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Un’Europa che difenda le tradizioni. Giusto, ma quali? Il commento di Cristiano

La tradizione umana è creare e diffondere culture, le civiltà, che non sono cresciute come singoli alberi, con le loro esclusive radici, distinte dalle altre, soprattutto quelle dei vicini

L’età del bronzo è unanimemente considerata molto importante per la storia dell’umanità. Ma la stessa comparsa del bronzo nel grande antico Egitto, prima apparizione nello spazio mediterraneo di questo metallo frutto della fusione di rame e stagno, pone un problema molto semplice ma anche importante: visto che nell’antico Egitto non c’erano tracce di stagno, come hanno fatto a disporre di bronzo gli antichi Egizi? Grazie ai sumeri, rispondono gli studiosi, che ne avevano in abbondanza, e nonostante la considerevole distanza tra Egitto e Mesopotamia sumera, ne commerciarono con gli egizi già in quei tempo lontani.

Le civiltà evidentemente si fondano già da allora sul commercio, cioè sull’interscambio, cioè sull’influenza dell’uno sull’altro. In certo senso allora si spiega come mai la mitica Europa, nella mitologia, compaia sui lidi fenici, cioè nell’odierno Libano. Europa era una bella ragazza, che su quelle spiagge vide un toro incantevole- era Zeus- e se ne innamorò: lui la rapì e in volo la condusse a Creta, la più antica civiltà “europea”. L’interscambio tra fenici e cretesi è attestato dagli studi sul mondo antico: i primi giunsero a Cadice, attraversando le Colonne d’Ercole, circa tremila anni fa. Ce ne voleva di tempo prima che comparisse Roma.

Sono solo due piccoli esempi che ci dicono però che la storia della civiltà è fatta sin da quei tempi da scambi, viaggi e incontri, non da barriere e contrapposizioni. Se tenessimo conto di questo avremmo un’idea diversa dei conflitti che divampano, guarda un po’, sulle supposte linee di faglia tra le civiltà. Quelle linee di faglia sono le cerniere che tengono insieme il mondo.

Non è una visione “buonista” – come forse direbbe il candidato indipendente nelle liste leghiste, il generale Roberto Vannacci, che si candida nel nome di molti valori, tra i quali “le tradizioni”. Ecco, io penso che la nostra antica mitologia, quella più nota, come i miti di Edipo o di Antigone, ma anche quella che ci racconta la comparsa d’Europa sulle coste dei misteriosi e affascinanti fenici, vada difesa come parte delle nostre “tradizioni”. Ha un senso la comparsa d’Europa fuori dai confini europei? A me sembra di si. Europa appare fuori di sé perché i fenici hanno per primi percorso e unito il Mediterraneo, ritengo. Una scelta senza la quale non può esserci “Europa”.

Dunque, nelle nostre “tradizioni” c’è l’unità delle diversità. Il popolo fenicio non visse in Fenicia, che è un’invenzione semplificative: visse in città stato, che già allora si definivano come città dei suoi figli e delle sue figlie, in una sorprendente parificazione “uomo-donna” che poi altre storie avrebbe capovolto. Forse è anche per questo che Europa era “una bella ragazza”, non un giovane dai muscoli gonfi?

Queste “tradizioni” antiche ed europee vanno riscoperte e difese, per il loro senso di “tradizione nel cambiamento, nella continuità dell’aggiornamento”. Lo conferma la tradizionale amicizia carolingia con i Califfi musulmani, amicizia proseguita dopo la battaglia di Poitiers, quella che vide Carlo Martello prevalere sui “saraceni”. È nata allora, cristiana, l’Europa? Alcuni lo affermano, ma in quello spazio europeo, a quel tempo, c’erano cristiani, ebrei, musulmani e pagani. E molti vescovi allora non parlavano di un’Europa cristiana, ma dell’Asia come terra di nascita della loro fede. Anche per questo però, l’attrito tra Impero Romano e Impero Bizantino, con entrambi che rivendicavano un primato “cristiano”, ha consolidato i rapporti di Carlo Magno con i Califfi Abbasidi di Baghdad, una costante divenuta tradizionale nel regno di Carlo, che non ha escluso ambasciate e scambio di doni squisiti con il califfato andaluso. A questo riguardo è interessante notare che il sistema scolastico medievale europeo, basato sulle “sette arti”, (grammatica, logica, retorica e aritmetica, geometria, astronomia e musica), è un sistema elaborato e promosso in nord Africa dall’algerino Marziano Capella, a lungo vissuto a Cartagine e di fede cristiana.

Tornando all’impero, più che europeo l’impero di Carlo era “romano”, e Roma non amava, per legittimo interesse di primazia ma anche per misoginia, Costantinopoli e le sue pretese di primazia in un tempo in cui a Costantinopoli c’era pure un’imperatrice, perché si affermava a quel tempo che una donna non potesse comandare. Un passo indietro rispetto alla tradizione fenicia, quella che ha unito il Mediterraneo nel progresso urbano e civilazionale, radicato lì dove è comparsa Europa nella tradizione di parità uomo-donna.

Questi brevissimi spunti presi con estrema superficialità, dall’età del bronzo all’800 di Carlo Magno, ci dicono che la tradizione umana è creare e diffondere culture, le civiltà, che non sono cresciute come singoli alberi, con le loro esclusive radici, distinte dalle altre, soprattutto quelle dei vicini.

Più che altro a me sembra che ogni civiltà non cresca o declini nella sua solitudine, ma nell’intreccio con i vicini. Più che la metafora dell’albero, vale a rispecchiare la nostra tradizione di vita e sviluppo il pergolato. Josephine Quinn ha sostituito l’idea delle civiltà assimilabili a una foresta, fatta di tronchi e sottobosco, con quella più suggestiva di un prato fiorito, che ha sempre bisogno dell’impollinazione che sparge semi per favorire nuove crescite. Sono queste, le esplorazioni, gli scambi, le amicizie che nascono dai vicendevoli commerci, le tradizioni da valorizzare e difendere.



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