Mentre gli Stati Uniti hanno reagito immediatamente all’approvazione della “foreign law agents” da parte del Parlamento georgiano, l’Europa ha avuto difficoltà nel trovare una posizione comune. Principalmente per l’opposizione dell’Ungheria
“Ogni volta che in Europa si cerca di trovare una posizione comune, che sia sull’Ucraina, su Gaza o sulla Georgia, la coerenza è sempre minore. C’è un calo nella capacità europea di presentare una posizione politica. Ma sono preoccupato o sorpreso? Non proprio: questo è il modo in cui l’Europa opera ora”. Le parole del ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, pronunciate direttamente da Tbilisi dove l’esponente politico baltico si trova in missione, toccano un nervo scoperto.
La Georgia sta attraversando un momento molto delicato. Nonostante le forti proteste popolari, il parlamento del Paese caucasico ha approvato in terza lettura la cosiddetta “foreign agents law”, una norma molto simile per nome e contenuto ad una approvata più di dieci anni fa dalla Duma di Mosca e che è stata usata dal Cremlino per reprimere l’opposizione interna. Dopo la terza approvazione in sede legislativa la norma deve adesso ricevere l’approvazione presidenziale, con la presidente georgiana Salome Zourabichvili che ha già dichiarato di voler porre il veto; tuttavia, la Costituzione del Paese prevede che il parlamento possa annullare il veto presidenziale. I futuri sviluppi della situazione sono ancora imprevedibili in questo momento, e potrebbero percorrere strade ben diverse.
Il timore diffuso tra la popolazione, in schiacciante maggioranza schierata a favore dell’integrazione euroatlantica, è che questa legge possa rallentare il processo di avvicinamento di Tbilisi ai suoi partner occidentali. E hanno riposto una parte delle proprie speranze nell’intervento proveniente da entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. Intervento che è arrivato, anche se con toni e tempistiche differenti.
Già nella giornata di martedì gli Stati Uniti hanno preso posizione contro la legge, minacciando di reagire attraverso restrizioni di carattere finanziario e individuale, e rimarcando come l’adozione di questo provvedimento impatti sulle ambizioni del Paese di aderire all’Unione Europea. Ma, paradossalmente, è proprio dal diretto interessato che è mancata la reazione immediata: la prima dichiarazione ufficiale delle istituzioni europee è infatti arrivata a distanza di quasi ventiquattro ore. “È assolutamente vergognoso che gli Stati Uniti abbiano rilasciato una dichiarazione forte sul rispetto dei criteri di adesione all’Ue da parte della Georgia e che noi non riusciamo a dire una sola parola”, ha commentato per Politico un diplomatico dell’Ue.
L’Ue ha condannato i piani del partito al governo Sogno Georgiano, avvertendo che sono “incompatibili” con la decisione di concedere al Paese lo status di candidato presa a dicembre. Tuttavia, i suoi messaggi al governo sono stati inficiati da un’apparente mancanza di unità tra gli Stati membri. A causare questo ritardo sarebbe stata l’opposizione dell’Ungheria, espressa attraverso il commissario ungherese responsabile dell’allargamento dell’Ue Olivér Várhelyi: il politico magiaro avrebbe avuto da ridire sulla formulazione della bozza di missiva, e gli sforzi per convincerlo a sostenere la dichiarazione sarebbero stati vani.
La versione finale della dichiarazione, rilasciata mercoledì a nome sia di Várhelyi che del più alto diplomatico europeo Josep Borrell, si limitava a ribadire i precedenti inviti rivolti al partito di governo georgiano “Georgian Dream” a ritirare il progetto di legge e a condannare le “intimidazioni, le minacce e le aggressioni fisiche” contro attivisti e politici dell’opposizione. Inoltre, poco dopo la pubblicazione, il nome di Várhelyi è stato rimosso dalla dichiarazione. Portando un diplomatico europeo a fornire (in anonimità), un commento molto simile a quello di Landsbergis, ma più conciso e meno formale: “Che spettacolo di m…”.
La debole reazione europea potrebbe avere conseguenze molto più estese di quanto possa apparire in un primo momento, come affermato da Ivana Stradner, esperta di operazioni di influenza russa, secondo cui “l’unica cosa che Bruxelles vuole è mantenere lo status quo, e con la sua debolezza sta aiutando Mosca a raggiungere l’obiettivo di tenere la Georgia in pugno senza che venga sparata una sola pallottola”. Sottolineando come “altri Paesi dell’Eurasia stanno osservando. Se i piani del “Sogno Georgiano” avranno successo, saranno un catalizzatore per altri governi che adotteranno regole più autoritarie”.