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Con Meloni candidata si rafforza l’Italia in Ue. Kelany sulla kermesse di FdI a Pescara

C’è attesa per l’ufficializzazione della discesa in campo del premier Meloni alle europee di giugno. La sua corsa rappresenterebbe un valore aggiunto e una leva di credibilità per il nostro Paese all’interno dell’istituzione comunitaria. L’obiettivo dei conservatori deve essere quello di spezzare il legame tra socialisti e popolari. Lavorare su difesa e politica estera comuni. Colloquio con la deputata di FdI, Sara Kelany

L’attesa è tanta. Il popolo di Fratelli d’Italia aspetta, ufficialmente, la discesa in campo della leader Giorgia Meloni, alle Europee di giugno. Nel frattempo, “ci concentriamo sui contenuti”, ragiona la deputata e responsabile del dipartimento Immigrazione di FdI Sara Kelany nella sua intervista a Formiche.net presentando la kermesse di Pescara – L’Italia cambia l’Europa – che si terrà a partire da domani.

Kelany, che cosa si aspetta da questa tre giorni?

Contenuti, idee e proposte. Sarà una convention molto ricca: oltre venti i dibattiti organizzati che hanno come fil rouge proprio il rapporto tra il nostro Paese e l’Ue. È una conferenza programmatica: noi di Fratelli d’Italia siamo abituati, differentemente da altri, a parlare di contenuti e di proposte. Che poi costituiranno la base della nostra offerta politica per le Europee.

Come valuta un’ipotetica discesa in campo del premier Meloni?

Sarebbe un valore aggiunto. Il premier incarna i nostri ideali e i nostri valori. Se dovesse decidere di accettare questa candidatura, sarebbe un gesto di grande generosità nei confronti del popolo di Fratelli d’Italia. E sono certa che il mondo conservatore – a livello europeo – ne trarrebbe giovamento.

Alcuni ritengono che candidandosi, il presidente del Consiglio si sottrarrebbe al suo impegno.

È una posizione del tutto infondata. Meloni non si è mai sottratta alle sue responsabilità e sono certa che non lo farà neanche in futuro. Anzi, a mio giudizio la sua candidatura sarebbe un modo per misurare il suo gradimento al cospetto dell’elettorato. Un atto di grande coraggio e responsabilità politica.

Quale sarà secondo lei il ruolo dell’Ecr nella prossima governance europea?

Il vento, in Europa, negli ultimi anni è cambiato molto. Penso che la proposta conservatrice stia prendendo sempre più piede perché gli elettori – di tanti paesi dell’Unione – siano stanchi di questo gigante burocratico ma nano politico e vogliano invertire il paradigma facendo dell’Ue un gigante politico e un nano burocratico. In questa inversione di tendenza, sta il ruolo fondamentale dell’Ecr che si sostanzierà, auspicabilmente, anche nella rottura del sodalizio tra Popolari e Socialisti.

Anche Fabrizio Tatarella, proprio su queste colonne presentando il suo ultimo libro, sostiene la necessità di stabilire un asse tra Ppe ed Ecr. Su quali basi?

Mi pare che ci siano tutte le carte in regola per perseguire questo disegno. Le battaglie comuni devono concentrarsi in particolare sulla costruzione, finalmente, di una strategia di difesa comune e una politica estera comune. Dobbiamo lavorare per un’Europa in cui gli Stati, nel solco del principio di sussidiarietà, siano comunque protagonisti.

A suo giudizio l’Italia ha acquisito maggior rilievo nella politica estera dall’insediamento di questo governo?

Siamo diventati un interlocutore imprescindibile. Contare di più all’interno dell’Unione significa tutelare maggiormente gli interessi del nostro Paese e del nostro popolo. Ed è per questo che la candidatura di Meloni non può che far bene all’Italia. Dobbiamo riuscire nell’intento di spostare l’asse della governance europea verso una sensibilità conservatrice. Ed è per questo che, a mio giudizio, Ecr svolgerà un ruolo determinante.

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