Conversazione con la direttrice dell’Istituto Affari Internazionali: “Qualcuno dice che non può dare i sistemi di difesa perché serve fare deterrenza: ma quale deterrenza? In questo momento c’è la guerra in Ucraina, ma a forza di fare deterrenza per la guerra di domani finiremo col rischiare anche in Romania”. Il punto sul conflitto in Ucraina con Nathalie Tocci
“Gli ultimi mesi a Kyiv sono stati drammatici, date le sproporzioni in termini di artiglieria e in termini di munizioni: è stato come mandare un pugile su un ring e dirgli che deve evitare il ko, però per ogni dieci pugni che prende ne può tirar soltanto uno. Per cui questo pacchetto di aiuti permetterà nell’anno in corso di mantenere lo status quo”. Così a Formiche.net Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, part-time professor alla School of Transnational Governance dell’European University Institute, professoressa onoraria all’Università di Tübingen che in questa conversazione analizza il ruolo dell’Europa prima e dopo lo sblocco dei fondi da parte del Congresso americano e gli sviluppi sulle future decisioni degli stati membri.
Lo sblocco dei 61 miliardi per l’Ucraina, arrivato con un accordo tra Dem e Repubblicani, è fuori tempo massimo oppure può ancora servire per riequilibrare le sorti del conflitto?
Molto probabilmente permetterà all’Ucraina di superare quella che gli ucraini definiscono la loro finestra di vulnerabilità, cioè nel corso del 2024. La migliore delle ipotesi è che gli ucraini tangano botta mantenendo, chilometro più chilometro meno, la linea difensiva. Ricordo che gli ultimi mesi da questo punto di vista sono stati drammatici, date le sproporzioni in termini di artiglieria e in termini di munizioni: per cui è come mandare un pugile su un ring e dirgli che deve evitare il ko, però per ogni dieci pugni che prende ne può tirar soltanto uno. Per cui questo pacchetto di aiuti permetterà nell’anno in corso di mantenere lo status quo: resta un vantaggio della Russia ma si potrà riequilibrare la situazione, questa è la migliore delle ipotesi. Se permetterà di riequilibrare le forze permettendo all’Ucraina di riacquistare l’iniziativa, ciò potrà avvenire soltanto l’anno prossimo.
Un errore di valutazione?
Il paradosso è che, da più di due anni, il continente europeo è in guerra però la realizzazione di questo scenario è avvenuta solo qualche mese fa. Per molto tempo abbiamo vissuto nel magico mondo in cui dicevamo che tutto sommato sarebbe bastato dare qualche ferro vecchio all’Ucraina, per arrivare ad una controffensiva e quindi a un negoziato: un’illusione. In seguito ci si è resi conto che finita la controffensiva ucraina non ci sarebbe stato un fantastico negoziato perché per negoziare servono due parti e ce n’è una che non ci pensa proprio, ossia Putin. E quindi a un certo punto ci siamo resi conto che la guerra sarebbe stata molto più lunga del previsto.
A quel punto cosa è scattato?
Da due anni la Russia ha un’economia di guerra, noi no. Faccio questa riflessione perché l’aumento della produzione richiede del tempo e questa famosa finestra di vulnerabilità è aperta fino alla fine dell’anno perché si presuppone che, a partire dall’anno prossimo, la produzione che oramai sta aumentando inizierà a portare dei frutti. Adesso l’obiettivo è assicurare che l’Ucraina regga botta quest’anno attraverso tale pacchetto di aiuti, al fine di poter riacquistare poi l’iniziativa a partire dal 2025.
In questi sei mesi di impasse sull’Ucraina il ruolo dell’Europa è stato non più passivo e disarticolato come in passato?
Direi sì e no. Sin dall’inizio della guerra l’Europa ha mantenuto una sua coerenza come dimostrano i dodici pacchetti di sanzioni approvati all’unanimità a causa di una visione. In seguito c’è stato il disaccoppiamento energetico dalla Russia e l’accoglienza dei profughi ucraini. In questo caso l’Europa sin dall’inizio ha fatto il proprio dovere.
C’è una critica che si sente di fare?
Ci siamo svegliati tardi, come anche gli americani: anche loro vivevano in un magico mondo basato su una trattativa che non c’è stata. Questo è stato l’errore di tutti. La cosa che trovo veramente pazzesca è il modo in cui continuiamo a resistere all’invio di altri sistemi di difesa aerea all’Ucraina: sul fronte occorrono artiglieria e munizioni e lo dimostra plasticamente quello che è accaduto in Israele. Inoltre serve un sistema di difesa aerea per evitare che quando piovono missili e droni non distruggano città, non uccidano civili, non annientino le infrastrutture energetiche. Questi mezzi all’Ucraina li abbiamo dati col contagocce. Qualcuno dice che non può dare i sistemi di difesa perché serve fare deterrenza: ma quale deterrenza? In questo momento c’è la guerra in Ucraina, ma a forza di fare deterrenza per la guerra di domani finiremo col rischiare anche in Romania. La strategia di Putin è abbastanza chiara: ciò che non riesce a occupare vuole rendere invivibile e quindi distrugge. Ci cadono le braccia.
Alla base della titubanza europea nell’inviare più sistemi di difesa ci sono contrapposizioni politiche o solo calcoli elettorali?
Il caso della Germania è esemplare: prima ha detto no all’invio di Patriot, ma dopo 24 ore ha cambiato idea. Ma dovevano distruggere una centrale elettrica e mandare in tilt l’intero sistema energetico di un Paese per far cambiare idea a qualcuno? Quanto all’Italia, il nostro sistema di difesa verrà impiegato per il G7 a Bari, che durerà un solo giorno. Ma la minaccia di un attacco missilistico sul vertice del G7 è proprio chiara? Credo che alla base di tutto ci sia la non accettazione di fondo della situazione in Ucraina: è come se riconoscessimo solo a parole la situazione, ma ancora non si traduce in procedure standard che cambiano i fatti. Ci troviamo in questo interregno bizzarro in cui la testa lo capisce, ma la pancia ancora no.
Quando si potrà far chiarezza, dopo le elezioni europee, ma un po’ prima delle elezioni americane?
Secondo me già da subito: il tema della difesa aerea è un qualcosa che si dovrà sbloccare a breve e non dovremmo aspettare il prossimo attacco su una città con decine e decine di morti per procedere in questo senso. Putin sa che i prossimi mesi rappresentano la sua finestra di opportunità e la vuole cogliere. Sul commissario europeo alla difesa sono scettica, nel senso che la Commissione europea può da subito puntare sull’industria della difesa. Ma gli Stati membri sono disposti ad andare nella direzione che è stata così ipotizzata degli eurobond per la difesa? Quello sarebbe il segnale per evitare le piroette istituzionali.