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Ricostruire oggi l’Ucraina del domani. L’appello del Cepa

Mentre il G7 prova a convergere sulla smobilitazione dei profitti derivanti dagli asset sequestrati alla Russia, molti economisti si interrogano sul futuro del Paese, una volta che i fondi arriveranno nelle casse di Kyiv. Bisognerà avere le idee chiare e portare il Paese distrutto da Mosca in una nuova dimensione

I soldi, presto o tardi, arriveranno. Forse tre miliardi, euro più, euro meno, già entro la fine dell’anno. Il difficile, una volta che il G7 avrà trovato il punto di caduta sulla monetizzazione degli asset sequestrati alla Banca centrale russa, anche grazie al lavoro gomito a gomito di Italia e Stati Uniti, sarà capire come ricostruire l’Ucraina. Serve una mappa, una strategia, perché il rischio di vanificare gli sforzi del G7, buttando soldi dentro un secchio bucato, c’è tutto. E allora meglio cominciare a pensare al futuro, come sostengono numerosi economisti firmatari di un documento pubblicato dal Center for European Policy Analysis.

Premessa. “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha conseguenze immense. Le stime del costo della ricostruzione, che ammontano a mille miliardi di dollari, non colgono appieno la portata della situazione. Ripristinare la sovranità dell’Ucraina, l’integrità territoriale, la sicurezza e la prosperità dei suoi cittadini costerà trilioni di dollari in più in termini di aumento dei conflitti, riduzione dello sviluppo e frattura della leadership”. Ora, “l’impegno politico degli alleati occidentali dell’Ucraina per la ricostruzione e la ripresa è forte. L’impegno materiale, invece, rallenta. Ad oggi, i governi occidentali, le organizzazioni intergovernative e le istituzioni finanziarie internazionali hanno stanziato poco meno di ottanta miliardi di dollari per la ripresa postbellica dell’Ucraina, una frazione di frazione di ciò che sarà necessario”.

Ma “allo stesso modo manca una comprensione olistica dell’urgenza del compito. I Paesi occidentali si sono giustamente concentrati sulle necessità della guerra, ma hanno erroneamente dato per scontato che il lavoro di ripresa potrà iniziare solo una volta cessati i combattimenti. Se vogliamo che la ripresa sia reale, il lavoro deve iniziare ora. E sono quattro i compiti da svolgere: massimizzare la resilienza in tempo di guerra di fronte alla continua aggressione russa, investire nell’economia e nelle infrastrutture del futuro dell’Ucraina, piuttosto che nel suo passato, preparare l’Ucraina per un’integrazione rapida e reciprocamente vantaggiosa nell’Unione europea e rafforzare lo stato, l’economia e le infrastrutture e scoraggiare futuri attacchi russi”, scrivono gli economisti del Cepa.

Tirando le somme, “i governi devono continuare a fornire sostegno finanziario diretto all’Ucraina per mantenere le infrastrutture critiche, l’approvvigionamento energetico e i servizi pubblici durante il conflitto. Le aziende occidentali devono essere incoraggiate e incentivate a investire in Ucraina, anche durante il conflitto. L’Occidente deve avviare ora una pianificazione dettagliata per la ricostruzione postbellica, concentrandosi sulla costruzione di un’economia digitalizzata, più verde e maggiormente integrata a livello globale e superare una volte per tutte le eredità dell’era sovietica”.

D’altronde, anche Kyiv dovrà fare la sua parte. E cioè “assorbire centinaia di miliardi di dollari in aiuti, reinsediare centinaia di migliaia di rifugiati, adottare la legislazione europea e perseguire profonde riforme strutturali. Perché consolidare la democrazia ucraina e promuovere l’impegno democratico sarà fondamentale per garantire l’inclusione nel processo decisionale del dopoguerra, il consenso popolare alla trasformazione economica del Paese”.

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