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Sui beni russi la spinta degli Stati Uniti sul G7 italiano

A due mesi dal vertice in Puglia, gli Stati Uniti continuano a sperare in una convergenza del G7 sull’utilizzo dei proventi generati dagli asset sequestrati a Mosca per sostenere la ricostruzione dell’Ucraina. E il governo italiano, padrone di casa, può dare la spinta decisiva ai titubanti

Joe Biden lo ha fatto capire in più occasioni, sarebbe opportuno che il G7 a guida italiana, il cui appuntamento clou è previsto per il prossimo mese di giugno, in Puglia, portasse in dote un accordo politico tra i grandi della Terra al fine di monetizzare i quasi 200 miliardi di beni sequestrati alla Banca centrale russa e detenuti in Europa, presso i forzieri della società belga Euroclear. La cifra in ballo, da girare all’Ucraina al fine di sostenerne sia lo sforzo bellico, sia la ricostruzione, si aggira sui 3 miliardi di interessi generati dai medesimi asset. Importo che molti Paesi dell’Occidente vorrebbero portare a 27 miliardi nel giro di due o tre anni.

Ma c’è un problema. Non tutti sono d’accordo e, soprattutto, compatti nel procedere in tale direzione. È noto, infatti, che Francia e Germania si siano messe di traverso da diverso tempo, aggrappandosi ad alcune remore legate al rischio di andare incontro a una palese violazione del diritto internazionale. Cosa che peraltro ha sempre sottolineato la Banca centrale europea. Per questo, come ha peraltro raccontato il Corriere della sera, la carta di Biden per smobilitare gli interessi generati dagli asset sotto sequestro, potrebbe essere Giorgia Meloni. La quale, si è impegnata con lo stesso presidente americano a spingere quanto più possibile l’Europa a sostenere Kyiv nelle sue varie esigenze finanziarie, militari e di ricostruzione.

Un buon alleato per l’Italia, affinché convogli il G7 (dal 17 al 19 aprile è in programma a Capri la ministeriale degli Esteri) verso una convergenza di massima, potrebbe essere Ursula von der Leyen. La quale non ha mai nascosto l’intenzione di voler usare la mano pesante con Mosca, a cominciare proprio dai beni messi sotto chiave. D’altronde, che ha scritto ancora il quotidiano di via Solferino, è proprio all’Europa che l’amministrazione americana si rivolge per ostacolare la macchina bellica russa, caldeggiando una sorta di whatever it takes per sostenere l’Ucraina.

Nel merito delle proposte, ce ne sono due sul tavolo. Una, raccontata da Formiche.net, prevede l’ipotesi di consentire a Kyiv di emettere bond zero coupon, senza cedole periodiche ma con interessi pagati tutti insieme al momento della restituzione del prestito, che avrebbero come garanzia gli asset della banca centrale russa congelati in Europa. Questa soluzione ha il vantaggio non banale di raccogliere nell’immediato e di accorciare dunque i tempi degli aiuti all’Ucraina.

Da parte loro, gli Stati Uniti avrebbero in un certo senso sposato tale linea, insistendo sul versante del debito. Ovvero raccogliere decine di miliardi di euro per l’Ucraina garantiti proprio dai profitti generati dai beni statali russi che sono stati congelati dai Paesi occidentali. “Siamo a un punto in cui dovremmo esplorare ogni possibile via per massimizzare il valore delle riserve immobilizzate per l’Ucraina”, ha detto Daleep Singh, vice consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti per l’economia internazionale. “Non possiamo aspettare per sempre, lo sappiamo”. Ma prima serve un accordo politico.


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