Il Consiglio Ue ha votato il testo all’unanimità. Entro “pochi giorni” verrà inserito in Gazzetta, in tre settimane sarà in vigore. Per la sua applicazione bisognerà aspettare un paio d’anni, sebbene sia un lungo percorso a tappe. Il commissario Breton: “Sull’IA parliamo una sola voce”
Il via libera all’unanimità del Consiglio europeo arrivato questa mattina concretizza ciò che andiamo a scrivere da diverso tempo: l’Unione europea è la prima al mondo a dotarsi di una legge sull’intelligenza artificiale. Con l’AI Act ci saranno una serie di obblighi a cui fornitori e sviluppatori dovranno rispondere, catalogati in base al rischio degli strumenti tecnologici che portano sul mercato. Nel momento in cui sarà inserito nella Gazzetta Ufficiale, che dovrebbe avvenire “nei prossimi giorni”, entrerà in vigore dopo venti giorni. Per la sua applicazione invece bisognerà aspettare fino a due anni, sebbene si tratti di un percorso a tappe: i divieti scatteranno dopo sei mesi, i controlli sui sistemi di IA per finalità generale dopo dodici mesi, mentre gli obblighi per i sistemi ad alto rischio dopo trentasei.
I rischi saranno suddivisi in base alla gravità: minimo, limitato, alto e inaccettabile. Va da sé che, se il rischio è minimo, ci saranno degli obblighi molto semplici, come ad esempio notificare che quel determinato contenuto è stato prodotto con l’IA – il che risolverebbe molte incomprensioni. Se invece il rischio è alto o peggio inaccettabile, andando magari a intaccare la sfera dei diritti inviolabili dell’uomo, allora il discorso cambia e verrà richiesta una maggiore responsabilità nel rispetto delle regole. Per chi infrange le regole, ci saranno delle sanzioni predeterminate o in base al fatturato annuo globale dell’azienda in questione, a seconda di quale sia il più alto.
Ciò che invece è categoricamente vietato sono i sistemi di manipolazione cognitiva del comportamento, la raccolta non mirata di immagini facciali da Internet o da filmati di videosorveglianza a circuito chiuso al fine di creare un database di riconoscimento facciale, l’assegnazione di un punteggio sociale da parte dei governi, la categorizzazione biometrica per arrivare alle informazioni sensibili e riservate di un individuo, il riconoscimento delle emozioni nei luoghi di lavoro e nelle scuole, la polizia predittiva – tranne che in determinati casi, come la minaccia alla sicurezza nazionale e dei cittadini.
A esultare dopo il voto è stata la Beuc, gli Affari legali ed economici dell’Organizzazione europea dei consumatori. “L’AI Act è fondamentale perché abbiamo a che fare con una tecnologia la cui potenza e portata è senza precedenti”, ha dichiarato la presidente Agustin Reyna. “Se da un lato l’IA è una tecnologia entusiasmante che può portare benefici reali alla vita delle persone, dall’altro ci sono casi evidenti in cui la tecnologia può danneggiare le persone e i consumatori devono poter contare sull’intervento delle autorità quando qualcosa va storto. È giunto il momento che i governi traggano il meglio dalla nuova legge, nominando rapidamente le autorità di regolamentazione che applicheranno l’AI Act con le risorse necessarie”, ha aggiunto augurandosi che “le autorità di regolamentazione siano indipendenti e non soggette a pressioni politiche, per garantire che questa tecnologia venga utilizzata a vantaggio delle persone e non contro di esse da parte di enti pubblici o privati”.
L’AI Act rientra all’interno della strategia digitale dell’Unione europea, che sul tema della trasformazione tecnologica è ben più avanti di rivali e partner. Forse mai come in questo campo si è notata un’unità di intenti da parte di tutti i membri, ben consapevoli della partita che si stava giocando. Non è ancora arrivato il triplice rischio, perché con l’intelligenza artificiale non si finirà mai di progredire – in termini di sviluppo tech ma anche di regolamentazione.
Tuttavia, c’è da festeggiare. “L’Europa parla con una sola voce sull’IA. (E no, non è clonata)”, ha twittato il commissario europeo al mercato unico e all’industria, Thierry Breton, riferendosi in modo ironico a OpenAI, che avrebbe illegalmente preso in prestito la voce di Scarlett Johansson per il suo chatbot. Magari con l’AI Act l’attrice americana avrebbe una tutela in più.