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Così l’incognita di Robert Kennedy jr aleggia sulle elezioni americane

Il figlio di Bob Kennedy, Robert F. Kennedy jr., si è candidato in un primo momento alla nomination presidenziale del Partito Democratico, cambiando la sua affiliazione in “indipendente” lo scorso ottobre. Ecco quale impatto potrebbe avere la sua candidatura sul prossimo 5 novembre

Le prossime presidenziali americane si avviano a essere un nuovo duello tra Joe Biden e Donald Trump. Eppure sulla corsa per la Casa Bianca aleggia una rilevante incognita: quella di Robert F. Kennedy jr. Candidatosi originariamente alla nomination presidenziale del Partito Democratico, il figlio di Bob Kennedy ha cambiato la sua affiliazione in “indipendente” lo scorso ottobre.

Ora, è noto che generalmente i “terzi incomodi” non vanno lontano alle elezioni presidenziali americane. Tuttavia, se il diretto interessato ha ben poche chances di conquistare la Casa Bianca, vale comunque la pena di considerare l’impatto che la sua candidatura potrebbe avere il prossimo 5 novembre. Sì, perché, almeno per ora, Kennedy sta registrando delle performance sondaggistiche di tutto rispetto. Mediamente le rilevazioni lo danno attorno al 10% a livello nazionale: un dato che, secondo The Hill, “lo rende il candidato di un terzo partito con il punteggio più alto in una corsa presidenziale dai tempi del businessman Ross Perot nel 1992”.

Ecco: è proprio il precedente di Perot che va tenuto presente. Alle presidenziali del 1992, costui si presentò come candidato alternativo al presidente uscente, George H. W. Bush, e al democratico, Bill Clinton. Ottenne il 19% dei voti a livello nazionale, senza tuttavia conquistare alcuno Stato. Eppure la sua corsa ebbe un impatto notevole su quella tornata elettorale: Perot succhiò infatti consensi principalmente al campo repubblicano, indebolendo Bush e favorendo indirettamente Clinton, che quell’anno riuscì infine a espugnare la Casa Bianca. È dunque in tal senso che la campagna di Kennedy va monitorata con attenzione.

Per il momento, sembra che la presenza del figlio di Bob Kennedy faccia più male a Biden che a Trump. A fine marzo, un sondaggio della Quinnipiac University ha rilevato che, in uno scontro diretto con Trump, Biden sarebbe avanti di tre punti rispetto al rivale. Tuttavia lo stesso sondaggio ha sottolineato che, considerando la presenza di Kennedy, il candidato repubblicano passerebbe in vantaggio con un punto in più rispetto all’attuale inquilino della Casa Bianca.

Bisogna considerare che, sotto il profilo programmatico, Kennedy tende a mostrarsi piuttosto trasversale: se sul possesso delle armi da fuoco è per esempio più vicino al Partito Repubblicano, su alcuni temi di politica estera strizza invece l’occhio all’ala sinistra del Partito Democratico. Tuttavia la sua maggiore attrattività per il mondo dem è forse spiegabile, evidenziando due elementi. Innanzitutto, a giocare un ruolo cruciale è proprio il nome “Kennedy”: nonostante la famiglia abbia preso le distanze dalla candidatura di Robert, per alcuni settori dell’Asinello il suo resta un cognome di richiamo dal punto di vista politico. In secondo luogo, non va trascurato che Biden è piuttosto impopolare tra gli stessi elettori dem: il che spinge probabilmente alcuni di essi a virare su RFK jr.

Non a caso, la campagna di Biden ha mostrato una certa preoccupazione. Il Comitato Nazionale del Partito Democratico ritiene che Kennedy sia un candidato civetta de facto al servizio di Trump, soprattutto alla luce del fatto che entrambi hanno ricevuto finanziamenti dal miliardario Tim Mellon. Tutto questo, mentre a fine marzo Axios News ha riportato che la squadra del presidente ha creato un apposito team con il compito di attaccare Kennedy. Ed effettivamente l’offensiva è partita. Pochi giorni fa, Nbc News ha riferito che “i cartelloni pubblicitari mobili del Comitato Nazionale Democratico trollano Kennedy durante gli eventi. E i finanziatori del partito stanno foraggiando iniziative legali per cercare di tenerlo fuori dalla competizione elettorale”. “I democratici”, ha proseguito Nbc News, “sono sempre più allarmati dalla forza di Kennedy nei sondaggi, soprattutto da quando ha nominato la filantropa della Silicon Valley, Nicole Shanahan, come sua running mate”.

È importante rilevare che la Shanahan è una ex finanziatrice del Partito Democratico e che, grazie alla sua potenza economica, potrebbe aiutare notevolmente la campagna di Kennedy. Quest’ultimo, dal canto suo, l’ha scelta molto presto per assicurarsi la possibilità di formalizzare la propria candidatura presidenziale in vari Stati. Una serie di elementi, questa, che ha aumentato le preoccupazioni della campagna di Biden. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Lo stesso Trump, a fine marzo, è andato infatti all’attacco del figlio di Bob Kennedy, bollandolo come “il candidato di sinistra più radicale”: segno, questo, che anche l’ex presidente repubblicano teme le conseguenze imprevedibili della corsa presidenziale di RFK jr.


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