci troviamo in un periodo in cui i leader politici e i governi devono gestire una serie di situazioni contingenti complicate. La prima è che effettivamente la situazione militare sul terreno è a favore della Russia. Mosca è riuscita a trasformare la sua economia in un’economia di guerra: tutte cose che possono costituire una minaccia diretta al territorio della Nato e dell’Unione europea. Significa che gli europei dovranno spendere molto di più per la sicurezza e per la difesa, significa che non si è ancora trovato un accordo su come finanziare un potenziamento della difesa e della sicurezza europea. Non si sa neanche se bilateralmente l’obiettivo del 2% verrà centrato. Per cui vanno trovati degli strumenti finanziari sul commissario per la difesa.

Sul punto sono sorti molteplici dibattiti: ma non c’è ancora un accordo politico sulla direzione da seguire?

No e nel frattempo il tema della difesa per i cittadini europei non è un qualcosa su cui sono disposti o abituati a spendere, perché in linea teorica preferirebbero che si spenda sull’istruzione, sulla salute e sulle pensioni. Siamo alla vigilia delle elezioni europee, quindi i nostri leader politici da una parte devono rendere consapevole il pubblico europeo che in effetti ci troviamo in una situazione di minaccia, non solo alle nostre democrazie, ma anche di potenziale minaccia territoriale, che sia ibrida o meno. E al tempo stesso gli europei che vanno a morire per il proprio Paese è ormai un’icona datata, si tratta di una proposta impensabile. Dal momento che gli elettori italiani non sono particolarmente convinti della necessità di sostenere l’Ucraina, vista la presenza di una pluralità di opinione contro l’invio di sostegno militare al Paese serve inviare un messaggio rassicurante su questo fronte, ma al tempo stesso rimanere al centro dell’alleanza transatlantica che è impegnata a sostenere l’Ucraina. Inoltre tali messaggi devono essere molto specifici sul modo in cui la Russia è una minaccia, perché evidentemente un problema elettorale viene da Marine Le Pen e dal RN che ha rapporti storici con la Russia. Ad essere gentili, sono ambivalenti rispetto alla Russia.


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