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Qual è il segreto del dominio cinese su auto elettriche e pannelli solari

Di Carmine Soprano
Batterie stato solido

La Cina è un attore cruciale nell’estrazione e nella lavorazione di terre rare e materie prime critiche, fondamentali per produrre auto elettriche e batterie. La diplomazia tra Usa, Ue e Paesi africani è in fase di intensificazione e dovrà trovare la sua strada. L’Italia, attraverso la presidenza del G7 e il Piano Mattei può ritagliarsi un ruolo di prim’ordine in questa partita. Il punto di Carmine Soprano, economista, docente di Economia dello sviluppo presso l’Università di Roma Tor Vergata e presso la Sioi

Economia, geopolitica, transizione energetica: sarà un 2024 movimentato e non privo di rischi, ma anche ricco di opportunità e in ogni caso di elezioni (sono oltre quattro miliardi le persone attese alle urne in più di cinquanta Paesi), con la competizione tra Stati Uniti e Cina a dominare tutte le grandi sfide. La Cina è un attore cruciale nell’estrazione e nella lavorazione di terre rare e materie prime critiche (tra cui grafite, cobalto, silicio e litio), fondamentali per produrre auto elettriche, batterie e pannelli fotovoltaici, a loro volta indispensabili per la transizione verde.

Di conseguenza, Pechino è al primo posto nella produzione della componentistica delle batterie ovvero anodi, catodi, elettroliti e altri elementi di cui la Cina controlla circa l’80% della produzione globale. Nel 2022, stando ai dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, la Cina ha realizzato circa il 60% delle vendite globali di auto elettriche. Se è vero che il Paese costituisce il primo mercato automobilistico al mondo, quindi una grossa parte di queste vendite sono domestiche, allo stesso tempo la Cina esporta circa un terzo del totale dei veicoli elettrici venduti in giro per il globo.

Il Dragone è anche il primo partner commerciale bilaterale di auto elettriche con l’Ue: nel 2022 il 16% dell’elettrico venduto su suolo europeo era di provenienza cinese. Qual è il segreto del dominio cinese su auto elettriche e pannelli solari?

Le politiche pubbliche, la politica industriale nello specifico, nonché gli incentivi che hanno fortemente sussidiato la produzione domestica attraverso agevolazioni di tre tipi: fiscali, con sconti sull’Iva ad esempio; finanziarie, con linee di credito a basso costo o finanziamenti a fondo perduto; materiali, per esempio con terreni messi a disposizione a titolo gratuito, o a prezzi agevolati, dalle autorità governative locali cinesi alle aziende nazionali o straniere, come Tesla, che vogliono produrre auto elettriche.

Non sempre però tutto torna. Nell’attuale rallentamento dell’economia cinese, legato anzitutto al settore immobiliare, si potrebbero nascondere ramificazioni relative all’elettrico o ai pannelli solari. All’esito dei massicci sussidi pubblici dedicati alla produzione domestica nei due settori, per esempio, oggi esiste un eccesso di capacità produttiva enorme nel campo della componentistica dei pannelli fotovoltaici.

Questa condizione mette le autorità governative locali che hanno erogato i finanziamenti in una situazione complessa, di fronte a crediti in parte non esigibili, che ha degli effetti sul rallentamento dell’economia cinese. La partita dell’estrazione delle materie prime critiche si estende fino al continente africano, dove il confronto è innanzitutto geopolitico, oltre che commerciale. Il 30% delle riserve di materie prime critiche si trova in Africa subsahariana, contesto in cui la Cina si muove agevolmente: nel 2022 il Dragone ha importato questi beni dal subcontinente per un totale di circa 50 miliardi.

Unione europea e Stati Uniti, messi insieme, meno della metà. Pechino ha inoltre creato rapporti di dipendenza commerciale e finanziaria con i Paesi africani, soprattutto attraverso le iniziative legate alla nuova Via della seta. Infine, nella partita globale della competizione cinese con Stati Uniti e Ue ci sono diverse battaglie commerciali in atto. Negli Usa l’amministrazione Biden sta cercando di trovare un equilibrio complesso tra la necessità di spingere sulla transizione energetica – come richiesto dall’ala più progressista del suo partito – e quella di sostenere l’occupazione domestica, e quindi la produzione di posti di lavoro, anche nel settore delle auto elettriche e dei pannelli.

Ciò ha fatto sì che per esempio, nel dicembre 2023, Biden abbia deciso di escludere i veicoli elettrici con componentistica cinese, anche se prodotti nel territorio americano, dagli incentivi previsti dal New green deal o dall’Inflation reduction act. Sul fronte legislativo, intanto, le iniziative di Usa e Ue nel confronto con la Cina sono significative. Gli Stati Uniti hanno per esempio costituito la Mineral security partnership, per promuovere un’estrazione più sostenibile delle materie prime critiche dal punto di vista ambientale, che promuova anche l’occupazione allo sviluppo locale nei Paesi terzi.

L’Ue, di rimando, ha approvato il Critical raw material act, un pacchetto legislativo ambizioso dal punto di vista della promozione delle materie prime critiche sul suolo europeo. Infatti punta a raggiungere il 10% dell’estrazione, il 25% del riciclaggio, il 40% della lavorazione delle materie critiche in Europa e, al contempo, fissa un tetto massimo del 65% all’importazione da Paesi terzi, un chiaro riferimento alla Cina.

Purtroppo però le guerre commerciali sono spesso scontri a somma zero in cui a rimetterci sono i consumatori, come dimostrato da evidenza empirica anche nel caso dei pannelli. Infine, le iniziative legislative in campo si scontrano con la realizzazione pratica dei progetti, motivo per cui la diplomazia tra Usa, Ue e Paesi africani è in fase di intensificazione e dovrà trovare la sua strada. L’Italia, attraverso la presidenza del G7 e il Piano Mattei può e deve ritagliarsi un ruolo di prim’ordine in questa partita.

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