Il Pd è in crisi di identità e si deve porre il tema delle leadership locali che sono riuscite a orientare i voti verso il centrodestra, garantendone l’affermazione. L’asse col Movimento 5 Stelle presenta due problematiche, una delle quali di carattere strategico. Non si sa se il futuro di Azione e Italia Viva sia a destra, ma Forza Italia (che si deve ristrutturare per il futuro) è sempre più appetibile. Conversazione con il politologo della Cattolica, Antonio Campati
La tentazione di trarre conclusioni a lungo termine e su scala nazionale è forte. Ma il voto della Basilicata, che ha consegnato al centrodestra comunque una vittoria schiacciante riconfermando alla guida l’azzurro Vito Bardi, va considerato anche in funzione dei tanti equilibri locali che hanno determinato il risultato. La trasmigrazione di molti voti dal Pd allo schieramento avverso “seguendo alcuni leader territoriali molto forti”, va letta con “estrema attenzione”. E, in effetti, come dice a Formiche.net il politologo dell’Università Cattolica, Antonio Campati, è il dato più interessante.
Professor Campati, le elezioni in Basilicata che hanno riconsegnato la regione a Vito Bardi, ci consegnano un risultato parzialmente determinato dalle leadership territoriali. Sono, dunque, ancora così forti?
È un dato interessante perché conferma che ci sono dei “capi bastone” che riescono ancora a orientare un buon numero di voti. Sì, le leadership territoriali nel contesto lucano sono ancora forti. Tanto da determinare una trasmigrazione di voti dal Pd al centrodestra. Questo dovrebbe porre diversi interrogativi ai dem.
Di che genere?
La prima questione da porsi è di carattere identitario: cos’è, adesso, il Partito Democratico guidato da Elly Schlein?
Lei pensa che la questione del nome sul logo e i dissapori emersi in queste ore abbiano in qualche modo penalizzato il Pd?
La premessa da cui partire analizzando le elezioni regionali è che il risultato in gran parte dipende da equilibri circoscritti al perimetro territoriale. Segnano, tuttavia, un trend. E sicuramente la questione del nome sul logo può aver influito in maniera non positiva. Ma, ancora una volta, si torna al problema di fondo: l’identità del partito. Siamo partito da Veltroni, nel 2007, con il nome nel simbolo del logo sino ad arrivare alla scelta dell’ultimo minuto di levare quello della segretaria.
Per un partito che ha fatto del radicamento nei territori, storicamente, la sua forza, non è un fattore da poco quello delle leadership locali.
No, infatti. I dem per via di questa questione identitaria rischiano di perdere terreno e gli spostamenti di voti determinati dai leader territoriali non sono da sottovalutare. Per il Pd è una questione dirimente, strutturale.
Il “modello Sardegna” e il campo largo con il Movimento 5 Stelle, dunque, non sono il futuro?
Stiamo vivendo in un periodo di bipolarismo asimmetrico: da una parte una coalizione che sta al governo e dall’altro alcune forze politiche che non riescono a esprime un’alternativa organica e di governo. Sotto questo profilo, identifico due problematiche: una di carattere identitario (ancora una volta) e una di carattere strategico. Sull’identità del Pd abbiamo già detto, ma a questo punto sorge un’altra domanda: c’è margine di trovare, con il Movimento 5 Stelle, una convergenza sui grandi temi di fondo?
E la questione strategica?
È legata in qualche modo all’esperienza delle fusioni a freddo che, storicamente, a sinistra non hanno avuto grandi successi. Basti pensare a cosa accadde con la fusione tra Ds e Margherita. Forse, dopo trent’anni dall’inizio della Seconda Repubblica, sarebbe il caso di chiedersi se da tutto quello che abbiamo abbandonato (della Prima) potremmo trarre qualcosa di positivo o se invece era in effetti tutto da gettare via. Questo è, in definitiva, un altro punto che riguarda però più che altro l’identità dei partiti in generale.
Il futuro di Italia Viva e Azione è nel centrodestra?
Non penso che lo sia dall’oggi al domani. Ma sicuramente una fetta di elettorato potrebbe “tornare” nel centrodestra oppure scegliere direttamente quello schieramento. Ancora una volta, dipenderà dal tipo di profilo e connotazione che vorrà darsi il Pd. Tra l’altro, a fronte di una Forza Italia sempre più appetibile sotto questo profilo.
A proposito di Forza Italia, come legge questo risultato – quasi il 13% – in Basilicata?
Dopo circa un anno dalla morte del fondatore, Silvio Berlusconi, Forza Italia si sta ricavando uno spazio politico interessante a fronte di una polarizzazione sempre più marcata. Non è da sottovalutare, in questo senso, l’accordo con Noi Moderati. Ma la sfida per gli azzurri, a mio giudizio, è a lungo termine: dovrà riuscire, nei prossimi tre anni, a ri-strutturarsi, tanto a livello locale che nazionale. Tra l’altro, Forza Italia è l’unico partito italiano che sarà nella famiglia politica che senz’altro conterà moltissimo nella prossima governance europea: il Partito Popolare.