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Le sfide della Nato dopo 75 anni. Il punto con Cesa, Alli e Parsi

Il 4 aprile di 75 anni fa nasceva a Washington ufficialmente la Nato. In occasione dell’anniversario della fondazione del Patto, Formiche ha discusso delle sfide future che attendono l’Alleanza con il presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato, Lorenzo Cesa, il segretario generale della Fondazione De Gasperi e già presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, Paolo Alli, e il professore di Relazioni internazionali all’università Cattolica di Milano, Vittorio Emanuele Parsi

“La Nato è più grande, più forte e più unita che mai”. Così il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha celebrato a Bruxelles il 75simo anniversario della fondazione del Patto insieme ai ministri degli Esteri degli Stati membri. Il 4 aprile 1949, infatti, nasceva ufficialmente a Washington l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, con la firma del Patto Atlantico da parte dei dodici Paesi fondatori, tra cui l’Italia. A 75 anni da quella data, la Nato è arrivata oggi a contare 32 Paesi membri, con gli ultimi due, Finlandia e Svezia, che si sono aggiunti a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Il confronto con Mosca è sicuramente in l’attuale priorità dell’Alleanza, ma rispetto al passato non è più la sola, con il moltiplicarsi degli scenari di crisi. In occasione dell’anniversario, Formiche ha voluto riflettere sulle sfide che l’attendono nel live talk “La Nato 75 anni dopo. Appunti sul futuro”, moderato da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress.

L’importanza della difesa

“Oggi è una giornata importante”, ha registrato il presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato, Lorenzo Cesa, intervenendo all’iniziativa. Naturalmente, in questo momento “la preoccupazione principale è il fronte ucraino, dove la situazione sta diventando molto delicata”, ha ribadito Cesa, ma l’attenzione della Nato è rivolta allo stesso tempo anche a quanto accade in altre zone geografiche, a partire dal quadrante mediterraneo. Per il presidente Cesa, allora, questo è il “momento per ribadire all’opinione pubblica quanto la Nato sia uno strumento di deterrenza e di pace”, e quanto ancora oggi siano fondamentali “le sue ragioni fondative”. Un tema che si lega soprattutto alla previsione di investire il 2% del Pil dei Paesi alleati nella Difesa, che secondo Cesa, “dovrebbe essere affrontato con concretezza, fuori dagli schemi dei singoli partiti”.

Una nuova fase storica

Dopo il 1989 le opinioni pubbliche europee si sono abituate a ragionare sui temi della sicurezza come “operazioni militari svolte in maniera puntuale, lontano da casa e senza eccessivi impegni” ha spiegato durante l’incontro Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali all’università Cattolica di Milano. Invece, per il professore, “tre questioni rendono questa congiuntura differente dai momenti di difficoltà vissuti nel passato”. Il primo punto è la prospettiva, realistica, di un disengagement statunitense dall’Europa, seguito dal “globalizzarsi delle sfide non solo in termini di settori geografici”, che richiedono al Vecchio continente di farsi carico della difesa collettiva “a prescindere – ha detto Parsi – da chi vinca le presidenziali Usa”. E in questo contesto si può leggere la proposta lanciata dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg a Bruxelles di un fondo da cento miliardi da qui a cinque anni per armare l’Ucraina. Infine, la presenza di “sfidanti concreti (Russia e Cina) in grado di sfruttare gli errori statunitensi e l’inerzia europea” ha drasticamente cambiato lo scenario internazionale.

Per una cultura della sicurezza

Di fronte a questo quadro, inoltre “siamo alle prese con una forte influenza delle ragioni della politica interna sulla politica estera” ha sottolineato il segretario generale della Fondazione De Gasperi e già presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, Paolo Alli riferendosi ai recenti commenti di Trump e Macron sull’Alleanza, frutto di “questo momento particolare, con gli appuntamenti elettorali in tutto il mondo”. “Alla fine però – ha detto Alli – l’Occidente, e i suoi cittadini, hanno dimostrato la loro compattezza di fronte all’aggressione russa”. Anzi, per il segretario generale della Fondazione De Gasperi, proprio questo è il momento per sensibilizzare le opinioni pubbliche sull’importanza dei temi della sicurezza, e in particolare di quanto “i budget per la difesa siano investimenti, non spese”.



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