Gli Usa intendono sanzionare un’unità dell’esercito israeliano accusata di violazioni dei diritti umani. Ma i vertici di Tel Aviv si oppongono in modo compatto alla decisione di Washington, che vuole mandare un segnale agli interlocutori internazionali
L’amministrazione statunitense ha annunciato la propria volontà di imporre sanzioni contro le Israeli Defense Forces per la prima volta nella loro storia, e in particolare contro il battaglione Netza Yehuda, un’unità composta da reclute ultraortodosse e religiose nazionaliste ebree accusata di violazione dei diritti umani nei confronti della popolazione palestinese della Cisgiordania. Già da tempo l’unità in questione si sarebbe resa responsabile di simili crimini, al punto da spingere i comandi israeliani, sotto pressione da parte di Washington, a ritirare l’unità dall’area durante i primi mesi del 2023. Più recentemente l’unità – originariamente istituita per consentire agli ebrei ultraortodossi di servire nell’esercito, con tutti i rituali religiosi che ne conseguono – è stata impiegata nelle ultime fasi della grande offensiva terrestre condotta da Israele nella Striscia di Gaza.
L’intenzione di Washington è quella di proibire ogni forma di assistenza militare statunitense, sia in forma di equipaggiamento che di addestramento, al battaglione Netza Yehuda. Ma l’annuncio di questo provvedimento ha causato una reazione stizzita da parte della leadership di Tel Aviv. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha definito l’intenzione di Washington come “Il massimo dell’assurdità e un punto di minimo morale” in un momento in cui i soldati israeliani “stavano combattendo i mostri terroristi”. A Netanyahu hanno fatto eco il ministro delle Finanze ultranazionalista Bezalel Smotrich, che ha definito la decisione degli Stati Uniti “una follia assoluta”, e il ministro della Sicurezza nazionale di estrema destra Itamar Ben-Gvir, che ha promesso di spingere per sanzioni israeliane sull’Autorità palestinese responsabile dell’amministrazione di alcune aree della Cisgiordania.
Le critiche arrivano però anche da esponenti più moderati della politica israeliana. Benny Gantz, ministro centrista del gabinetto di guerra del Paese e principale rivale politico di Netanyahu, ha definito il battaglione Netzah Yehuda come una “parte inseparabile” delle Idf, suggerendo che il “sistema giudiziario forte e indipendente” di Israele potrebbe indagare su eventuali violazioni del diritto militare o internazionale. “Ho un grande apprezzamento per i nostri amici americani, ma la decisione di imporre sanzioni a un’unità dell’Idf […] crea un pericoloso precedente”, ha detto Gantz. Lo stesso ministro ha avuto una conversazione con il Segretario di Stato americano Antony Blinken nella giornata di domenica 21 aprile, dove ha chiesto all’esponente dell’amministrazione americana di “riconsiderare la decisione”.
Lo stesso giorno anche il ministro della Difesa Yoav Gallant si è incontrato con Blinken e con l’ambasciatore americano in Israele Jack Lew, dopo aver tenuto una riunione d’emergenza sulla questione con alcuni alti ufficiali delle Idf. “Gallant ha dato istruzioni all’establishment della difesa di agire a tutti i livelli per chiarire al governo statunitense l’importanza di sostenere le operazioni dell’Idf, che sono condotte secondo il diritto internazionale”, ha dichiarato il ministero della Difesa. Mentre Gallant ha dichiarato in un comunicato che “danneggiare un battaglione significa danneggiare l’intera forza armata: non è questo il modo di comportarsi con partner e amici”, aggiungendo di aspettarsi che l’amministrazione Biden cambi la sua decisione.
Negli ultimi mesi l’amministrazione Biden e l’Unione Europea hanno imposto una serie di sanzioni contro diversi coloni ebrei estremisti per gli attacchi ai palestinesi in Cisgiordania. E la scorsa settimana, il Dipartimento di Stato ha annunciato misure contro una manciata di altri cittadini israeliani, tra cui Ben Zion Gopstein, un importante attivista dei coloni e stretto collaboratore politico di Ben-Gvir.
Decisioni simili hanno un peso relativo molto importante in questo momento. Gli Stati Uniti vogliono dimostrare infatti, nei limiti del possibile, la loro imparzialità e la loro oggettività anche nei confronti di un partner stretto come Israele, mentre l’alto numero di vittime palestinesi causato dall’intervento militare delle Idf continua ad erodere il sostegno internazionale verso Tel Aviv.