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Svolta cinese. Dopo le elezioni le Maldive e Pechino sono più vicine

I risultati provvisori consegnano la vittoria elettorale al partito guidato dal presidente dell’arcipelago, sostenitore di un avvicinamento alla Cina e di un rigetto dell’India. E Pechino è pronta a cogliere l’opportunità

Mentre si conteggiano le schede, l’esito delle elezioni nell’arcipelago delle Maldive diviene sempre più nitido: il partito People national congress (Pnc) guidato dall’attuale presidente del Paese Mohamed Muizzu è il grande vincitore di questa tornata elettorale, assicurandosi sessantasei degli ottantasei seggi, tre quarti del totale, secondo i risultati provvisori della Commissione elettorale delle Maldive diffusi la sera di domenica 21 aprile. Il principale partito di opposizione, il Partito democratico maldiviano (Mdp), che in precedenza disponeva della maggioranza in Parlamento, sembra invece destinato a una sconfitta umiliante, con appena una dozzina di seggi conquistati. La ratifica formale dei risultati è prevista entro una settimana, e la nuova assemblea entrerà in carica all’inizio del prossimo maggio.

L’esito di queste elezioni garantisce al presidente Muizzu, eletto lo scorso settembre, la forza necessaria per portare avanti il suo piano di avvicinamento con Pechino: nella sua oramai vecchia composizione, rinnovata con il voto di ieri, il Pnc e i suoi alleati potevano disporre di soli otto seggi; una così bassa rappresentanza in Parlamento ha reso difficile per Muizzu portare avanti le sue politiche. La proposta politica del People national congress e del suo leader si impernia sulla volontà di porre fine alla policy di “India First” seguita dal Paese sotto la guida del predecessore di Muizzu, Ibrahim Mohamed Solih, e di riportare l’arcipelago nell’orbita della Repubblica Popolare Cinese.

Negli scorsi mesi, il governo di Muizzu ha invitato al rimpatrio ottantanove militari indiani che operano su aerei da ricognizione forniti dall’India per pattugliare i confini del Paese, causando un irrigidimento dei rapporti con Nuova Delhi. Le relazioni tra l’India e le Maldive si sono deteriorate quando tre viceministri maldiviani hanno rilasciato dichiarazioni sprezzanti nei confronti del primo ministro indiano Narendra Modi per aver sollevato l’idea di promuovere il turismo nelle Lakshadweep, una serie di isole indiane simili alle Maldive, causando una risposta da parte di alcuni attivisti indiani che hanno avviato una campagna di boicottaggio del turismo delle Maldive. La quale sembra aver avuto successo: secondo recenti statistiche del governo delle Maldive, il numero di turisti indiani è diminuito, facendo scendere questo Paese dalla prima fonte di visitatori stranieri alla sesta.

Ma per sostituire Nuova Delhi, l’arcipelago maldiviano punta a Pechino, a cui si era già avvicinata nel 2013, aderendo alla sua Belt and Road Initiative. A inizio anno, Muizzu si è recato nella Repubblica Popolare per negoziare un aumento del numero di turisti e dei voli in entrata dalla Cina. Inoltre, nel bel mezzo della campagna elettorale per le elezioni parlamentari, il Presidente ha assegnato contratti infrastrutturali di alto profilo a società statali cinesi.

Il Paese insulare deve anche affrontare l’emergenza della crescita del livello del mare causata dal cambiamento climatico. Muizzu ha promesso che la bonifica di territorio e la costruzione di isole più alte (da realizzare col sostegno cinese) permetteranno alle Maldive di affrontare la sfida, ma gli ambientalisti sostengono che una tale mossa potrebbe avere un effetto contrario, ed esacerbare i rischi di inondazione.

Questo cambio di rotta da parte della leadership maldiviana pesa sui rapporti di rivalità esistenti tra Nuova Delhi e Pechino. La posizione strategica dell’arcipelago, sito nel centro dell’Oceano Indiano ma relativamente vicino alla punta meridionale dell’India, non è certo sfuggita a Zhongnanhai. All’inizio dello scorso marzo Maldive e Cina hanno firmato un accordo di carattere militare, in cui la Repubblica Popolare si impegna a fornire tutta l’assistenza militare necessaria al Paese partner. Anche se ulteriori dettagli sull’accordo non sono stati rilasciati, non è da escludere che esso rappresenti il primo passo all’interno di un processo promosso da Pechino per stabilire una presenza militare stabile nell’arcipelago.



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