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La Lega in quarant’anni di storia. L’affresco di Ippolito

La Lega è un fenomeno unico e ragguardevole della storia dell’Italia repubblicana: testimonia nello spazio pubblico un sentire profondo, esistente e specifico, e il suo destino politico è sicuramente quello di veicolare anche nel futuro una peculiare variante originale dell’eterna anti-sinistra. La riflessione di Benedetto Ippolito

Un quarantennale, per un partito politico italiano, rappresenta sicuramente un’impresa, un traguardo insperato. Questo fatto è dovuto ad una peculiarità che distingue la storia del nostro Paese dalla gran parte delle altre biografie collettive.

In Italia, negli anni ’90 del secolo scorso, lo si ricorderà, tutti partiti del dopoguerra sono stati spazzati via da un vento di delegittimazione estremista, causato dalle inchieste di Mani Pulite, alimentate dai media, che ha annullato e condannato i pochi sopravvissuti alla lacerante sciarada del cambiar pelle.

Da queste ceneri è venuto progressivamente creandosi il panorama articolato che conosciamo oggi. Ed è attraverso una tale ordalia che la Lega non solo si è mantenuta in vita, ma si è affermata come forza politica di rottura, solida e rilevante.

Insomma, non sembra vero, ma la Lega compie già 40 anni. Il 12 aprile 1984, difatti, in uno studio notarile di Varese, si originava la prima Lega Autonomista Lombarda, incubatrice della futura Lega Nord, da cui a sua volta è venuto alla luce l’attuale partito guidato da Matteo Salvini.

Il fondatore e capo indiscusso, fino al 2012, è stato Umberto Bossi, una guida istrionica, carismatica, indubbiamente anomala per il mondo di allora, che ha saputo con forza straordinaria e fiuto geniale sostenere e comunicare un modo diverso di fare politica, idee originali e financo rivoluzionarie, divenendo tra la fine del secolo e l’inizio del millennio ago della bilancia dello scacchiere politico parlamentare.

Certo, la vicenda della Lega è passata attraverso molte fasi, alti e bassi, sviluppi altalenanti. Dal movimentismo autonomista e locale, prima del 1994, all’apoteosi dell’era bossiana, per giungere alla rifondazione, avvenuta, dopo la breve reggenza alla segreteria di Roberto Maroni, il 7 dicembre del 2013 con la vittoria schiacciante alle primarie di Salvini.

La tipicità di questo movimento politico, giunto nel 2019 al 34% dei consensi, non è stato soltanto aver espresso eccezionali amministratori, ma aver creato un punto di vista politico del tutto originale e differente rispetto a Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Il fatto che la Lega sia passata da una prima fase, nella quale le idee federaliste di Gianfranco Miglio costituivano l’unico parametro intellettuale di riferimento, culminato in seguito con l’utopia secessionista e la devoluzione, ad una seconda, nella quale l’accento si è spostato sull’idea tutta salviniana di un’aspirazione nazionale da costruire, non deve disorientare.

L’ispirazione specifica di fondo del movimento è sostanzialmente la stessa, essendo, con il passare del tempo, mutato piuttosto il mondo circostante.

Il paradigma metapolitico di base della Lega si è mantenuto intatto, fenomeno, per altro, analogo a quello degli altri partiti dell’attuale maggioranza di Governo. Se in Fratelli d’Italia invero vi è una tradizione culturale essenzialmente focalizzata sulla centralità dello Stato come nazione e se in Forza Italia, nonostante l’assenza incolmabile di Silvio Berlusconi, vi è un progetto costruito attorno alla persona e alla libertà individuale, nella Lega il fondamento di tutto è stato e resta la comunità concreta e determinata, i suoi bisogni, le sue paure, le sue necessità esistenziali e religiose.

È vero che la comunicazione di Salvini è diretta essenzialmente ai ceti produttivi del nord, ma la vera anima del partito, operaistica e popolare, è sostenuta da legami fortemente identitari e radicalmente incarnati nella territorialità di vita dei suoi militanti ed elettori.

D’altronde, il concetto di comunità, che deriva dalla greca polìs e dalla corrispettiva koinonìa politiké, non è mai convertibile in quello simile ma diverso della civitas romana o della persona in senso cristiano. Comunità vuol dire società naturale di appartenenza, radicamento nel luogo, identità pre-politica e soggettività sociale concreta da affermare e liberare da oppressioni remote, potenti e minacciose.

Dopodiché, si può certamente parlare di una visione nazionale, perfino europea, e perciò non soltanto locale, ma non intendendo tale dimensione prospettica come alto luogo istituzionale rappresentativo, ma come sostrato omogeneo permanente su cui esclusivamente può fiorire dal basso la democrazia reale, emanazione visibile della legge naturale.

La filosofia di Miglio, imperniata su una concezione meramente federale, non limitatamente autonomista (l’autonoma è concessa, mentre il federalismo è sovrano), è perciò la cerniera ideale di ogni ragionamento e valutazione, persuasione che avvicina la Lega ad alcuni movimenti europei di destra, ma non al tipo di conservatorismo statale e liberale che ispira altre diverse declinazioni.

Vista in questa ottica, la Lega è chiaramente un fenomeno unico e ragguardevole della storia dell’Italia repubblicana: testimonia nello spazio pubblico un sentire profondo, esistente e specifico, e il suo destino politico è sicuramente quello di veicolare anche nel futuro una peculiare variante originale dell’eterna anti-sinistra.

Per i suoi 40 anni, in definitiva, non resta allora che fare gli auguri a questo partito, entrato ormai nella sua seconda età, auspicando che sia proverbialmente caratterizzata da maggiore esperienza e da più consapevole lungimiranza.

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