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Le rotte della connettività del G7 passano dall’Imec e dal Middle Corridor

Il G7 Trasporti ha discusso del valore della connettività come elemento condiviso per la prosperità collettiva. Fattore di consapevolezza comune, la differenziazione delle rotte. Tra queste, emerge l’Imec (su cui l’Italia gioca le sue carte) e il Middle Corridor – il cui valore complesso per l’Ue è stato analizzato in un report da Rizzi (Ecfr)

Resilienza, modernità e sostenibilità, diritto alla mobilità, cooperazione, sicurezza a libertà: sono queste le parole chiave della wordcloud del G7 Traporti, con i ministri del gruppo che in questi due giorni hanno parlato a Milano di come proprio la resilienza sia ormai diventata una parola chiave nei sistemi di trasporto globali, davanti alla necessità di mantenere le rotte di collegamento (umano e commerciale) aperte e sicure, libere dalla competizione tra potenze, anche davanti alle transizioni tecnologiche ed ecologiche e alla richieste di sostenibilità (sfide altrettanto complesse alterate anche in questo caso dalla competizione tra potenze, basta pensare a ciò che accade attorno ai veicoli elettrici). È alla luce di tutto ciò che il G7 ha discusso anche di strumenti di coordinamento e cooperazione, basati essenzialmente sull’acquisizione di un ampio livello di consapevolezza generale di come il tema della connettività sia centrale.

Stante la situazione internazionale, la crisi imposta dagli attacchi Houthi lungo il Mar Rosso non poteva non essere uno dei temi della riunione che l’Italia ha organizzato in questi due giorni. Caso di studio pratico, emergenza da gestire, sfida in diretta per il G7. Ciò che ne esce è una consapevolezza sul valore fondamentale della connettività indo-mediterranea per il gruppo, per la produzione globale, per il mantenimento del flusso della catene di approvvigionamento e dunque per la prosperità collettiva. È davanti a questo che emerge la necessità sempre più cogente di creare rotte di connessione alternative: e ancora, il Mar Rosso – dove prima l’incaglio della Ever Given tre anni fa e ora le iniziative armate del gruppo yemenita hanno destabilizzato la connettività – è paradigmatico. Europa e Asia non possono avere un unico collegamento marittimo rapido (perché, al di là del far di necessità virtù, doppiare Capo di Buona Speranza è anacronistico), e per tale ragione i flussi alternativi intermodali vanno ri-progettati e implementanti.

Tra le principali idee in campo c’è l’Imec, il corridoio di collegamento tra India, Medio Oriente ed Europa lanciato durante il G20 di New Delhi. Il progetto è in corso, già avviato sul lato orientale, quello indo-abramatico che lega il Subcontinente con la regione del Golfo, dove l’integrazione sta procedendo rapida nonostante l’intoppo tattico non di secondaria importanza creato dalla guerra israeliana a Gaza, i cui effetti però ricadono più verso l’Europa. I porti israeliani infatti (su tutti Haifa) dovevano fare da polo di connessione verso il Mediterraneo, frutto di un appeasement geopolitico tra Gerusalemme e Riad – processo reso più complicato, ma certamente non impossibile, dal conflitto. Non è un caso se l’Italia intende nominare un inviato speciale, come già fatto dalla Francia, per mettere un’ulteriore impronta geopolitica sul progetto – percependone l’importanza.

Nel frattempo, mentre la Three Seas Initiative resta sul paniere della alternative cavalcabili, emergono anche rinnovate discussioni sul Middle Corridor, connessione più terrestre (dunque in parte limitata per quantità di flusso?) che collegherà il continente europeo all’Asia tramite la Turchia e le aree centro-asiatiche. È un tema questo affrontato anche in un recente report dell’Ecfr firmato da Alberto Rizzi, che parte da un ragionamento: “Prima della guerra in Ucraina, l’86 per cento del commercio di terra tra Europa e Cina transitava attraverso la Russia lungo la cosiddetta Northern Route, una serie di ferrovie che si estendevano dal confine settentrionale della Cina alla Bielorussia e alla terraferma europea. Ma le sanzioni europee contro Mosca hanno reso la rotta molto meno attraente per il commercio globale, e dipendere delle infrastrutture russe e dei servizi ferroviari per importare merci dalla Cina è una vulnerabilità strategica di cui l’Europa è desiderosa di sbarazzarsi”.

In questo, non senza complessità, la Trans-Caspian International Transport Route (TITR), nota appunto come Middle Corridor, offre un’alternativa attraverso l’Asia centrale, il Mar Caspio e il Caucaso fino alla Turchia. Nonostante attualmente gestisca solo 2,3 milioni di tonnellate di carico, si prevede che con adeguati aggiornamenti infrastrutturali, questo volume possa raggiungere gli 11 milioni di tonnellate entro il 2030. L’Ue inoltre ha già allocato 10 miliardi di euro per infrastrutture correlate attraverso l’iniziativa Global Gateway e sta considerando di espandere il suo coinvolgimento.

Rizzi valuta anche che il Middle Corridor potrebbe indirettamente favorire la connettività internazionale di Mosca e persino assistere l’influenza cinese in quella regione politicamente frammentata e instabile, il che richiede un’attenta navigazione diplomatica da parte dell’Ue per garantire la cooperazione tra i paesi coinvolti. Tuttavia c’è un potenziale per diventare un importante motore di crescita economica per i paesi dell’Asia centrale, aumentando il loro commercio e integrazione con l’Europa. Questo evidenzia l’importanza strategica e i benefici potenziali nel lungo termine del Middle Corridor come rotta commerciale alternativa per l’Ue, un’opportunità in più per diversificare le connessioni commerciali e di rafforzare la posizione geopolitica in un contesto globale in rapida evoluzione.


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