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Gli aiuti all’Ucraina spingono verso una nuova fase della guerra. Il punto di D’Anna

Oltre ad imprimere una svolta probabilmente decisiva nel conflitto, il massiccio riarmo dell’Ucraina può avviare come mai in precedenza un confronto diretto, sul piano degli armamenti fra Russia, Stati Uniti e Nato

Una concreta trasfusione di capacità di lottare. Il più imponente e rapido travaso di armamenti dalla guerra del golfo contro l’Iraq é iniziato in contemporanea con l’approvazione del Congresso americano del nuovo stanziamento di sessantuno miliardi di dollari di aiuti militari all’Ucraina.
I primi sistemi di intercettazione antimissili e migliaia di proiettili d’artiglieria sono stati già consegnati a Kyiv. Erano pronti da settimane negli arsenali delle basi Usa e Nato in Europa. Le basi di Rammstein e Geilenkirchen in Germania, di Orzysz in Polonia e Kogalniceanu in Romania sono mobilitate nella corsa contro il tempo per riarmare l’Ucraina e consentirle di difendersi dal triennale, feroce, tentativo di invasione della Russia di Putin. Una resistenza che appena possibile le forze di difesa ucraine trasformeranno in un contrattacco per riconquistare i territori occupati dai russi.
Il generale Pat Ryder del Pentagono ha confermato al quotidiano inglese The Guardian che gli Stati Uniti sono in grado di inviare “quasi immediatamente” missili per la difesa aerea, proiettili da 155 mm e pezzi di artiglieria. “Abbiamo organizzato una rete logistica che ci consente di spostare gli armamenti molto rapidamente”, ha aggiunto Ryder. Da giugno saranno inoltre operativi i primi sei dei trentatre caccia F-16 che Danimarca, Norvegia, Belgio e Paesi Bassi invieranno  all’Ucraina. Che complessivamente dovrebbe disporne di una sessantina.
Secondo il New York Times, da luglio i moderni caccia multiruolo incideranno in maniera rilevante nel conflitto. Grazie alla tecnologia avanzata gli F-16 possono infatti rilevare i missili da crociera russi e colpirli in volo con i loro missili aria-aria. Un’intercettazione efficiente, e soprattutto economica, che assieme ai sistemi antimissile sul territorio consentirà di difendere lo spazio aereo ucraino.
Al Cremlino la facciata propagandistica delle dichiarazioni ufficiali non riesce a dissimulare il grande disappunto di Putin e dei vertici militari e economici, consapevoli che contrariamente alle loro ottimistiche previsioni il conflitto con l’Ucraina entra in una fase cruciale. Inizia il confronto diretto fra l’armata russa e le forze armate della Nato e occidentali che stanno rimpiazzando l’intero vecchio arsenale ucraino, risalente sostanzialmente al regime sovietico e quindi con pregi e difetti conosciuti dai generali russi, con i più avanzati sistemi d’arma degli Stati Uniti ed europei, ai quali si aggiunge un accresciuto apporto di intelligence e di assistenza satellitare da parte di Washington, Londra, Parigi e dell’Europa.
A parte l’aumento esponenziale delle forniture strategiche cinesi e nord coreane, comprendenti microchip e semiconduttori, nitrocellulosa per i proiettili e  fibre ottiche essenziali per missili, droni, carri armati e jet, Mosca che contava di chiudere la “pratica ucraina” avanzando fino ad Odessa e al nord del Dnipro in modo da imporre una pax putiniana, teme ora di dover fronteggiare armamenti molto più potenti dei propri, utilizzati per di più da un esercito che lotta per la vita o la morte del proprio paese.  L’unica vera arma che resta a Mosca é quella di continuare a inviare centinaia di migliaia di truppe al fronte e a lanciarle in attacchi senza fine.
Una tattica retaggio della spietata strategia di Stalin che nella Seconda guerra mondiale mandò letteralmente al macello milioni di soldati russi pur di fermare l’avanzata nazista giunta alla periferia della capitale. Un massacro inutile se non fosse sopraggiunto il più rigido inverno russo di quegli anni a bloccare le panzerdivisionen tedesche. Nonostante le terribili perdite già subite, per guadagnare tutto il terreno possibile prima del potenziamento delle difese delle forze di Kiev, le truppe russe hanno aumentato nelle ultime ore la pressione sulle esauste forze ucraine in prima linea. In particolare in direzione della città strategica di Chasiv Yar, nei pressi di Bakhmut.
Gli esperti prevedono che l’offensiva continua ordinata da Mosca si intensificherà man mano che i campi fangosi si prosciugheranno e consentiranno ai mezzi corazzati di spostarsi velocemente sulle strade. Ma una massiccia offensiva, avvertono anche i blogger russi, sarebbe rischiosa per il Cremlino perché l’alto numero delle perdite potrebbe far deflagrare il malcontento popolare che già serpeggia nel paese e che viene per il momento interpretato ufficialmente solo dal comitato delle madri, mogli e figlie dei militari al fronte. Dopo che l’ordine di Putin per la “mobilitazione parziale” di trecentomila riservisti dello scorso autunno si é rivelato così impopolare che centinaia di migliaia sono fuggiti all’estero per evitare di essere arruolati, il regime attraverso Viktor Bondarev, vice capo della commissione per gli affari della difesa della Duma, ha dovuto annunciare che “non ci sono piani per una nuova ondata di mobilitazione”.
La soluzione per rimpiazzare le perdite provocate dai continui assalti, afferma il think tank di Washington Institute for the Study of War (Isw) sarebbe quella di trasferire a Belgorod gli ex mercenari Wagner di stanza in Africa. Secondo l’Isw, il generale Andrej Averjanov della Direzione principale dell’intelligence militare russa, il Gru, avrebbe anticipato che la riduzione dell’Africa Corps del Gruppo Wagner in Niger servirebbe a rischierare i reparti al confine con  l’Ucraina. Ma più che il gruppo Wagner preoccupa la gestione diretta della situazione da parte del generale Averjanov che è, denuncia l’Institute for the Study of War, “il comandante dell’unità del Gru 29155, responsabile del tentativo di omicidio di Sergej Skripal, l’ex spia russa passata all’Occidente, avvenuto a Londra nel 2018, e che un’indagine congiunta di 60 Minutes, Der Spiegel e The Insider lo ha recentemente indicato come direttamente coinvolto” nei casi di sindrome dell’Avana, un disturbo riscontrato negli ultimi anni dal personale diplomatico Usa, forse a seguito dell’impiego di armi neurologiche segrete. Difficile immaginare a che livello potrebbe arrivare una guerra sporca nell’ambito di una guerra già di per sé disumana.
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